Piz de la Palù 3175 e 3179mt
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(Giorno 1) : Un bel Tremila tutto da rivalutare
Appuntamento annuale con la due giorni in rifugio, quest’anno optiamo per il “servito”, e non l’autogestito, siamo purtroppo solo in tre (su sei), inoltre chef e vice-chef sono acciaccati. Torniamo alla Baita del Capriolo, ci siamo già stati nel 2010, proprio per tentare la stessa meta, ma meteo particolarmente avverso ci avava fatto desistere, deviando per un giro di traversi. Questa baita è un ristorante con camere/camerate come un rifugio, ma dotato di ogni confort (bagni e doccie), e la cucina merita davvero. La squadra del gestore Valentino Curti, ti mette subito a tuo agio con cortesia e ottimi piatti. Ci si arriva in auto risalendo la Val d’Avers (uscita autostradale tra Sufers e Andeer), la si risale fino a dopo Innerferrera, deviazione a destra per Val di Lei. A Q1900 si arriva alla galleria con semaforo (aperta dalle 05:00 alle 23:00), lunga poco meno di 1km, ed in breve si raggiunge la diga della Val di Lei. Attraversata la corona della diga si sale sul lato opposto, ritornando in territorio Italiano. Troviamo una chiesetta, dove una lapide ricorda 10 operai morti durante i lavori di costruzione della diga, a sinistra la strada sterrata (a pagamento) che costeggia per ben 8km il lago, mentre a destra si raggiunge la Baita del Capriolo ( e proseguendo l’Alpe del Crot e l’Alpe Motta, dove termina la strada. Noi ci fermiamo alla baita del Capriolo, parcheggiamo ed iniziamo la nostra escursione. Va detto subito, uscendo dalla galleria la possente mole del Piz del la Palù è proprio davanti a noi, stupenda anche dal parcheggio del rifugio, sembra vicina, ma … l’apparenza inganna. Qualche numero per rendersi conto: prima di tutto NON ci sono sentieri, la salita è ad intuito, poi 3Km e poco più di 1200mt di dislivello, pura e completa salita spaccagambe.
In cammino alle 08:00, il nostro primo tratto è leggermente diverso da quello di Il punto fondamentale invece è sapere che la salita dai 2800/2850mt alla cima avviene sulla ben visibile cresta Est. Dal basso la prima parte è su erba e pini, dai 2100/2400 ancora prato e cespugli, qualche breve tratto piano, dove peraltro si trova una zona paludosa, da qui petriesco molto instabile, meglio cercare l’erba anche tra le peitraie. Poco sopra i 2800mt vi si dirige verso la cresta, qui qualche ometto ci fa capire di essere “in traccia”, anche se di sentiero no se ne parla. La vetta è sempre sopra le nostre teste, ma se alla mattina svettava in un bel cielo blu, ora è contronata da nuvolaglia piuttosto minacciosa, eppura hanno dato acqua dopo le 15:00. Paolo ed Angelo fanno strada, e arrivano in vetta ben 45min prima di me, il mio poco fiato mi obbliga a parecchie soste, soprattutto negli ultimi 200mt, che non finiscono mai. Loro possono godere del panorama in tutte le direzioni, dal lago dello Spluga, il Bertacchi ed il suo laghetto, tutto il lago di Lei nella sua estensione, il pizzo Stella. Io arrivo in cima alle 12:30, sono comunque felicissimo di questa mia fatica, ma purtroppo non posso godere del panorama, siamo dentro un nuovolone scuro che non ti fa vedere a 5mt … Le cime sono due una a 3172 e l’altra a 3179, distante neppure una decina di metri. Gli ometti di vetta ed i paletti di legno (foto di Siso e Stephan) sono distrutti, Paolo aveva già in programma un’ampia ristrutturazione degli ometti, ma si mette a piovigginare e quasi immediatamente a grandinare. Fortunatamente poco sotto la vetta c’e’ un anfratto dove riusciamo a ripararci. Si riesce solo a stare seduti senza allungarsi, ed in fila indiana. Pranziamo cercando di riposare anche se la posizione è scomoda, sembriamo tre pipistrelli stretti in una grotta. La pioggia aumenta, ed iniza a filtrare nella cavità dove abbiamo trovato riparo, alle 13:30 decidiamo di scendere, tanto ci bagnamo anche nel riparo. La discesa ci preoccupa un po’, intendiamoci non c’e mai esposizione, la cresta è larghissima, ma gli ultimi 300/400mt di dislivello sono su pietrame che bagnato diventa particolarmente viscido. Bastoncini nello zaino e via, appoggiando le mani dove possibile e qualche volta anche il posteriore. Quando la pietraia diventa di sassi più piccoli andiamo a cercare i pochi tratti di terriccio, che in salita abbiamo evitato con cura perché non tenevano ma ben bagnati fanno presa. Esce il sole, passiamo da felpa e Kway a manica corta, ci fermiamo spesso sulla cresta a rinforzare i pochi ometti, Paolo ne ha creato uno di dimensioni cospique, sembra di esseere in vetta. Abbandoniamo la cresta attorno Q2850, come all’andata e tagliamo in diagonale su terreno molto ripido ed erba bagnata. Nella zona delle paludi, sotto una bastionata rocciosa, ci sono ruscelli ottimi per dissetarsi e per una breve pausa. Poi riprendiamo la discesa, interminabile, e negli ultimi 200mt ancora sotto la pioggia. Arriviamo alla Baita del Capriolo, ora possiamo finalmente riposare, fare una doccia e mettere le gambe sotto il tavolo davanti ad una birra, antipasto, pizzoccheri, polenta e brasato, dolce, caffè e grappa. Un premio meritato, non vi pare? A tavola decidiamo cosa fare il giorno dopo, non se ne parla di farsi altri 1000/1200 di dislivello senza sentiero, ragionando sulla cartina puntiamo a fare il Passo dell’ Angeloga, dopo aver raggiunto la cima del lago in auto, ci permette di capire se le gambe sono di legno, di prendercela più comoda e tornare per pranzo ancora qui al Capriolo. Ma questa ve la racconto nella prossima relazione.
Vale di Lei – Storia (da Wikipedia): La valle fu acquistata nel 1462 dal comune di Piuro come territorio di pascolo, seguendone in tutto e per tutto le vicende: come l'intera Valchiavenna fece parte prima del Ducato di Milano, poi della Repubblica delle Tre Leghe per confluire quindi nella Svizzera. Nel 1797 entrò nella Repubblica Cisalpina, e dopo il Congresso di Vienna, nel Regno Lombardo-Veneto, per finire da ultimo al Regno di Sardegna e quindi al Regno d'Italia[1].
Storicamente la Val di Lei è abitata solo da maggio sino ad ottobre: prima della costruzione della diga veniva usata come alpeggio estivo per tutta la propria estensione, mentre dopo il riempimento del bacino (1962) sono rimasti attivi i soli pascoli sui monti circostanti, che consentono comunque un'attività ridotta. Gli unici due insediamenti italiani sono la Baita del Capriolo a Nord e l'Alpe del Nido a Sud. La diga, posta in territorio svizzero, è quasi del tutto automatizzata, rendendo eventuale la presenza umana.
Vi è una sola strada carrozzabile che giunge in Val di Lei: costruita contemporaneamente alla diga, diparte da Innerferrera (nel comune svizzero di Ferrera) e giunge prima in località Baita del Capriolo, vicino al coronamento dell'impianto idroelettrico per poi, su tracciato sterrato prospiciente il lago, terminare all'Alpe del Nido.
La Val di Lei è collegata alle valli adiacenti mediante una fitta rete di sentieri: alla Val Bregaglia (S) tramite la Valle dell'Acquafraggia e il Passo di Lei, alla Valle Spluga (O) tramite il Passo dell'Angeloga (dal Rifugio Chiavenna), alla Val d'Emet (O) tramite il Passo dello Sterla, e alla Val Ferrera (N) grazie al sentiero che risale da Innerferrera.
Per le esigenze del cantiere della diga, nel 1957 vennero costruite e messe in funzione due funivie, ciascuna lunga 15 km: partendo da Campodolcino (località Tini), risalivano la Valle della Rabbiosa per poi entrare in Val di Lei dal Passo di Angeloga. Successivamente alla costruzione della strada carrozzabile, gli impianti di trasporto furono quasi completamente smantellati, lasciando alcuni edifici che fungono da esempio di archeologia industriale.
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La 2 giorni della Girovagando questa volta e' in forze ridotte .
Devo dire che dall'ultima volta la cucina e' diventata piu' da ristorante che da rifugio. Si sale a intuito percorrendo una diagonale verso sinistra cercando poi di raggiungere la cresta circa a quota 2850 metri . Ogni tanto si intravede qualche debole traccia di sentiero e si capisce subito che la zona e' molto poco frequentata. La salita e' intensa e non molla mai se non in prossimita di quota 2600 dove c'e un falso piano con scoli d'acqua. Puntando sempre la cresta si sale ancora piu' ripidi su terreno misto terra sassi e prati pieni di fiori di arnica . Arrivati in cresta troviamo segni di passaggio con ometti che provvederemo a consolidare durante la discesa. La cresta e' molto ripida fino alla sommita' ma qui sono solo sassi sempre piu' grossi e a volte instabili. Arrivati in vetta mi guardo intorno controllo il gps e mi accorgo che la cima e' suddivisa in due vette praticamente simili come altitudine ma che si affacciano su panorami diversi pur essendo molto vicine tra loro.
Mi attivo subito a scattare foto e a cercare di intuire i nomi delle cime gia' visitate poi vedo Giorgio che sta arrivando e nello stesso momento sentiamo delle gocce di pioggia. Nel giro di pochi minuti il paesaggio sparisce coperto da nuvole e nebbia che ci regalano una bella grandinata.
Va bene cosi' , fa parte della montagna che in un attimo cambia il suo aspetto senza preavviso. Avevamo ovviamente monitorato le previsioni meteo ma purtroppo sono solo previsioni...
Paolo
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Altre foto, diario, tracce sul nostro sito www.girovagando.net escursione # 315
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Kommentare (19)