Cima di Negrös (2182 m)
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A proposito di questa montagna, il chiarissimo bardo (o dovrei forse chiamarlo “il lucente sillogista” dopo gli ultimi sviluppi a tutti noti?) afferma “lungo il suo solatio versante meridionale capita di riuscire a salire senza toccar neve ancora nel mese di dicembre”. Una volta di più devo dargli ragione, è davvero ciò che è capitato.
Della sua “formidabile tetrade dominante la Riviera” (che oltre alla cima odierna comprende anche il Ricuca, la Cima di Visghéd e la Cima d’Aspra), questo era il pezzo mancante – per me - per chiudere il cerchio (o, per meglio dire, “il tetragono” viste le premesse…).
Cime, queste quattro, tutte salite nel 2012, e penso che con quest’ultima salita, si chiuda anche la serie di montagne in estiva (o in autunnale che dir si voglia) di quest’anno, visto che alla neve già esistente se ne aggiungerà ben presto dell’altra.
Giacché sulla salita odierna c’è poco da dire (è tutta segnata “ufficialmente” fino alla Capanna Alva; poi, ancora, ufficiosamente fino all’Alpe Negrös; e da qui è comunque tutta segnata da fin troppo numerosi ometti che, anche volendo, impediscono di sbagliare tragitto: in ogni caso la cresta è quella e, deviando un pochino, come ho fatto io in salita su di una comoda ganna - o “giavina”, all’ossolana - si arriva comunque sempre in cresta, seguendo il cui filo non si può evitare di raggiungere la cima; il percorso seguito è inoltre indicato alla voce sintetica “percorso”) continuerò con alcune citazioni del Maestro, anche se mi riferirò ad un’altra fonte, rispetto alla guida che cito usualmente.
Dice infatti il Brenna nella sua pubblicazione “Un mondo di bellezza e di cultura”, “dal loro paese adagiato sul largo e lungo letto alluvionale lasciato da quel rigido fiume che fu il Ghiacciaio del Ticino e che ora forma la fertile ed abitata Riviera, gli abitanti di Lodrino guardano a occidente la loro cara montagna che si alza ad alti gradini rocciosi”.
In effetti la parte più suggestiva di tutta la gita è secondo me proprio l’inizio, il poter valicare quel muro di roccia verticale grazie al lavoro degli avi che vi salivano “per raggiungere la fonte del pane quotidiano”. Sempre “da sotto” si ha la visuale migliore sulla fantastica Parete d’Osogna: “sin dal paese è visibile la parete, la quale, con l’avanzare della valle, diventa sempre più impressionante. Cascate e vasche scavate nella roccia ne fanno un luogo indimenticabile. Da ultimo spunta all’improvviso il Torrone Alto che domina la valle con i suoi pilastri di roccia” (Nicola Balestra, citato sulla guida di Glauco Cugini).
Ultima citazione di questa mia filippica, a proposito dei bellissimi terrazzi che si incontrano nella salita e delle conseguenti, indescrivibili visioni che se ne hanno (in particolare qui mi riferisco a ciò che si vede già dal terrazzo di Grei e poi, più in alto, dalla vetta): “piramidi possenti e multiformi che già nel loro nome lasciano intuire qualcosa in grado di destare stupore: lungo il perimetro della valle ecco allora emergere meraviglie per gli occhi ed il cuore, come la Cima di Visghéd, il Filo delle Lettere, il Poncione di Piotta, la Cima della Cengia delle Pecore, la Cima del Picoll, il Poncione dei Laghetti, il Poncione del Vènn, la Cima di Precastello, il Poncione Rosso, la Cima di Vacarisc, la Cima di Stüell” (Brenna).
Gita alla portata di tutti ma con innumerevoli motivi d’interesse (dimenticavo, ben in vista il bianchissimo gruppo del Medel, la rocciosa parete S dell’Adula e tutto il gruppo di cime vicine, cioè la Lògia e via a seguire)
Tempi di percorrenza: 8 ore e 15’. Andata: 5 ore e 15’. Ritorno: 3 ore

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