Monte Magino (m.1589)
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Partenza da Agra (m.654), discesa su asfalto all'incrocio delle Cinquevie (m.550), quindi risalita su bella strada forestale all'agriturismo Roccolo (m.793), nuova discesa alla statua di San Carlo (m.600) e infine risalita a Curiglia (m.670) ancora su asfalto. Un'ora e un quarto per 16 metri di dislivello positivo non è male, in fondo. ;)
Da Curiglia seguo la forestale che, transitando poco sopra le baite di Viasco (m.813), s'incunea dolcemente nel profondo solco della Valle Viaschina e raggiungerne il torrente, proprio nel punto in cui si forma una splendida forra. Fin qui tutto su agile forestale, ora ripido sentiero a zig-zag che permette di giungere ai ruderi dell'Alpe Cortetti, ove il sentiero marcato prosegue verso Monteviasco. Breve pausa ristoratrice e punto della situazione: il pendio punta al rilievo secondario del Monte Magino (m.1589), a metà tra il Poncione di Breno (m.1654) e il Monte Magno (m.1636). A un certo punto dovrei incontrare un vecchio sentiero in direzione E che andrebbe a toccare l'alpe più perduta del varesotto, ovvero l'ormai sconosciuta Alpe Piancarossa. Di detto sentiero, iniziata la salita per un pendio solcato da un sentierino (non marcato) quasi sempre evidente, non ho trovato traccia, quindi presumo si tratti di un percorso "a naso", quantomeno da qui. Proseguo dunque senza problemi la mia salita, incontrando un paio di manufatti a secco, e svolgendo comunque una gran bella e piacevole ascesa nel bosco, interrotta brevemente da uno sperone roccioso che aggiro prima a destra quindi a sinistra. Al suo culmine un bello scorcio panoramico sulla Val Veddasca e la catena alpina dominata dal solito e maestoso Rosa.
Incrocio una pineta, oltre la quale dovrebbe trovarsi l'Alpe Piancarossa, e proseguo l'ascesa giungendo a un bello snodo in cui il pendio si biforca in due tronchi, ambedue molto ripidi. Benchè quello a destra sia roccioso ed invitante - ma all'apparenza tutt'altro che semplice per un suo evidente "salto" - scelgo quello a sinistra, più "umano" e fattibile.
Fuori dal bosco inizia la paglia, e c'è da stare attenti perchè molto scivolosa, tanto che i residui di neve dura da gradinare son molto più sicuri da affrontare. Si giunge a un secondo sasso, prima di affrontare un breve ma ripido strappo al terzo, in cui la pendenza impone il classico "gattonage". Il terzo masso ha una bella roccia ma è impegnativo, pertanto con cautela si aggira (moderatamente esposto) a destra salendo al suo culmine: tecnicamente è l'unico passaggio impegnativo, più che altro per la paglia scivolosa su cenge strette. Superato l'ostacolo non rimane che salire una breve ganna, un'altro insidioso pendio erboso ove si trovano i miseri resti di un recinto in legno, probabilmente del confine di stato, giungendo con qualche passaggino facile in cima all'anonimo Monte Magino (m.1589), meno profilato della poco più distante Cima m.1583, che raggiungo in pochi minuti e su cui effettuo la sosta pranzo. Bella salita in bell'ambiente, divertente e impegnativa quanto basta, senza eccessivi patemi o problemi tecnici.
Potrei accumulare altre cime e dislivello, ma va bene così, pertanto proseguo per lo Zottone (m.1544), rivolgendomi tranquillamente all'Alpe di Mageno (m.1290): mentre scendo vengo attratto dal bel profilo del Poncione di Breno - già affrontato l'autunno scorso da questo versante - con cui ho un piccolo conto in sospeso. Non tanto con la cima, assai ostica e impervia da questo suo versante N, quanto col vecchio sentiero che lo aggira (un tempo marcato sia su CNS che su Kompass) risalendo alla Forcola d'Arasio, di cui un cacciatore mi accennò definendolo "un pò brutto". Lo percorro, evidentissimo e ampio, seppur a tratti un pò invaso dalle pessime ginestre, giungendo al punto in cui l'avevo abbandonato la volta precedente e proseguendo pertanto la sua traversata. Gradualmente si restringe e va posta attenzione per le foglie e la paglia, aggirando un ripidissimo costone e giungendo al centro di un impressionante canale praticamente verticale, autentico "cuore" del Poncione di Breno. Bello ma improponibile.
Qui in effetti è "un pò brutto", perchè una frana ha interrotto il sentiero, tuttavia deviato e ben indicato da segnaletica "semi-ufficiale" CAS. Si scende in una valletta franosa, protetta da paletti metallici, per giungere nel canale e traversarlo con cautela data l'instabilità. Ci si riaggancia così alla cengia principale, pure protetta da paletti, affrontando un breve scivolo su prato umido, reso oltremodo problematico da una grossa pianta caduta da superare. Poi si riprende, solcando un'altra scura valletta, giungendo alfine allo scoperto su ampi prati di paglia "saponetta", ove far sempre attenzione, in vista ormai del Monte Lema. Da qui, senza traccia obbligata, si può salire in diretta al Poncione di Breno dal versante est, ma proseguendo lungo l'evidente, benchè inerbato, sentiero ci si ricollega al percorso Lema-Tamaro intorno ai 1500 metri, scendendo in breve alla Forcola d'Arasio (m.1481).
Di fatto credo che il sentiero sia tranquillamente recuperabile, anche perchè molto bello, selvaggio, ombroso e suggestivo: non sarebbe male che il CAS possa operare in tal senso. Speriamo bene.
La discesa a Breno è stupenda, offrendo prima dell'Alpe Tramboschino una superba e ingegnosa scalinata che s'inoltra in suggestiva faggeta sotto il selvaggio versante NE del Monte Lema, ove avvisto i camosci. Il sentiero scende ripido nel "vallone" in pineta giungendo al torrente e al bivio per Miglieglia, che con gradevole saliscendi giunge su asfalto poco prima del paese. Da Miglieglia prendo il sentiero più "alto", che riprende quota prima di scendere al Mulino di Vinera e risalire infine a Novaggio.
Bellissimo e appagante giro tra Val Veddasca e Malcantone.
Avanti così.
NB. Agra-Curiglia-Viasco-Viaschina T1 - Viaschina-Alpe Cortetti T2 - Alpe Cortetti-Monte Magino T4/T4+ - Monte Magino-Alpe Mageno T2 - Alpe Mageno-Forcola d'Arasio T3+ - Forcola d'Arasio-Miglieglia-Novaggio T2
Da Curiglia seguo la forestale che, transitando poco sopra le baite di Viasco (m.813), s'incunea dolcemente nel profondo solco della Valle Viaschina e raggiungerne il torrente, proprio nel punto in cui si forma una splendida forra. Fin qui tutto su agile forestale, ora ripido sentiero a zig-zag che permette di giungere ai ruderi dell'Alpe Cortetti, ove il sentiero marcato prosegue verso Monteviasco. Breve pausa ristoratrice e punto della situazione: il pendio punta al rilievo secondario del Monte Magino (m.1589), a metà tra il Poncione di Breno (m.1654) e il Monte Magno (m.1636). A un certo punto dovrei incontrare un vecchio sentiero in direzione E che andrebbe a toccare l'alpe più perduta del varesotto, ovvero l'ormai sconosciuta Alpe Piancarossa. Di detto sentiero, iniziata la salita per un pendio solcato da un sentierino (non marcato) quasi sempre evidente, non ho trovato traccia, quindi presumo si tratti di un percorso "a naso", quantomeno da qui. Proseguo dunque senza problemi la mia salita, incontrando un paio di manufatti a secco, e svolgendo comunque una gran bella e piacevole ascesa nel bosco, interrotta brevemente da uno sperone roccioso che aggiro prima a destra quindi a sinistra. Al suo culmine un bello scorcio panoramico sulla Val Veddasca e la catena alpina dominata dal solito e maestoso Rosa.
Incrocio una pineta, oltre la quale dovrebbe trovarsi l'Alpe Piancarossa, e proseguo l'ascesa giungendo a un bello snodo in cui il pendio si biforca in due tronchi, ambedue molto ripidi. Benchè quello a destra sia roccioso ed invitante - ma all'apparenza tutt'altro che semplice per un suo evidente "salto" - scelgo quello a sinistra, più "umano" e fattibile.
Fuori dal bosco inizia la paglia, e c'è da stare attenti perchè molto scivolosa, tanto che i residui di neve dura da gradinare son molto più sicuri da affrontare. Si giunge a un secondo sasso, prima di affrontare un breve ma ripido strappo al terzo, in cui la pendenza impone il classico "gattonage". Il terzo masso ha una bella roccia ma è impegnativo, pertanto con cautela si aggira (moderatamente esposto) a destra salendo al suo culmine: tecnicamente è l'unico passaggio impegnativo, più che altro per la paglia scivolosa su cenge strette. Superato l'ostacolo non rimane che salire una breve ganna, un'altro insidioso pendio erboso ove si trovano i miseri resti di un recinto in legno, probabilmente del confine di stato, giungendo con qualche passaggino facile in cima all'anonimo Monte Magino (m.1589), meno profilato della poco più distante Cima m.1583, che raggiungo in pochi minuti e su cui effettuo la sosta pranzo. Bella salita in bell'ambiente, divertente e impegnativa quanto basta, senza eccessivi patemi o problemi tecnici.
Potrei accumulare altre cime e dislivello, ma va bene così, pertanto proseguo per lo Zottone (m.1544), rivolgendomi tranquillamente all'Alpe di Mageno (m.1290): mentre scendo vengo attratto dal bel profilo del Poncione di Breno - già affrontato l'autunno scorso da questo versante - con cui ho un piccolo conto in sospeso. Non tanto con la cima, assai ostica e impervia da questo suo versante N, quanto col vecchio sentiero che lo aggira (un tempo marcato sia su CNS che su Kompass) risalendo alla Forcola d'Arasio, di cui un cacciatore mi accennò definendolo "un pò brutto". Lo percorro, evidentissimo e ampio, seppur a tratti un pò invaso dalle pessime ginestre, giungendo al punto in cui l'avevo abbandonato la volta precedente e proseguendo pertanto la sua traversata. Gradualmente si restringe e va posta attenzione per le foglie e la paglia, aggirando un ripidissimo costone e giungendo al centro di un impressionante canale praticamente verticale, autentico "cuore" del Poncione di Breno. Bello ma improponibile.
Qui in effetti è "un pò brutto", perchè una frana ha interrotto il sentiero, tuttavia deviato e ben indicato da segnaletica "semi-ufficiale" CAS. Si scende in una valletta franosa, protetta da paletti metallici, per giungere nel canale e traversarlo con cautela data l'instabilità. Ci si riaggancia così alla cengia principale, pure protetta da paletti, affrontando un breve scivolo su prato umido, reso oltremodo problematico da una grossa pianta caduta da superare. Poi si riprende, solcando un'altra scura valletta, giungendo alfine allo scoperto su ampi prati di paglia "saponetta", ove far sempre attenzione, in vista ormai del Monte Lema. Da qui, senza traccia obbligata, si può salire in diretta al Poncione di Breno dal versante est, ma proseguendo lungo l'evidente, benchè inerbato, sentiero ci si ricollega al percorso Lema-Tamaro intorno ai 1500 metri, scendendo in breve alla Forcola d'Arasio (m.1481).
Di fatto credo che il sentiero sia tranquillamente recuperabile, anche perchè molto bello, selvaggio, ombroso e suggestivo: non sarebbe male che il CAS possa operare in tal senso. Speriamo bene.
La discesa a Breno è stupenda, offrendo prima dell'Alpe Tramboschino una superba e ingegnosa scalinata che s'inoltra in suggestiva faggeta sotto il selvaggio versante NE del Monte Lema, ove avvisto i camosci. Il sentiero scende ripido nel "vallone" in pineta giungendo al torrente e al bivio per Miglieglia, che con gradevole saliscendi giunge su asfalto poco prima del paese. Da Miglieglia prendo il sentiero più "alto", che riprende quota prima di scendere al Mulino di Vinera e risalire infine a Novaggio.
Bellissimo e appagante giro tra Val Veddasca e Malcantone.
Avanti così.
NB. Agra-Curiglia-Viasco-Viaschina T1 - Viaschina-Alpe Cortetti T2 - Alpe Cortetti-Monte Magino T4/T4+ - Monte Magino-Alpe Mageno T2 - Alpe Mageno-Forcola d'Arasio T3+ - Forcola d'Arasio-Miglieglia-Novaggio T2
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