Sasso Barbè, Pizzoni di Laveno e Pizzo Cuvignone
Di tanto in tanto occorre - ed è anche piacevole - cambiare orizzonti. Visto che trattasi di zona a noi pressochè sconosciuta, appare inutile andare a cercare percorsi indaginosi o di difficile reperimento e ci si indirizza quindi ad una meta non troppo originale e frequentatissima, ma, proprio per questo motivo, ovviamente meritevole ed accattivante. Vista la quota assai modesta e la temperatura primaverile, c'è da dire che il periodo scelto per l'escursione è quello ideale: panorami assicurati dall'assenza di fogliame e gradevole tepore sulla cresta assolata. Da notare l'evidente ed encomiabile lavoro di pulizia effettuato sui sentieri che attraversano boschi devastati dalle intemperie e la meno encomiabile devastazione della cima del Pizzo Cuvignone.
Con più o meno asfalto a seconda del punto di partenza, si prosegue lungo Via Monteggia fino a trovarsi di fronte alla casa natale del medesimo Professor Monteggia, in una bella corte un po' troppo rimaneggiata; da qui si svolta a destra su acciottolato andando a trovare subito un bel sentiero con indicazione per i Pizzoni. Salendo nell'impervio bosco di castagni, si incontra in breve la deviazione (a/r) per il Sasso del Fungo: un trovante appoggiato al pendio molto ripido, con base pesantemente rinforzata a forza di cemento; tornati sulla traccia principale, si inizia la salita che prevalentemente si svolge rettilinea sulla larga dorsale ONO dei Pizzoni. Il passaggio, quasi sempre di pendenza vivace, si svolge a modo di corridoio fra le centinaia di tronchi ed intere ceppaie di castagni sradicati fino a raggiungere la cima - boscosa e quindi non particolarmente panoramica - del Sasso Barbè: il toponimo non è indicato, ma cartelli in varie lingue esortano a non lasciarsi tentare da direzioni estranee all'unico sentiero. Si scende quindi sulla stessa direttiva verso ENE percorrendo il bosco ininterrotto fino al Passo Barbè (quadrivio di sentieri e punto di passaggio principale per i Pizzoni provenendo da Vararo o dalle Casere) ed al primo tratto di salita verso il primo Pizzone. La dorsale si assottiglia un poco e, mantenendo sua ripidezza, perde di copertura arborea e guadagna in presenza di elementari roccette che mai richiedo l'uso delle mani, ormai di fronte allo stupendo panorama sul Golfo Borromeo. A cresta assottigliata, si trova la croce dei Pizzoni di Laveno, posta in situazione visibile da valle, ma a pochi metri dalla vera vetta; proseguendo in saliscendi senza mai una vera esposizione, si oltrepassa una prima selletta, si sale sul secondo Pizzone (quasi indistinguibile), si scende ad una seconda selletta e si risale - nuovamente fra qualche roccia - al panoramico terzo Pizzone, bel pulpito affacciato su Castelveccana e Porto Valtravaglia. La successiva perdita di quota, su terreno eroso con sassi e radici affioranti, accompagna all'avvallamento che precede il Monte La Teggia, da cui si dipartono due sentieri: uno diretto al Passo Cuvignone, che ignoriamo, ed uno - attualmente ancora ufficialmente chiuso per ghiaccio - diretto al Rifugio Adamoli. Considerato che la temperatura primaverile è incompatibile col gelo, optiamo per la seconda alternativa, un sentiero prevalentemente pianeggiante che attraversa in quota un versante settentrionale che effettivamente mantiene ancora qualche metro di neve marcia; al termine della traversata si confluisce nella provinciale per Arcumeggia o Castelveccana. Pochi metri a valle si scorge il Rifugio Adamoli, posto accanto alla cupola arida del Pizzo di Cuvignone, che saliamo scomodamente senza sentiero fra i resti di abbattimenti forestali: il panorama non è diverso da quello del terzo Pizzone, ma l'ambiente è nettamente meno gradevole. Tornati per via più diretta alla provinciale, la risaliamo fino al Passo Cuvignone facendo una breve deviazione sulla sinistra per raggiungere due adiacenti spuntoni rocciosi sormontati rispettivamente da una Madonna ed una croce commemorativa. Dal passo scendiamo fino al primo tornante dove, nei pressi di un piazzale sterrato, si trova l'inizio (indicazioni) del sentiero per Vararo, una bella mulattiera che scende dapprima nel bosco, per poi affrontare una dorsale sassosa esposta sui boschi della Valcuvia. Improvvisamente il sentiero rientra a destra nel bosco, guada il Torrente San Giulio (con i resti di un piccolo acquedotto) ed entra fra le prime abitazioni di Vararo. Scorrendo fra gli stretti vicoli, dove spesso sono esposte riproduzioni di vecchie fotografie di soggetto rurale, si attraversa la frazione e si raggiunge, seguendo per breve tratto al provinciale, la deviazione per Casere; da qui inizia il lungo acciottolato, carrozzabile ma chiuso al traffico non autorizzato, che scende fino a Monteggia.
Con più o meno asfalto a seconda del punto di partenza, si prosegue lungo Via Monteggia fino a trovarsi di fronte alla casa natale del medesimo Professor Monteggia, in una bella corte un po' troppo rimaneggiata; da qui si svolta a destra su acciottolato andando a trovare subito un bel sentiero con indicazione per i Pizzoni. Salendo nell'impervio bosco di castagni, si incontra in breve la deviazione (a/r) per il Sasso del Fungo: un trovante appoggiato al pendio molto ripido, con base pesantemente rinforzata a forza di cemento; tornati sulla traccia principale, si inizia la salita che prevalentemente si svolge rettilinea sulla larga dorsale ONO dei Pizzoni. Il passaggio, quasi sempre di pendenza vivace, si svolge a modo di corridoio fra le centinaia di tronchi ed intere ceppaie di castagni sradicati fino a raggiungere la cima - boscosa e quindi non particolarmente panoramica - del Sasso Barbè: il toponimo non è indicato, ma cartelli in varie lingue esortano a non lasciarsi tentare da direzioni estranee all'unico sentiero. Si scende quindi sulla stessa direttiva verso ENE percorrendo il bosco ininterrotto fino al Passo Barbè (quadrivio di sentieri e punto di passaggio principale per i Pizzoni provenendo da Vararo o dalle Casere) ed al primo tratto di salita verso il primo Pizzone. La dorsale si assottiglia un poco e, mantenendo sua ripidezza, perde di copertura arborea e guadagna in presenza di elementari roccette che mai richiedo l'uso delle mani, ormai di fronte allo stupendo panorama sul Golfo Borromeo. A cresta assottigliata, si trova la croce dei Pizzoni di Laveno, posta in situazione visibile da valle, ma a pochi metri dalla vera vetta; proseguendo in saliscendi senza mai una vera esposizione, si oltrepassa una prima selletta, si sale sul secondo Pizzone (quasi indistinguibile), si scende ad una seconda selletta e si risale - nuovamente fra qualche roccia - al panoramico terzo Pizzone, bel pulpito affacciato su Castelveccana e Porto Valtravaglia. La successiva perdita di quota, su terreno eroso con sassi e radici affioranti, accompagna all'avvallamento che precede il Monte La Teggia, da cui si dipartono due sentieri: uno diretto al Passo Cuvignone, che ignoriamo, ed uno - attualmente ancora ufficialmente chiuso per ghiaccio - diretto al Rifugio Adamoli. Considerato che la temperatura primaverile è incompatibile col gelo, optiamo per la seconda alternativa, un sentiero prevalentemente pianeggiante che attraversa in quota un versante settentrionale che effettivamente mantiene ancora qualche metro di neve marcia; al termine della traversata si confluisce nella provinciale per Arcumeggia o Castelveccana. Pochi metri a valle si scorge il Rifugio Adamoli, posto accanto alla cupola arida del Pizzo di Cuvignone, che saliamo scomodamente senza sentiero fra i resti di abbattimenti forestali: il panorama non è diverso da quello del terzo Pizzone, ma l'ambiente è nettamente meno gradevole. Tornati per via più diretta alla provinciale, la risaliamo fino al Passo Cuvignone facendo una breve deviazione sulla sinistra per raggiungere due adiacenti spuntoni rocciosi sormontati rispettivamente da una Madonna ed una croce commemorativa. Dal passo scendiamo fino al primo tornante dove, nei pressi di un piazzale sterrato, si trova l'inizio (indicazioni) del sentiero per Vararo, una bella mulattiera che scende dapprima nel bosco, per poi affrontare una dorsale sassosa esposta sui boschi della Valcuvia. Improvvisamente il sentiero rientra a destra nel bosco, guada il Torrente San Giulio (con i resti di un piccolo acquedotto) ed entra fra le prime abitazioni di Vararo. Scorrendo fra gli stretti vicoli, dove spesso sono esposte riproduzioni di vecchie fotografie di soggetto rurale, si attraversa la frazione e si raggiunge, seguendo per breve tratto al provinciale, la deviazione per Casere; da qui inizia il lungo acciottolato, carrozzabile ma chiuso al traffico non autorizzato, che scende fino a Monteggia.
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