Corbenas e Sangiatto - Skitour al Devero
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Pancho è un fissato del Devero e non so dargli torto.
Così, mi associo al programma “open” del giorno che prevede genericamente Corona Troggi, Sangiatto e Corbenas a piacere, “senza ammazzarsi di fatica” e godendosi il paesaggio.
Svicolone ci pianta all’ultimo momento, per cui restano solo due teste da mettere insieme. Corbenas, Snagiatto e Troggi, mancano tutti dalla mia pagina Hikr, per cui, per me pari sono.
“O tutti e tre...?”
Senza ammazzarsi di fatica, of course.
Attraversiamo la piana con un’ora grassa di ritardo su un decente “timing” per il mese di aprile, il mio destino, giacca rossa e scarponi arancio, davanti e io, docile, dietro.
Come puoi dargli torto? Il Devero, oggi più che mai, o, forse, come sempre è magico.
La giornata è splendida e la prevediamo calda parecchio; ma verremo smentiti.
Superiamo Crampiolo e saliamo, con percorso aperto alle improvvisazioni di Pancho, a Corte Corbenas.
Attraversato l’ampio pianoro, il percorso è evidente anche se non obbligato; ci rendiamo conto che la giornata è meno estiva del previsto e, qui, il manto nevoso presenta un aspetto del tutto invernale, con crosta di vento e bassi sastrugi, alternati a tratti di solido rigelo spolverato da neve di riporto.
Approdiamo alla bocchetta, a quota 2460 circa e ci prepariamo con qualche titubanza: andar su senza ramponi non è il massimo. Se poi pensi ai due paia di ramponi lasciati in macchina, è proprio da pirla.
Oggi, però, Pancho si sente a casa: armato di piccozza, parte a pestare neve con piglio alpinistico che neanche Oscar Giannino quando faceva la controfigura di Clint Heastwood in “Assassinio sull’Eiger” e mi confeziona una scalinata perfetta che devo solo ricalcare con attenzione.
La neve ci aiuta: a parte qualche punto un po’ duro permette una “calzata” sicura e senza eccessivi affondamenti; solo a pochi metri dall’uscita dal canalino, si fa improvvisamente troppo sottile, ma, deviando un po’ a sinistra ne usciamo comodamente. Pochi passi sull'accogliente cresta e siamo in cima.
“Spanciata” di foto dalla vetta. Dai che abbiamo da fare. Scendiamo.
Adelante, Pancho, con juicio.
La vetta, la prudenza, le foto, il togliere le pelli alla fine ci costano due ore di tempo.
Il tempo, l’altro, intanto, non è più lo stesso; almeno, per noi. Un’antipatica nube lenticolare si è piazzata sopra le nostre teste e non ci molla: mentre su Cervandone e company è estate, sta maledetta piattola, che si accompagna ad una gelida arietta invernale, si allarga impercettibilmente ogni volta che il sole è sul punto di raggiungerne l’orlo per fare capolino.
Su di un poco entusiasmante crostone, degradiamo verso sudovest restando alti sopra la quota 2387, per poi scendere, su neve decisamente migliore, dalla larga cresta che porta alla Bocchetta di Scarpia, (2248), dove, rimontate le pelli, ricominciamo a salire. Poca roba, un centinaio di metri al massimo, poi il pendio nordest del Sangiatto si fa eccessivamente ripido: Pancho toglie gli sci e riparte a piedi. Metto gli sci sullo zaino e lo seguo.
Il sole, intanto, qui, ce l’ha fatta e la neve è più molle, ma regge bene e in breve siamo in vetta.
Inverno, nonostante il sole.
Incerti sulle condizioni della neve sul non visionabile versante ovest, decidiamo di ridiscendere da dove siamo venuti, scalinando indecorosamente il tratto più ripido, per poi scendere, su neve abbastanza sciabile, all’Alpe Sangiatto ed al Lago Inferiore.
E’ tardi, dobbiamo anche passare dalla Strega Bacheca e io non è che sia in forma smagliante, per cui rinunciamo al Troggi e con un assai faticosa sciata nella neve marcia, (adesso sì è quasi estate) scendiamo fino Corte d’Ardui dove il guru del Devero imbocca il bel sentiero, ben battuto, che scende da Crampiolo.
Una manna salvatrice che ci riporta rapidamente al punto di partenza.
Come si fa a dargli torto? Il Devero è sempre il Devero.

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