Ritorno in Val di Non
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Mia moglie mi fa una proposta interessante che accolgo volentieri: passare alcuni giorni di vacanza in Val di Non. E' lì che ci conoscemmo (tanti) anni fa e anche per questo vi torniamo volentieri.
Cos’è questa valle? Geograficamente è presto detto: si pone tra la Val di Sole ad Ovest, le Valli Giudicarie con il Garda a Sud, la Val d’Adige ad Est, la Val d’Ultimo e l’Alto Adige a Nord. Per me, invece, la valle rappresenta il luogo dove è nata mia madre ed i miei tanti zii, dove da bambini ci recavamo d’estate con un lungo viaggio in treno e stavamo almeno un mese, dove ho imparato cosa fossero le montagne, dove partecipavamo giocosamente ai lavori agricoli dei parenti, dove mi spaventavo di fronte alle grandi mucche che per scherzo mi lasciavano a tenere a bada. Lì ho imparato a trotterellare dietro a mio zio salendo in montagna, a cadenzare il passo invece di ansimare come i bambini fanno dopo aver corso in avanti e indietro per salite e discese. Lì ho rovistato in soffitta scoprendo elmetto e altri reperti bellici appartenuti a mio nonno che, come mi avevano spiegato, aveva dovuto combattere come Austriaco contro gli Italiani nel ’15-’18 perché allora il confine era posto ad Ala, in Val d’Adige ma loro si sentivano Italiani. Mio nonno, spesso occupato in guerra, in pace lavorava alla costruzione della strada del Tonale e della Mendola o come muratore o contadino; mia nonna a casa con i suoi dieci figli, occupata a mettere insieme il pranzo con la cena. La domenica gli uomini si riposavano, andavano a Messa col vestito buono, uscivano sul sagrato prima dell’Elevazione perché, dicevano, ormai la Messa era finita; al pomeriggio andavano all’osteria con 5 Lire elargite dalle consorti che erano anche le amministratrici delle poche sostanze e se le bevevano giocando a carte. Tutto il loro svago si riduceva a queste amichevoli bevute in compagnia. Non solo….con un sorriso oggi diciamo: “Non c’era la televisione!” ma fare figli serviva anche ad avere forza lavoro in famiglia. I ragazzi venivano mandati in Val d’Adige presso qualche maso perché c’erano tanta fame, tanti fratelli, dovevano imparare il mestiere di “bovarott” e, perché no, imparavano anche un tedesco dialettale che nella vita, a contatto con gli Altoatesini, tornava utile. Le loro sorelle, invece, in attesa di trovare un marito, venivano spesso mandate a servizio in città vicine o lontane. L’alimento base erano la polenta e le patate (meno male che si scoprì l’America!) accompagnate dal formaggio; la carne arrivava alla domenica sotto forma di luganiga e pancetta poste al centro della polenta con attorno la figliolanza che faceva a gara per arrivare prima al centro della gialla “torta”. Questa alimentazione unita ai frequenti matrimoni tra consanguinei spesso determinava l’insorgenza di malattie o malformazioni. In Val di Non, tra paura e desiderio, seguivo mio zio che dopo aver tagliato un albero ne minava la radice con tritolo e la faceva esplodere per recuperare anche quella legna; dopo non si potè farlo più: erano arrivati gli anni dei “Bravi ragazzi della Valle Aurina” che volevano l’annessione dell’Alto Adige all’Austria e per questo facevano atti dinamitardi. Molta povertà, molti figli; era il binomio di quasi tutte le famiglie di lassù. Un certo benessere arrivò con la creazione del Lago di Santa Giustina, artificiale, che consenti di utilizzare tanta acqua e favorì la coltivazione della mela, oggi prodotto principe di questa ed altre valli; purtroppo i miei parenti che stavano nell’alta valle erano esclusi da ciò!
Certe sere d’estate, seduti dopo cena su una panca fuori casa mio zio, dopo aver fatto il meteorologo scrutando le cime delle Maddalene mi diceva: “Noi veniamo di là, noi veniamo dalla Svizzera!”. Chissà perché diceva così! Forse glielo avevano detto i genitori, i nonni o qualche vecchio del paese. Di fatto ho imparato che non era tanto distante dalla verità: Denno, Tuenno, Revò, Nanno, Flavon, Vervò, ecc. tutti questi toponimi e anche molte voci dialettali avevano strane assonanze per gente che si conosce come dirimpettai di popoli di lingua tedesca. La spiegazione? Affascinante è qui: Gli Ebrei della Val di Non e qui. Chi avrà la pazienza di leggere questi documenti avrà la chiave per svelare il mistero.
Ma veniamo alla vacanza, ora. Stavolta vogliamo tornare in mezzo alla natura ma vicino a Ronzone, il paese dei miei. Decidiamo per un albergo ex-rifugio (il Falchetto) situato alle Regole di Malosco, un luogo posto in una grande radura circondata da grandi boschi di conifere dove le uniche costruzioni sono alcune baite e un paio di Rifugi, null’altro. L’albergo è stato ricostruito nel 2008 dove sorgeva la precedente costruzione ed è stato fatto con criteri altamente ecologici e allo stesso tempo di buon comfort senza che ciò faccia dimenticare dove si è: nella natura. Nessun negozio, nessun market, niente di niente, solo verde in basso, abetaie attorno, azzurro in alto. Gli unici suoni che si possono ascoltare sono quelli delle numerose specie di uccelli; per il resto il silenzio totale, giorno e notte. “Regole” è un toponimo molto usato da quelle parti e riferito a diversi luoghi. Erano i luoghi dove i Comuni dettavano le Regole, cioè i criteri per l’assegnazione della legna che uno poteva tagliare per sé, l’erba che poteva falciare per farne fieno, i campi dove portare i propri animali. Ogni Comune aveva le sue Regole, sia come “regolamenti” sia come luoghi fisici.
Dalle Regole di Malosco si dipartono poi una serie di sentieri per raggiungere località o per salire sulle vette dei monti che separano la Val di Non dalla Val d’Adige. C’è solo da scegliere come e quali seguire, con le ciaspole in inverno, con gli scarponi nella buona stagione. Ce n’è per tutti e per tutte le gambe. Si possono cucire assieme tour da una a diverse ore, da un paio a svariati chilometri; percorsi pianeggianti o con pendenze rilevanti.
Noi siamo saliti col sentiero 508 alla Malga di Malosco, tappa intermedia della salita al Monte Penegal, seguendo le traccie di mio fratello di qualche settimana fa (relazione). Un altro giorno abbiamo percorso parte del sentiero 514 che porta alle Fornaci di Ruffrè ed oltre. Ma mi sono preso anche la mia soddisfazione nel fare la traversata NS del Monte Arsen: un modesto monte appena 100m più alto delle Regole che mi ha fatto scoprire un percorso “wild” tra i tanti giganteschi alberi abbattuti dalle nevicate e dai forti venti dell’inverno. Un percorso senza traccia che solo nella parte finale ho raccordato con la Passeggiata Arsen, comoda questa, che riporta al Rifugio Falchetto costeggiando la Lagardana. Insomma un bell’anello percorso in poco più di un’ora.
Ma per chi vuole scorazzare ancora di più e conoscere in lungo e in largo la Val di Non ecco qui: la Val di Non in 7 Tappe per un totale di 160 km.
Un augurio a chi sarà incuriosito da quanto sopra e vorrà visitare la valle.

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![]() | Alla Malga di Malosco | ||
![]() | Verso Fornaci | ||
![]() | Traversata del Monte Arsen |
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