Sustenhorn, 3503
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Mentre il sabato scivola via facendo le cose da fare, la mente soppesa le cose che ci sarebbero da fare e le cose che sarebbe bello fare e, come d’abitudine, la fa lunga, prima di prendere una decisione: sono le sei di sera quando il serbatoio della tagliaerba, dando forfait per esaurimento carburante, mi proietta fuori dall’impasse.
La successiva ora la passo a buttare in macchina tutto quello che penso mi possa servire e a riorganizzare l’attrezzatura da scialpinismo lasciata nell’angolo dopo il Cevedale. Tenda, sacco a pelo, materassino, pompa, coperte, cellophane, “tiene via l’umido da sotto la tenda” dentifricio, e spazzolino, piccozza e ramponi, “meglio averli e non scordarti i rampanti”, acqua, acqua con integratore, sci con le pelli, scarponi, pane, salmone, due pomodori, latte per la colazione, altro pane, zaino già pieno, pilette led, i bastoncini, macchina fotografica, “carica la batteria della macchina fotografica”, Geo Patacca, “dai una scossa anche alle ricaricabili del gps”, schiuma da barba, “schiuma da barba?” “butta, butta, tanto c’è spazio, sei da solo!”, il rasoio, allora. Arva e occhiali scuri ci sono ... ok ... “La crema!” Protezione sei ... “Basterà”.
Alle sette e cinque sono in A2, direzione Gottardo: Bellinzona, Biasca, Airolo, traforo, Wassen, Meiental (splendida), Sustenpass, (fresco di apertura).
Dai 2224 metri del passo, la Sustenstrasse scende verso i 625 di Innertkirchen; mi fermo al tornante a quota 1865, (comodo albergo, molto frequentato) e, alle otto e quarantasei, sto pagando 5 FR. di ticket per accedere alla strada che porta al lago Steisee ed alle estreme propaggini dello Steigletscher (o Steingletscher?)
Dopo un rapido giro, scelgo l’ampio piazzale in terra battuta che offre parcheggio, ora completamente vuoto, a fianco del lago. Appronto il campo base, comodamende servito dall’auto; faccio qualche foto, centogrammi di salmone, pomodori, denti e, con il buio, sono a nanna.

Mi aspettavo un assalto, al Sustenhorn, per questa domenica; invece mi ritrovo praticamente solo. Sento passare verso le cinque un paio di automobili che salgono lungo la strada, ma quando, un’ora più tardi, mi avvio non c’è nessuno in giro.
Invece di portarmi, anch’io, in quota con l’auto, scelgo di partire direttamente dal lago, seguendo l’approccio già sperimentato parecchi anni prima con Pancho.
Scelta non felicissima, già lo so, ma l’idea di spostare la macchina mi affatica mentalmente, così, preferisco lasciare il “campo base” integro. Smonterò al ritorno.
Scelta non felicissima: a parte i cento metri in più di salita “no carbon”, aggirare il Chüobärgli, (il montarozzo che fa da spartitraffico alla base del ghiacciaio) da ovest, invece che da est, al giorno d’oggi, è molto più agevole. Passando ad est, infatti, si deve risalire l’ultima propaggine dello Steigletscher, che, al 23 giugno, nonostante l’annata anomala, è già torrente che si butta vorticoso nel lago. Così, il primo salto verso l’alto si traduce in una delicata scelta di percorso con aperture di credito a ponti di neve non robustissimi e adrenaliniche risalite di roccioni scivolosi e fanghiglia instabile, con le mani occupate da sci e batoncini.
Ci lascio una buona mezz’ora, sui primi cento metri di dislivello; la giornata, però, sembra mantenere le promesse di progressivo miglioramento, anche se le nebbie sulla cresta fra il Sustenspitz e il Chli Sustenhorn faticano un po’ a diradarsi.

Il ghiacciaio, marciando verso sud, presenta un secondo salto, prima del tratto pianeggiante che scorre sotto il Bockberg; per vedere il sole, che da ore illumina il Gwächtenhorn, assai più protagonista del Sustenhorn, la cui cima non si vede mai, devo superare il terzo salto, con il ghiacciaio che svolta a sudovest, per riammorbidirsi nell’ampia conca del Tierbergli.

Sono sempre solo, ma comincio a vedere qualcuno: in lontananza, davanti a me, due lunghe file risalgono i pendii del Mittler e del Vorder Tierberg; un po’ di movimento si vede nei pressi della Tierberglihütte e tre arditi stanno risalendo la nord del Gwächtenhorn.
Incrocio anche un paio di mattinieri che stanno già scendendo: in effetti, sono le otto e, considerato che dalla Tierberglihütte le cime sono abbastanza a portata di piede è comprensibile che, essendosi mosso presto, qualcuno possa già essere sulla via di casa.
Per me, invece, è ancora lunga.
Con un altro ripido salto, il percorso vira di novanta gradi, verso sudest e mi immette sul lungo scivolone finale che porta alla cima; cinquecentocinquanta metri di dislivello, corredati da un discreto sviluppo.
Incrocio due cordate che scendono dal Gwächtenhorn, silenzioso monito al mio solitario incedere: il ghiacciaio è relativamente sicuro, ma sempre ghiacciaio è.

Salgo nel sole, ma, tutt’intorno, le nuvole stanno, già da tempo, guadagnando posizioni: i panorami vanno e vengono, ma sono destinati a sparire. Qui finisce come l’altra volta.
L’altra volta, con Pancho, avevamo fatto quasi tutto il tratto finale immersi in un grigio elettrostatico che ci aveva dato qualche preoccupazione; oggi va decisamente meglio, il sole regge fin quasi alla fine...quasi.
Non c’è stato nessun assalto al Sustenhorn, oggi: incrocio, in tutto, una dozzina di antesaliti: tre cordate a piedi, uno sciatore solitario, una coppia; quando supero il crepaccio che delimita il “muro” che conduce alla cresta finale, mi rendo conto di essere solo sulla montagna. Assediato dalla nebbia.
Non sono preoccupato: la traccia, probabilmente lavorata più ieri che oggi, è molto evidente e, nell’eventualità, facile da seguire in discesa, anche in condizioni molto peggiori. So che il non veder niente in vetta mi toglierà buona parte della soddisfazione ma sono disposto ad accontentarmi del “tremilaecinque” da aggiungere alla pagina di Hikr.
Quando la traccia mi porta sotto il filo della cresta finale, la nebbia, sia pure non fittissima, ha cancellato tutto; ma, da lì, è un attimo.
Poco dopo vedo la croce e, in tre minuti, la raggiungo.
Il tele resta in fondo allo zaino, inutilizzato come tanto altro peso che mi son portato fin quassù: niente da fotografare.
Mi accontento di immortalare il saluto agli amici di Hikr, lasciato su libro di vetta.
A ripagarmi, poco dopo, una sciata spettacolo.
La nebbia dirada quel tanto e la discesa si dipana su di uno squisito semolino appoggiato su fondo perfetto, giù fin quasi al Bockberg dove raggiungo una cinquantina di “pedoni” che scendono legati in numerose cordate.
Qui, il semolino lascia il posto ad una più collosa tapioca, ma si scia sempre in scioltezza fino alle pendici nord del Chüöbargli che, questa volta, sciroppandomi una breve risalita a piedi, aggiro sull’ovest, raggiungendo la strada asfaltata che, con breve discesa, mi riporta al “campo base”.
Ciao Sustenhorn, montagna dalla cima sempre nascosta.

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