Grigna Settentrionale 2410 m
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Vista da
Cristina
Grigna o meglio Grignone, una montagna, due stagioni…
La giornata promette bene e abbiamo tanta voglia di camminare. Partiamo da Somana e prendiamo la mulattiera che sale alla Chiesetta di Era, uno sguardo all’interno e proseguiamo per l’Alpe omonima. Incontriamo una simpatica coppia che sta salendo all’Alpe per il fine settimana, tutto il bagaglio a carico di un somarello cui non è stato spiegato che quello è il suo lavoro e fa di tutto per intralciare il cammino di chi lo segue, si ferma, blocca il sentiero, riparte di corsa, si riferma, siamo quasi all’Alpe e sentiamo la coppia che incita il somarello a salire ma sembra proprio che non ne voglia sapere!
Proseguiamo ora per il rifugio Bietti, ancora chiuso per problemi di acqua. Fino al rifugio non c’è un filo di neve. Ci sarebbe piaciuto salire per il caminetto, ma da quel lato c’è ancora parecchia neve e nessuna traccia, non conoscendo il percorso preferiamo proseguire sulla Via Guzzi, pulitissima.
Raggiungiamo la Piancaformia e scendiamo sulla via di salita dal Cainallo, qui è ancora tutto innevato tanto che ancora fanno scialpinismo. Seguiamo la traccia cercando di non sfondare ma a parte qualche punto tiene bene e anche se la Brioschi sembra ad anni luce, la raggiungiamo velocemente.
In cima solite foto di rito, birretta e spuntino sulle panchette all’esterno del rifugio e intanto noto un personaggio che mi sembra di aver già visto, lo sento parlare di report da scrivere e mi chiedo:
“Vuoi vedere che scrive su hikr?”
Non essendo però fisionomista non mi viene in mente chi possa essere e lascio stare. Lunedì scoprirò che era
Barbacan (finalmente ce l’ha fatta a salire sul Grignone, senza neve, ma va bene lo stesso!). E’ sì il Grignone su un versante prendi il sole sul prato e dall’altro sali con gli sci!
Non possiamo sostare troppo, ci aspetta un lunghissimo rientro. La discesa al rifugio Bogani non è tragica come pensavamo, la neve tiene ancora abbastanza. Al rifugio facciamo sosta pranzo con lunga chiacchierata con i simpatici gestori. Ci consigliano di scendere verso il Cainallo per evitare di sprofondare nella neve sul sentiero che sale diretto alla Bocca di Prada. Ascoltiamo il consiglio, scendiamo e risaliamo alla Bocca di Prada. Ora ci aspetta la lunga discesa verso l’Alpe di Calivazzo. All’Alpe invece di rientrare verso l’Alpe Era prendiamo il sentiero che indica Somana (forse l’altro sarebbe stato più veloce). Questo sentiero pur essendo bello è veramente eterno. Prima sale, poi rimane lungamente a mezza costa con vari sali scendi, vediamo l’Alpe Era dall’alto ma di scendere non se ne parla e ancora su, giù, qualche tornante, evviva si scende e invece no ancora su giù. Finalmente arriviamo al bivio, la Chiesa è vicina, macchè…ma dove se ne è andata….altro bivio, beh questo era proprio dietro la Chiesa se non c’è…
La discesa già sembra sempre più lunga, quando poi si è stanchi…
Pausa ad ammirare il paesaggio e a ridar vita ai piedi, almeno ci proviamo e intanto dal ristoro esce un profumino di carne alla brace… “Ma che ore sono?”
“Le sei”
Scopriremo poi o meglio ci ricorderemo che il suo orologio era ancora sull’ora solare.
A Somana facciamo rifornimento di acqua e raggiungiamo la potente Smart scoprendo che abbiamo fatto le otto, praticamente dodici ore (soste incluse) di vagabondaggi!
Vista da
Marco27
Come al solito non c’è molto da aggiungere; arriviamo a Somana abbastanza presto, non c’è in giro praticamente nessuno.
Raggiungiamo e superiamo abbastanza velocemente la chiesa di Era, e ci dirigiamo verso l’Alpe. Incontriamo due simpatici viandanti, intenti a spronare il loro somaro “vecchio e lazzarone, ma soprattutto lazzarone” come loro stessi lo definiscono; scambiamo due parole e ci facciamo qualche risata alle spalle dell’ignara bestiola, dopodichè salutiamo e tiriamo avanti.
Dopo una doverosa sosta a bere alla fontana dell’Alpe Era ( Non so bene perché, ma quando vedo una fontana mi sento in dovere di bere, quasi non facendolo offendessi chi l’ha messa li), intraprendiamo la salita verso la Bietti. Dopo essermi chiesto millanta volta che bisogno c’era di mettere stò rifugio lassù, quando sarebbe andato benissimo anche un po’ più giù, arrivo alla Bietti, seguito da Cristina. Guardiamo la Via del Caminetto : è piena di neve e senza tracce di passaggio. Guardando la carta e sbinocolando un poco, riusciamo a capire più o meno da che parte si sale, ma di arrivare fin lassù (facendosi un mazzo non indifferente) e magari non riuscire a passare per la troppa neve, non ne abbiamo voglia. Si sale quindi per la Via Guzzi.
Dopo essermi chiesto millanta volta che bisogno c’era di far passare stò sentiero lassù, quando sarebbe andato benissimo anche un po’ più a sinistra e più giù, arrivo alla Bocchetta del Guzzi, seguito da Cristina. Effettivamente è tutto pulito……. Dove non c’è neve lo è, nulla da dire.
Decidiamo di abbassarci sulla Via della Ganda e di risalire per quella alla Brioschi. La neve tiene sempre bene e si sprofonda di rado, solo in prossimità delle sacche d’aria; il problema è che li si va dentro fino alle orecchie….. Mentre salgo l’ultimo tratto sotto alla Brioschi, dritto come un fuso per la linea di maggiore pendenza, penso ad almeno una mezza dozzina di modi meno spacca quadricipiti con cui si sarebbe potuta tracciare la via di salita, ma siccome non esiste controprova della loro effettiva efficacia, e soprattutto non ho nessuna voglia di battermene una nuova, proseguo su quella esistente, che tanto prima o poi arrivo lo stesso.
Giunto alla Brioschi l’unica preoccupazione che ho è “BIRRAAAA !!!!” Accecato da questo pensiero non riconosco nessuno e non sento nulla..... nessun discorso circa relazioni da postare: per dieci minuti almeno esiste solo la mia birra e quel pezzetto di cioccolato che miracolosamente non si è sciolto! Il panino (fatto dal mio babbo, per cui inimitabile) e il formaggio della Val di Ledro devono aspettare ancora un poco per fare la fine per cui sono stati fatti!
Rimaniamo sulla terrazza del Brioschi giusto il tempo di mangiare, perchè temiamo che la neve possa mollare eccessivamente. Decidiamo di scendere coi ramponi, e la scelta si rivelerà azzeccata in quanto in qualche tratto ripido o esposto, a cui in salita neanche ho fatto caso, mi fa proprio piacere averli ai piedi. La neve non è particolarmente bella, ma neanche pessima come ci aspettavamo e, nonostante qualche buca non riusciamo a evitarla, arriviamo indenni al Rifugio Bogani, dove scopro una sala piena di splendide vecchie immagini di una delle nostre tante “case di villeggiatura” : il Rifugio Brentei in Alta Val Brenta. Averlo saputo prima avrei portato a Claudio Detassis un'immagine della Grigna da appendere in sala da pranzo, accanto ai ritratti del grande Vecchio del Brenta che arrampica sulle crode della Paganella.
Una bella chiacchierata con i rifugisti, e poi via verso la Bocca di Prada e quindi verso Calivazzo e la Chiesa di Era.
Percorriamo tutta la discesa fermandoci pochissimo come sempre; siamo stanchi, la strada da fare è ancora tanta, e un po’ fanno anche male i piedi, tuttavia percorrere la valle immersi nel silenzio, guardando il sole cadere dietro alle cime del triangolo lariano, allungando le ombre e dipingendo di rosa i pinnacoli e le pareti che ci circondano, è impagabile; ogni fatica, dolore o stanchezza viene dimenticata.
DATI GPS
Dislivello 2340 m – km 22,6

Grigna o meglio Grignone, una montagna, due stagioni…
La giornata promette bene e abbiamo tanta voglia di camminare. Partiamo da Somana e prendiamo la mulattiera che sale alla Chiesetta di Era, uno sguardo all’interno e proseguiamo per l’Alpe omonima. Incontriamo una simpatica coppia che sta salendo all’Alpe per il fine settimana, tutto il bagaglio a carico di un somarello cui non è stato spiegato che quello è il suo lavoro e fa di tutto per intralciare il cammino di chi lo segue, si ferma, blocca il sentiero, riparte di corsa, si riferma, siamo quasi all’Alpe e sentiamo la coppia che incita il somarello a salire ma sembra proprio che non ne voglia sapere!
Proseguiamo ora per il rifugio Bietti, ancora chiuso per problemi di acqua. Fino al rifugio non c’è un filo di neve. Ci sarebbe piaciuto salire per il caminetto, ma da quel lato c’è ancora parecchia neve e nessuna traccia, non conoscendo il percorso preferiamo proseguire sulla Via Guzzi, pulitissima.
Raggiungiamo la Piancaformia e scendiamo sulla via di salita dal Cainallo, qui è ancora tutto innevato tanto che ancora fanno scialpinismo. Seguiamo la traccia cercando di non sfondare ma a parte qualche punto tiene bene e anche se la Brioschi sembra ad anni luce, la raggiungiamo velocemente.
In cima solite foto di rito, birretta e spuntino sulle panchette all’esterno del rifugio e intanto noto un personaggio che mi sembra di aver già visto, lo sento parlare di report da scrivere e mi chiedo:
“Vuoi vedere che scrive su hikr?”
Non essendo però fisionomista non mi viene in mente chi possa essere e lascio stare. Lunedì scoprirò che era

Non possiamo sostare troppo, ci aspetta un lunghissimo rientro. La discesa al rifugio Bogani non è tragica come pensavamo, la neve tiene ancora abbastanza. Al rifugio facciamo sosta pranzo con lunga chiacchierata con i simpatici gestori. Ci consigliano di scendere verso il Cainallo per evitare di sprofondare nella neve sul sentiero che sale diretto alla Bocca di Prada. Ascoltiamo il consiglio, scendiamo e risaliamo alla Bocca di Prada. Ora ci aspetta la lunga discesa verso l’Alpe di Calivazzo. All’Alpe invece di rientrare verso l’Alpe Era prendiamo il sentiero che indica Somana (forse l’altro sarebbe stato più veloce). Questo sentiero pur essendo bello è veramente eterno. Prima sale, poi rimane lungamente a mezza costa con vari sali scendi, vediamo l’Alpe Era dall’alto ma di scendere non se ne parla e ancora su, giù, qualche tornante, evviva si scende e invece no ancora su giù. Finalmente arriviamo al bivio, la Chiesa è vicina, macchè…ma dove se ne è andata….altro bivio, beh questo era proprio dietro la Chiesa se non c’è…
La discesa già sembra sempre più lunga, quando poi si è stanchi…
Pausa ad ammirare il paesaggio e a ridar vita ai piedi, almeno ci proviamo e intanto dal ristoro esce un profumino di carne alla brace… “Ma che ore sono?”
“Le sei”
Scopriremo poi o meglio ci ricorderemo che il suo orologio era ancora sull’ora solare.
A Somana facciamo rifornimento di acqua e raggiungiamo la potente Smart scoprendo che abbiamo fatto le otto, praticamente dodici ore (soste incluse) di vagabondaggi!
Vista da

Come al solito non c’è molto da aggiungere; arriviamo a Somana abbastanza presto, non c’è in giro praticamente nessuno.
Raggiungiamo e superiamo abbastanza velocemente la chiesa di Era, e ci dirigiamo verso l’Alpe. Incontriamo due simpatici viandanti, intenti a spronare il loro somaro “vecchio e lazzarone, ma soprattutto lazzarone” come loro stessi lo definiscono; scambiamo due parole e ci facciamo qualche risata alle spalle dell’ignara bestiola, dopodichè salutiamo e tiriamo avanti.
Dopo una doverosa sosta a bere alla fontana dell’Alpe Era ( Non so bene perché, ma quando vedo una fontana mi sento in dovere di bere, quasi non facendolo offendessi chi l’ha messa li), intraprendiamo la salita verso la Bietti. Dopo essermi chiesto millanta volta che bisogno c’era di mettere stò rifugio lassù, quando sarebbe andato benissimo anche un po’ più giù, arrivo alla Bietti, seguito da Cristina. Guardiamo la Via del Caminetto : è piena di neve e senza tracce di passaggio. Guardando la carta e sbinocolando un poco, riusciamo a capire più o meno da che parte si sale, ma di arrivare fin lassù (facendosi un mazzo non indifferente) e magari non riuscire a passare per la troppa neve, non ne abbiamo voglia. Si sale quindi per la Via Guzzi.
Dopo essermi chiesto millanta volta che bisogno c’era di far passare stò sentiero lassù, quando sarebbe andato benissimo anche un po’ più a sinistra e più giù, arrivo alla Bocchetta del Guzzi, seguito da Cristina. Effettivamente è tutto pulito……. Dove non c’è neve lo è, nulla da dire.
Decidiamo di abbassarci sulla Via della Ganda e di risalire per quella alla Brioschi. La neve tiene sempre bene e si sprofonda di rado, solo in prossimità delle sacche d’aria; il problema è che li si va dentro fino alle orecchie….. Mentre salgo l’ultimo tratto sotto alla Brioschi, dritto come un fuso per la linea di maggiore pendenza, penso ad almeno una mezza dozzina di modi meno spacca quadricipiti con cui si sarebbe potuta tracciare la via di salita, ma siccome non esiste controprova della loro effettiva efficacia, e soprattutto non ho nessuna voglia di battermene una nuova, proseguo su quella esistente, che tanto prima o poi arrivo lo stesso.
Giunto alla Brioschi l’unica preoccupazione che ho è “BIRRAAAA !!!!” Accecato da questo pensiero non riconosco nessuno e non sento nulla..... nessun discorso circa relazioni da postare: per dieci minuti almeno esiste solo la mia birra e quel pezzetto di cioccolato che miracolosamente non si è sciolto! Il panino (fatto dal mio babbo, per cui inimitabile) e il formaggio della Val di Ledro devono aspettare ancora un poco per fare la fine per cui sono stati fatti!
Rimaniamo sulla terrazza del Brioschi giusto il tempo di mangiare, perchè temiamo che la neve possa mollare eccessivamente. Decidiamo di scendere coi ramponi, e la scelta si rivelerà azzeccata in quanto in qualche tratto ripido o esposto, a cui in salita neanche ho fatto caso, mi fa proprio piacere averli ai piedi. La neve non è particolarmente bella, ma neanche pessima come ci aspettavamo e, nonostante qualche buca non riusciamo a evitarla, arriviamo indenni al Rifugio Bogani, dove scopro una sala piena di splendide vecchie immagini di una delle nostre tante “case di villeggiatura” : il Rifugio Brentei in Alta Val Brenta. Averlo saputo prima avrei portato a Claudio Detassis un'immagine della Grigna da appendere in sala da pranzo, accanto ai ritratti del grande Vecchio del Brenta che arrampica sulle crode della Paganella.
Una bella chiacchierata con i rifugisti, e poi via verso la Bocca di Prada e quindi verso Calivazzo e la Chiesa di Era.
Percorriamo tutta la discesa fermandoci pochissimo come sempre; siamo stanchi, la strada da fare è ancora tanta, e un po’ fanno anche male i piedi, tuttavia percorrere la valle immersi nel silenzio, guardando il sole cadere dietro alle cime del triangolo lariano, allungando le ombre e dipingendo di rosa i pinnacoli e le pareti che ci circondano, è impagabile; ogni fatica, dolore o stanchezza viene dimenticata.
DATI GPS
Dislivello 2340 m – km 22,6
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