Cima Settentrionale di Séiva (3075 m)

Per le mie vacanze estive torno in Val d’Aosta, sempre alla ricerca di mete sconosciute. L’anno scorso ho “ceduto” a qualche classica (Rossa della Grivola, Emilius, Mont Glacier…), perché è giusto vedere un po’ tutto, di questa regione che ancora conosco poco, ma stavolta voglio puntare a quello che piace a me! Gulliver.it, lo confesso, è la sorgente di informazioni più ricca della Val d’Aosta ed è quindi inevitabilmente il mio riferimento: lì vado a spulciare le vette con meno rapporti, o addirittura le rarissime che non sono neanche presenti.

Per incominciare, parto da una zona in cui non sono ancora mai stato, il Plan del Nivolet. Lì c’è una cresta che separa questo pianoro dall’alta Valsavarenche. Immagino che il panorama sul Gran Paradiso che si goda da là sia molto interessante.

Lascio la macchina al parcheggio di Pont, già strapieno di gente che evidentemente ha passato la notte al Vittorio Emanuele, e prendo il sentiero per il Col del Nivolet, dove ovviamente non incontro nessuno, se non una coppia di giovani saliti prima dell’alba nella speranza di incontrare degli animali selvatici: io non ne ho visto nessuno, finora, ma sono sicuro che andando avanti nella giornata, trovandomi in zone frequentate da nessuno, avrò modo di rifarmi.

Abbandono il sentiero più o meno in corrispondenza della mia cima (anche se non ho ancora deciso con precisione quale!). Salgo dritto per dritto, il primo tratto appena un po’ ripido, poi mi ritrovo in un pianoro. A questo punto decido che la mia meta sarà la Cima Settentrionale di Séiva: la Meridionale mi sembra più impegnativa, e ancor di più la Punta Fourà. Non amo i versanti Ovest: alla mattina, quando stai salendo, sono sempre in ombra e non vedi com’è il terreno su cui ti stai avventurando. Invece che passare dal colle tra la mia cima ed il Monte Giansana, punto più diretto e salgo dalla parete, fatta di blocchi e sempre divertente. Un ultimo tratto di cresta e sono in vetta. Con disappunto noto che la memoria della mia macchina fotografica è piena, e non riesco a svuotarla, così dovrò “razionare” le fotografie da fare. Il Gran Paradiso è proprio di fronte a me, e la parete Nord del Ciarforon proprio “di taglio”.

Per la discesa, con l’intenzione di evitare l’unico passaggio un po’ ostico (anche se nulla di ché), incontrato sulla cresta, decido di entrare subito nel versante. Così facendo, però, mi trovo senza volerlo ad affrontare difficoltà più elevate di quelle trovate in salita. Anche se non riesco a trovare come passare, non sono spaventato: è prestissimo ed ho tutto il tempo di studiare la via migliore, e alla peggio posso sempre ritornare in cresta e scendere da dove sono salito. Alla fine, ce la faccio senza problemi. Lo prendo soprattutto come una palestra per le vette successive che ho in programma.

A questo punto, arrivare al Pian del Nivolet è un attimo. Essendo veramente presto, decido di spingermi fino al Colle, che ricordo fin da bambino perché sulla cartina del Touring Club di lì passava una strada (in costruzione) che univa Piemonte e Val d’Aosta. Ebbene, quella strada ancora oggi non esiste, credo per questioni politiche, ma a piedi si può arrivare dappertutto! e così, dopo una quindicina di chilometri (ed un tremila nella saccoccia) arrivo alla strada che sale dal Piemonte e mi spingo fino al punto panoramico dopo il colle da cui posso “guardare giù” dall’altra parte, su una zona a me del tutto sconosciuta, ma all’apparenza decisamente niente male! Dal Pian del Nivolet in poi, ovviamente, incontro frotte di gente (inclusi anche un po’ di cani che, qui nel Parco del Gran Paradiso, non dovrebbero neanche entrare), ma è il prezzo da pagare, ogni tanto.