Sentiero glaciologico del Basòdino (completo)
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Ritrovo a San Carlo prima delle nove, trasferta in funivia fino a Robiei e poi via verso il Lago del Zött. Da qui, ognuno col proprio passo, inizia la salita che ci porterà a quota 2430 m in coincidenza col punto 4. Qualcuno ci è arrivato con (un po’ di) fatica. Per questo motivo, dopo aver cominciato la traversata sulla roccia compatta e levigata qualche centinaio di metri sotto il fronte del ghiacciaio, ci fermiamo per rifocillarci.
Qui apro una piccola parentesi: già altre volte ho notato con molto compiacimento come l’alimentazione dell’escursionista vari molto da un soggetto alla altro. Chi ha panini gonfi di ogni ben di dio, chi si accontenta di verdure e frutta fresche, chi dà la preferenza a quella secca, chi apre un tovagliolo e vi mette svariati tipi di formaggi e salumi, chi si limita a qualche razione di barrette più o meno energetiche.
Non parliamo delle bevande: dall’acqua di fonte a quella gasata in bottiglietta, dai vari sciroppi ai numerosi tipi di tisane ma anche dalla birra (magari addirittura scura o ambrata) fino al vino bianco o rosso che sia.
E una volta mi è capitato di aver un compagno di gita che finito il pranzo ha tolto dal sacco un fornellino a gas e la classica “moca” e ci ha preparato un gustosissimo caffè con tanto di cremino e grappino.
Beh, anche questo è un aspetto che mi affascina durante le escursioni.
Qui chiudo la parentesi e apro un piccolo inciso: domenica, secondo me, un premio di simpatia per l’accostamento “culinario” più fantasioso andava dato a Paola con la combinazione di un gustoso morso di cetriolo e un rinfrescante sorso di Chasselas ("un mangiaa da dio").
Dopo queste divagazioni gastronomiche, bisogna rilevare che lo spettacolo con dietro il Basodino e davanti la conca di Robiei, il tutto circondato dalla corona di magnifiche cime, ripaga ampiamente gli sforzi e le fatiche profusi (e qui un pensiero particolare va a Elena e a Paola: due vere rocce!).
Ripresa la marcia passando vicino a massi erratici, a detriti vari, superando rigagnoli e ammirando la svariata flora pioniera, siamo giunti alla morena di sinistra. Qui ci accoglie un vero giardino botanico alpino: da non credere quanti vegetali possano regalarci fiori multiformi dai colori sgargianti visitati da numerosi insetti.
La discesa sulla dorsale morenica è un po’ impegnativa ma in basso ci stanno aspettando due amiche caprette che ci accompagneranno fino alla meta finale di Robiei.
Dalla base della morena il paesaggio cambia completamente. Dalle aride rocce lasciate libere dal ghiacciaio si passa a estesi prati, dove troviamo un terreno caratterizzato dal fenomeno del carsismo (grotta del Pavone, doline, un laghetto che si è formato solo nel 2009) e da varie zone paludose: un’impressionante contrasto fra suoli calcarei e ambienti acidi come testimoniato da piante indicatrici come la Vulneraria alpestre e l’Erioforo di Scheuchzer.
In queste regioni da tempi memorabili trova posto anche l’attività umana con la pastorizia, come ben testimoniato dallo sprügh di Randinascia. Qui sono stati ritrovati focolari, resti di vasellame e schegge di lavorazione databili attorno al 1'000 a.C. (e siamo a oltre 2'000 m di altitudine!).
E allora per rendere onore a coloro che con fatiche immani da queste povere terre dovevano trarre quel poco per il loro sostentamento, ma anche per porre l’accento sull’affiatamento del gruppo che in queste terre, a differenza dei nostri antenati, ha avuto spensierati momenti distensivi, non poteva esserci niente di meglio che lo stappare una bottiglia (anzi due) di ottimo vino ticinese portato fino colà con tanta passione dal “capo-gita”.
Riprese alcune fotografie di rito, si affronta la discesa verso Robiei dove un cameriere "speedy" ci fa sorseggiare una meritata birretta. Per "i solit tira tardi” (ma non è colpa loro se gli altri partono sempre prima) ultima tappa al “Froda” di Foroglio a gustare una buona polenta.
Note:
- percorso senza difficoltà ma richiede un po' d'allenamento
- tempo reale dell'escursione: 7 ore ma di marcia effettiva non più di 5 ore
- acqua dai ruscelli disponibile su tutto il percorso (il vino no!)
- affinché si possa approfittare al massimo della bella gita, consiglio l’acquisto della piccola ma esaustiva guida con i dettagli delle varie tappe (magari leggendola già prima)
- gli stambecchi: Stefano, Paolo e Lucia
- i Franches Montagnes: Aramis, Hedy, Remo, Giordano,
- i distaccati: Carmelo, Marco (poiché distaccati non appaiono in nessuna foto)
- il pastore: Mauro
- le rocce: Elena e Paola
- il Bretone: Iroine
- le damigelle: Fiorenza e Cunegonda
- il capo-gita (che pumpada): Barba

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