Istanti, Lago d'Arpy
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La vita è fatta di istanti.
Innumerevoli istanti, molecole che con la loro coesione permettono agli atomi del tempo il suo scorrere, tracciando una linea più o meno diritta, a volte sinuosa, a tratti interrotta, che è la nostra esistenza in questa dimensione.
Alcuni di essi sebbene nati dalla materia del nulla, cristallizzando diventano gemme preziose.
Oggi, in cammino verso il Lago D'Arpy, i ricordi mi guardano dall'alto.
Avevo dieci anni, una grande passione per la natura e gli spazi aperti. Mi addormentavo spesso con il "Manuale del Trapper " di Andrea Mercanti aperto su pagine che oramai conoscevo a memoria.
Per intenderci, credevo di sapere su come si accende un fuoco, si passa una notte all'addiaccio in una foresta e si sopravvive nutrendosi di bacche e radici.
In quel periodo, mi arrampicavo abitualmente sugli alberi armato di coltello da cucina, tagliavo alcuni rami e costruivo arco e frecce, con i quali mi esercitavo al tiro su ignari gatti domestici, che attraversavano il cortile della fattoria dei miei nonni paterni.
Insieme ad amici costruivo per gioco fantasmagoriche yurte o tepee indiani nei prati circostanti, dove si consumavamo pasti a base di pannocchie di mais ancora acerbe, e more selvatiche.
Così spesso passavo intensi pomeriggi estivi.
Roba da fare invidia a Bear Grylls, insomma.
Arrivato al lago d'Arpy, ho tirato fuori il ragazzino esploratore che c'è in me, ed insieme a mia figlia ho seguito il torrente immissario dello specchio d'acqua, gonfio per l'incipiente scioglimento dei ghiacciai.
Abbiamo esplorato ogni metro delle rive, superando enormi massi, poi aggirando pungenti e verdissimi cespugli.
Abbiamo calpestato la schiena morbida di nevai ancora in piena salute, cercando un guado il più possibile avventuroso.
La direzione è quella che sale verso il
Lago di Pietra Rossa (2553m), magnifico fiordo trasportato lassù dal suo destino geologico.
Siamo ormai in prossimità delle cascate, dove la valle si apre alle scoscese falde del Mont Colmet, un roccioso titano che domina il lago dai suoi tremila metri di altezza.
Ecco il punto ideale.
Due piccoli isolotti affiorano come un ponte incompleto, perpendicolari al corso del torrente.
Raggiungiamo il primo facilmente, e disponendo qualche grosso sasso insieme ad alcuni rami portati dall'acqua, come una diga in perfetto castoro-style, siamo sulla ghiaia bagnata del secondo.
Vedo mia figlia sorridente e divertita dalla nostra piccola prova.
Lo spazio che ci divide dalla riva è troppo lungo per un salto, e l'acqua troppo profonda per tentare la precedente soluzione.
Torniamo indietro papà?
No.
Andrea Mercanti sarebbe deluso di me, penso.
Guardo intorno a me cercando la soluzione, e scorgo sulla riva da cui siamo arrivati un giovane abete abbattuto dall'inverno, giacere orizzontale e rinsecchito.
Dopo alcuni minuti, l'albero ormai passato a miglior vita è saldamente incastrato tra i sassi ed il suo fusto, che lambisce il pelo dell'acqua gelida, trasformato nel ponte di fortuna che ci porterà sull'altra riva.
La nostra piccola impresa è riuscita, mia figlia è molto soddisfatta della nostra minimale avventura, vedo nei suoi occhi scintillanti la gioia.
Torniamo al lago superando piccole foreste di rododendri, alla ricerca nei meandri secondari del lago dei colori del tritone alpino.
La preziosità dell'istante di cui parlavo prima, è autenticata da una significativa richiesta:
Bellissimo papà, lo facciamo ancora?
Ne sono certo, oggi ho trovato un diamante purissimo.
soundtrack: Keith Jarrett "The Koln concert" part 1
http://www.youtube.com/watch?v=wU7ZuVZHqTk
Innumerevoli istanti, molecole che con la loro coesione permettono agli atomi del tempo il suo scorrere, tracciando una linea più o meno diritta, a volte sinuosa, a tratti interrotta, che è la nostra esistenza in questa dimensione.
Alcuni di essi sebbene nati dalla materia del nulla, cristallizzando diventano gemme preziose.
Oggi, in cammino verso il Lago D'Arpy, i ricordi mi guardano dall'alto.
Avevo dieci anni, una grande passione per la natura e gli spazi aperti. Mi addormentavo spesso con il "Manuale del Trapper " di Andrea Mercanti aperto su pagine che oramai conoscevo a memoria.
Per intenderci, credevo di sapere su come si accende un fuoco, si passa una notte all'addiaccio in una foresta e si sopravvive nutrendosi di bacche e radici.
In quel periodo, mi arrampicavo abitualmente sugli alberi armato di coltello da cucina, tagliavo alcuni rami e costruivo arco e frecce, con i quali mi esercitavo al tiro su ignari gatti domestici, che attraversavano il cortile della fattoria dei miei nonni paterni.
Insieme ad amici costruivo per gioco fantasmagoriche yurte o tepee indiani nei prati circostanti, dove si consumavamo pasti a base di pannocchie di mais ancora acerbe, e more selvatiche.
Così spesso passavo intensi pomeriggi estivi.
Roba da fare invidia a Bear Grylls, insomma.
Arrivato al lago d'Arpy, ho tirato fuori il ragazzino esploratore che c'è in me, ed insieme a mia figlia ho seguito il torrente immissario dello specchio d'acqua, gonfio per l'incipiente scioglimento dei ghiacciai.
Abbiamo esplorato ogni metro delle rive, superando enormi massi, poi aggirando pungenti e verdissimi cespugli.
Abbiamo calpestato la schiena morbida di nevai ancora in piena salute, cercando un guado il più possibile avventuroso.
La direzione è quella che sale verso il

Siamo ormai in prossimità delle cascate, dove la valle si apre alle scoscese falde del Mont Colmet, un roccioso titano che domina il lago dai suoi tremila metri di altezza.
Ecco il punto ideale.
Due piccoli isolotti affiorano come un ponte incompleto, perpendicolari al corso del torrente.
Raggiungiamo il primo facilmente, e disponendo qualche grosso sasso insieme ad alcuni rami portati dall'acqua, come una diga in perfetto castoro-style, siamo sulla ghiaia bagnata del secondo.
Vedo mia figlia sorridente e divertita dalla nostra piccola prova.
Lo spazio che ci divide dalla riva è troppo lungo per un salto, e l'acqua troppo profonda per tentare la precedente soluzione.
Torniamo indietro papà?
No.
Andrea Mercanti sarebbe deluso di me, penso.
Guardo intorno a me cercando la soluzione, e scorgo sulla riva da cui siamo arrivati un giovane abete abbattuto dall'inverno, giacere orizzontale e rinsecchito.
Dopo alcuni minuti, l'albero ormai passato a miglior vita è saldamente incastrato tra i sassi ed il suo fusto, che lambisce il pelo dell'acqua gelida, trasformato nel ponte di fortuna che ci porterà sull'altra riva.
La nostra piccola impresa è riuscita, mia figlia è molto soddisfatta della nostra minimale avventura, vedo nei suoi occhi scintillanti la gioia.
Torniamo al lago superando piccole foreste di rododendri, alla ricerca nei meandri secondari del lago dei colori del tritone alpino.
La preziosità dell'istante di cui parlavo prima, è autenticata da una significativa richiesta:
Bellissimo papà, lo facciamo ancora?
Ne sono certo, oggi ho trovato un diamante purissimo.
soundtrack: Keith Jarrett "The Koln concert" part 1
http://www.youtube.com/watch?v=wU7ZuVZHqTk
Tourengänger:
lebowski

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Kommentare (8)