Cuando el sol se pone, también l'Almanaaaaa...
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... 11:30, per oggi ho finito di lavorare e "ho in testa un'idea meravigliosa", no, non ho il mitico "toupet" di Cesare Ragazzi che mi copre il cranio, sono il vostro Menek, quello sempre pronto a fughe ardite purchè non siano discese.
Salutato il magazziniere, le segretarie, le macchine a controllo numerico e il Pettirosso che immancabilmente ogni giorno mi smerda l'auto , ora mi accingo ad inserire le chiavi nel quadro del cruscotto, accendo il mio bolide che ha gli stessi cavalli vapore di un "Ciao", e con la medesima leggiadria di Bud Spencer raggiungo Portole dove parcheggio nell'ampio spiazzo adiacente il ristorante.
Svestiti i panni da operaio metalmeccanico per indossare quelli da finto alpinista ora comincio a calcare il sentiero partigiano F. Benedetti, che in moderata pendenza mi porta a superare alcune belle costruzioni. Il tempo è di quello che non ti aspetti in questa stagione, il clima sembra tardo estivo più che quello autunnale, i prati sono verdi puntellati da qualche fiore "resistente" e la vista verso il Lago è di quelle che toglie il fiato; tanto quanto le cime che mi circondano. Cammino con una certa baldanza nel silenzio assordante di questo luogo incantato, e sì, in mezzo a questi selvatici colori mi sento bello come un'Upapa Reale, dialettalmente e delicatamente conosciuta anche come "Réböba".
In giro non c'è anima viva, solo alla Forcella di Sale incontro un escursionista e due amici di Eolo pronti ad agarrare la folata giusta; sulla mia destra la ripida traccia mi porta verso la via attrezzata del Sentiero 3V. In questa zona il sole arriva nel tardo pomeriggio, fiacco e con i raggi scarichi di calore, quindi affronto la zona attrezzata sognando di avere sotto il mio Vibram una mezza quintalata di magnesite giusto per non scivolare lungo gli esposti pendii erbosi.
Dopo un primo tratto ombreggiante finalmente il sole comincia a fare capolino, il venticello, infido come una battuta di Andreotti, è lì a ricordarti che siamo pur sempre in dicembre, anche se nella fatica della salita il vento stesso viene percepito sù e giù come un peto di Salamandra.
Salutato il magazziniere, le segretarie, le macchine a controllo numerico e il Pettirosso che immancabilmente ogni giorno mi smerda l'auto , ora mi accingo ad inserire le chiavi nel quadro del cruscotto, accendo il mio bolide che ha gli stessi cavalli vapore di un "Ciao", e con la medesima leggiadria di Bud Spencer raggiungo Portole dove parcheggio nell'ampio spiazzo adiacente il ristorante.
Svestiti i panni da operaio metalmeccanico per indossare quelli da finto alpinista ora comincio a calcare il sentiero partigiano F. Benedetti, che in moderata pendenza mi porta a superare alcune belle costruzioni. Il tempo è di quello che non ti aspetti in questa stagione, il clima sembra tardo estivo più che quello autunnale, i prati sono verdi puntellati da qualche fiore "resistente" e la vista verso il Lago è di quelle che toglie il fiato; tanto quanto le cime che mi circondano. Cammino con una certa baldanza nel silenzio assordante di questo luogo incantato, e sì, in mezzo a questi selvatici colori mi sento bello come un'Upapa Reale, dialettalmente e delicatamente conosciuta anche come "Réböba".
In giro non c'è anima viva, solo alla Forcella di Sale incontro un escursionista e due amici di Eolo pronti ad agarrare la folata giusta; sulla mia destra la ripida traccia mi porta verso la via attrezzata del Sentiero 3V. In questa zona il sole arriva nel tardo pomeriggio, fiacco e con i raggi scarichi di calore, quindi affronto la zona attrezzata sognando di avere sotto il mio Vibram una mezza quintalata di magnesite giusto per non scivolare lungo gli esposti pendii erbosi.
Dopo un primo tratto ombreggiante finalmente il sole comincia a fare capolino, il venticello, infido come una battuta di Andreotti, è lì a ricordarti che siamo pur sempre in dicembre, anche se nella fatica della salita il vento stesso viene percepito sù e giù come un peto di Salamandra.
Raggiungo la Punta Cabrera e poi mi distendo lungo la cresta Barbedei, mentre non molto lontano vedo la croce della Punta Almana. E io sono sempre vestito pressapoco come un bagnino romagnolo, anche se ora il venticello è decisamente infame. Con un'ultima progressione tocco l'apice, la punta, e con un piacere quasi orgasmico allungo lo sguardo; riconosco tutte le cime più note, almeno quelle bresciane e bergamasche, ma poi vedo anche le gemelle Grigne, con il Grignone meravigliosamente vestito di bianco. In questa veste invernale farebbe impallidire anche l'elegante Gastone.
Il sole si sta abbassando verso l'orizzonte, e lungo la linea che sottolinea l'infinito c'è lui, il Monte Rosa, che adesso tutto è, meno che rosa. Ah, il potere delle tenebre...
Cazzeggio con una coppia salita dalla cresta sud, lei è ben coperta da vestiti tecnici, lui invece, mostra le sue gambe "sifoline" ed un torace stretto da una magliettina sintetica... beh, se lui fa il figo non lo posso fare anch'io? Certo che posso, solo che lui avrà 25 anni meno di me e il conto di tale spavalderia mi verrà presentato a giro terminato.
Poco dopo, la coppia lascia il nido del Cuculo, ma io sono sempre lì, ad ammirare il Lago semi nascosto dalla nebbia e a fronteggiare un Eolo che si fa sempre più Giuda. Ho l'accortezza di non togliere almeno il para orecchie, ma sai che mossa geniale!
Riparto anch'io, anche se vorrei vedere cadere il sole laddove il Lago finisce per allungarsi poi verso le Torbiere di Provaglio, ma l'oscurità minaccia il mio incedere. Affrontare al buio le creste e il breve bosco non sarebbe un colpo da maestro del biliardo.
Mi porto veloce verso il Dosso Pelato, e subito dopo, accompagnato da una visuale paradisiaca, mi spingo verso la Croce di Pezzolo; tra questi due punti di passaggio il sole infuocato disegna traiettorie lisergiche, non pone limiti all'immaginazione. Tutto si fa reale. E vaffanculo ai soldi che ho speso in passato per alterarmi con l'Lsd... qua la sostanza psicotropa è la Natura stessa!
Alla Croce di Pezzolo si comincia ad attraversare il bosco, e visto che ho fatto il "tiratardi" ora mi devo destreggiare tra la penombra e il non vedere un cazzo. Ho sempre considerato il buio come un fattore di complicità... ma non sugli impervi sentieri montani, o perlomeno ancora non l'ho scoperto.
Finalmente esco dal bosco, ma poi lo riaffronto subito dopo la Trattoria Pastine, qua il sentiero oltre che nel bosco cammina dentro una sorta di forra, e dire che non si vede un tubo è eufemistico.
Bando all'aristocrazia linguistica e mi ripeto: non si vede una cazzo! E' accertato.
Nello zaino ho tutto l'occorrente per progredire al meglio, ma io nada, mi ostino a camminare senza frontale e con ancora addosso solo il mio misero pile. Sembra l'eterna sfida tra me e il mio solitario neurone... ma a vincere come sempre non siamo ne io, ne il neurone ridotto a piccola particella di sodio.
Ma oramai sono vicino al parcheggio, le luci del ristorante illuminano l'auto. E la luce di un'ignoto escursionista illumina il sentiero. In lontananza sento una voce giovanile, adolescenziale direi, spudorato come una carogna il giovane ci insulta, ci prende per i fondelli perché stiamo camminando sul fare del crepuscolo: Ehi, voi, Sucateeeee!!! Sucate? Ah, ho capito adesso. Ed io che ho sempre pensato che Sucate fosse un paese in provincia di Milano!
Sono di nuovo all'auto, fa un freddo becco ed io ho già il mal di gola...mi venisse...
Mi è venuto, mi è venuto un raffreddore mostruoso, al limite dell'influenzale. Sono dovuto rimanere in casa diversi giorni facendomi per amico il sig. Vicks Vaporub, e tra una serata e l'altra a naso colante mi sono entusiasmato per la finale dello Zecchino d'Oro, che tra l'altro penso di non aver mai visto nemmeno in età infantile. Per la cronaca ha vinto la piccola Rita Longorno con la canzona dal titolo "illuminante": Acca... come ciò che ho visto io lungo il sentiero di discesa.
P.s.
Buona S. Lucia a tutti/e. E occhio alla cenere...guardoni!!!
A' la prochaine! Menek senza la vitamina "K" (battuta buona solo per chi ha letto la mia relazione precedente).
Cazzeggio con una coppia salita dalla cresta sud, lei è ben coperta da vestiti tecnici, lui invece, mostra le sue gambe "sifoline" ed un torace stretto da una magliettina sintetica... beh, se lui fa il figo non lo posso fare anch'io? Certo che posso, solo che lui avrà 25 anni meno di me e il conto di tale spavalderia mi verrà presentato a giro terminato.
Poco dopo, la coppia lascia il nido del Cuculo, ma io sono sempre lì, ad ammirare il Lago semi nascosto dalla nebbia e a fronteggiare un Eolo che si fa sempre più Giuda. Ho l'accortezza di non togliere almeno il para orecchie, ma sai che mossa geniale!
Riparto anch'io, anche se vorrei vedere cadere il sole laddove il Lago finisce per allungarsi poi verso le Torbiere di Provaglio, ma l'oscurità minaccia il mio incedere. Affrontare al buio le creste e il breve bosco non sarebbe un colpo da maestro del biliardo.
Mi porto veloce verso il Dosso Pelato, e subito dopo, accompagnato da una visuale paradisiaca, mi spingo verso la Croce di Pezzolo; tra questi due punti di passaggio il sole infuocato disegna traiettorie lisergiche, non pone limiti all'immaginazione. Tutto si fa reale. E vaffanculo ai soldi che ho speso in passato per alterarmi con l'Lsd... qua la sostanza psicotropa è la Natura stessa!
Alla Croce di Pezzolo si comincia ad attraversare il bosco, e visto che ho fatto il "tiratardi" ora mi devo destreggiare tra la penombra e il non vedere un cazzo. Ho sempre considerato il buio come un fattore di complicità... ma non sugli impervi sentieri montani, o perlomeno ancora non l'ho scoperto.
Finalmente esco dal bosco, ma poi lo riaffronto subito dopo la Trattoria Pastine, qua il sentiero oltre che nel bosco cammina dentro una sorta di forra, e dire che non si vede un tubo è eufemistico.
Bando all'aristocrazia linguistica e mi ripeto: non si vede una cazzo! E' accertato.
Nello zaino ho tutto l'occorrente per progredire al meglio, ma io nada, mi ostino a camminare senza frontale e con ancora addosso solo il mio misero pile. Sembra l'eterna sfida tra me e il mio solitario neurone... ma a vincere come sempre non siamo ne io, ne il neurone ridotto a piccola particella di sodio.
Ma oramai sono vicino al parcheggio, le luci del ristorante illuminano l'auto. E la luce di un'ignoto escursionista illumina il sentiero. In lontananza sento una voce giovanile, adolescenziale direi, spudorato come una carogna il giovane ci insulta, ci prende per i fondelli perché stiamo camminando sul fare del crepuscolo: Ehi, voi, Sucateeeee!!! Sucate? Ah, ho capito adesso. Ed io che ho sempre pensato che Sucate fosse un paese in provincia di Milano!
Sono di nuovo all'auto, fa un freddo becco ed io ho già il mal di gola...mi venisse...
Mi è venuto, mi è venuto un raffreddore mostruoso, al limite dell'influenzale. Sono dovuto rimanere in casa diversi giorni facendomi per amico il sig. Vicks Vaporub, e tra una serata e l'altra a naso colante mi sono entusiasmato per la finale dello Zecchino d'Oro, che tra l'altro penso di non aver mai visto nemmeno in età infantile. Per la cronaca ha vinto la piccola Rita Longorno con la canzona dal titolo "illuminante": Acca... come ciò che ho visto io lungo il sentiero di discesa.
P.s.
Buona S. Lucia a tutti/e. E occhio alla cenere...guardoni!!!
A' la prochaine! Menek senza la vitamina "K" (battuta buona solo per chi ha letto la mia relazione precedente).
Tourengänger:
Menek

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