Cima Corte Lorenzo (1574 m)
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Parto di buon’ora dall’Alpe Ruspesso, dove la C.C.Lorenzo non è segnalata, ma basta seguire il sentiero per il Monte Faié per non sbagliarsi… Passo poi da Ompio dove è situato il Rifugio Fantoli, e alla successiva bocchetta (quella per Corte Bué) continuo a mantenere la direzione per il Faié e per la Colma di Vercio. Dal bosco già sbucano, dall’altra parte della Valle, le magnetiche cime Pedum e Sasso: particolarmente la prima, con la sua parete sud verticale e misteriosa costituirà il punto di riferimento per gli occhi durante tutta la gita. A nord, invece, definiscono i contorni del cielo le vette più elevate della zona della Valgrande, con il Tògano (2301 m) in prima fila. Arrivo in breve all’Alpe Caseracce (1247 m) e proseguo, sempre sul lato della Valgrande, fino alla successiva Alpe Pianezza, potente balcone sul fondovalle ossolano. Qui un gregge di capre mi dà il benvenuto verso la parte più selvaggia di questa escursione, i Denti del Gigante, ovvero le cinque prominenze che si concludono con la Cima Corte Lorenzo. Oltrepassata la Colma di Vercio si perviene in breve ad una prima cima dal pendio molto ripido che si supera comunque agevolmente sia in salita che in discesa. C’è poi un traverso su roccia semplificato da delle catene recentemente posizionate, salita e discesa (cima Carbonisc), una ulteriore cima (Sassarut) da salire e ridiscendere, sempre aiutati da queste catene e si arriva così all’attacco dell’anticima della C.Lorenzo sul pratone della Pasquetta. Lo si ridiscende (eh sì, questa escursione è fatta così…) e si arriva nei pressi della placca, facilitata anch’essa da catene, che indirizza verso la cima. La pendenza è sempre molto elevata, quindi, nonostante le catene, occorre prestare molta attenzione: ecco qui poi la facile erta finale e la croce di vetta, posizionata qualche metro sotto la cima. A nord ovest sfilano arditi i Corni di Nibbio, con il diedro del Lesino e il crestone del Proman a chiudere il corteo. Dall’altra parte della valle, oltre il Rio Valgrande, Cima Sasso e Pedum magnetizzano la visuale. Il fondovalle ossolano giace 1300 metri più in basso, con il flessuoso serpentone del Toce che si invola verso il Verbano. Due escursionisti giungono in vetta, e così scambiamo qualche impressione sul percorso appena fatto (certo, senza tutte queste catene l’escursione avrebbe più fascino, ma la sicurezza in questo modo ne guadagna, specialmente in stagioni inoltrate come questa, con le prime nevi a imbiancare i pendii rivolti a nord). Dopo una breve sosta, prendo la via del ritorno e, dopo aver risuperato le varie cimette di cui sopra, decido di evitare l’Alpe Caseracce e di salire quindi sulla vetta del Faié (1352 m) per un ultimo vigoroso sguardo sul Toce, sul Lago d’Orta, sul Lago di Mergozzo e naturalmente sul Golfo Borromeo. Dalla cima del Faié ci si ricongiunge poi con il precedente sentiero, che in breve porta ad Ompio e poi a Ruspesso. Paesaggisticamente stupenda, questa escursione consente di immergersi nel tipico ambiente “wilderness” della Valgrande, qui più selvaggia che mai. Passaggi esposti, placche, traversi su roccia: le difficoltà ci sono, anche se rese un po’ più facili dalle numerose catene che nella mia precedente escursione (sì, un po’ datata: anno 2003) non esistevano. Finale con lavanda dei piedi in quel di Suna sotto un bel sole autunnale. Tempistica: andata 2 ore 30’, ritorno 2 ore.
Tourengänger:
tapio

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