Attraversata della Bocchetta di Medaccio
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Un altro di quegli itinerari in traversata che in Valmasino, al di fuori dal tracciato del Sentiero Roma, non hanno mai raggiunto alcuna popolarità nonostante le innegabili qualità dell'interesse escursionistico e soprattutto panoramico. Ad onor del vero, c'è da riferire della recente segnalazione di quanto rimane del sentiero con bei tratti rossi fino alla bocchetta; per quanto riguarda la facile traversata della testata della Val Ligoncio-Valle dell'Oro fino al Rifugio Omio - non sempre intuitiva nei più comodi passaggi - occorre confidare in vecchissime bandierine CAI e in più recenti (ma un po' troppo mimetiche) pennellate bianche. Si diceva del panorama: questo versante - facilmente anche se non comodamente raggiungibile - è l'unico punto da cui con un solo sguardo di ampiezza straordinaria si possono contemplare Valle Porcellizzo, Valle dei Bagni e Valle di Mello.
La nostra via di discesa, alquanto insolita e parzialmente al di fuori da sentieri ben visibili, è giustificata solo dal fatto che nessuno di noi aveva alcuna voglia di percorrere per l'ennesima volta il classico percorso del Rifugio Omio con l'affollamento domenicale; a chi non è abituale frequentatore di queste zone e non risente del problema della noia, conviene senz'altro raggiungere il rifugio, ormai ben visibile dal punto della nostra deviazione.
Dal piccolo parcheggio all'esterno dell'ultimo tornante della provinciale, si va a seguire per poche decine di metri la carrozzabile e, oltrepassato l'edificio isolato dell'ex albergo Belvedere, si trova subito sulla sinistra l'imbocco del sentiero, con indicazione "Cascata". Inizia subito una ripida salita al margine orientale della splendida Foresta Regionale dei Bagni del Masino, fra abeti e faggi che ombreggiano un versante affollato di massi muschiosi: la comoda traccia, che qua e là mantiene la sua antica struttura acciottolata e gradinata, nell'avvicinarsi al solco della Valle Merdarola, scende di parecchi metri fino a poter affrontare il guado posto alla base della bella cascata presentata come unica meta all'inizio del sentiero. Da qui e fino al raggiungimento del circo terminale presso la Casera Merdarola, il sentiero si alza a lunghi traversi immerso - e non sempre ben identificabile, se non fosse per la recente segnaletica a terra - fra alte erbe, cespugli di rododendri e vaste plaghe di ontani, in assenza di vegetazione arborea a testimonianza della cospicua attività valanghiva della vallata. [Personalmente ricordo, a fine anni '980, una parziale distruzione del fondovalle fino oltre il nostro odierno parcheggio]. Si procede quindi verso destra (nordovest) quasi in piano attraverso il terrazzo pascolivo che ospita i ruderi di alcune baite sparse; affiancando gli scivoli monolitici delle Punte Medaccio e Fiorelli, si riprende la salita, fra piode affioranti ed estese gande, tendendo all'ampia apertura - ben visibile - della Bocchetta Medaccio, aperta fra la Punta Fiorelli e la Punta Virgilio, ambedue ospitanti notevoli vie moderne d'arrampicata. Dalla bocchetta si apre - più vertiginosa a vedersi che poi a percorrersi - la profonda spaccatura di un canalone ghiaioso e sassoso, che bisogna avere l'accortezza di scendere senza smuovere pietrame né qualche masso in bilico, terminante all'estremità meridionale del duplice ampio circo della Val Ligoncio e della Valle dell'Oro. Da qui si intraprende il lungo trasferimento in direzione del visibile Rifugio Omio: la poca e sbiadita segnaletica segue prevalentemente passaggi erbosi evitando il più possibile le scenografiche placconate rocciose e le colate di sfasciumi, perdendo progressivamente quota. Quota che sarà poi gradualmente recuperata in prossimità del rifugio, andando a confluire nella traccia discendente dal Passo della Vedretta. Per quanto riguarda invece il nostro percorso, una volta individuata la posizione - ben visibile - della Casera Ligoncio, al margine fra pascoli e bosco di abeti, abbiamo intrapreso a vista la discesa di un vago avvallamento secondario della Val Ligoncio: il terreno non è ideale, i cespugli di ginepro strisciante e rododendro proliferano, il pascolo è assai spesso impaludato, ma la linea è diretta e veloce. Qua e là si usufruisce di blande tracce, residuo dei passaggi verso isolate aree pascolive sparse alle pendici delle cupe muraglie di Medaccio e Fiorelli, rimaste leggibili soprattutto attraverso le aree ad ontani; dalla Casera Ligoncio (abbandonata da una quindicina di anni), si scende nel prato sottostante fino a ritrovare il sentiero quando entra nel bosco: è quanto rimane di una larga mulattiera gradinata che serpeggia regolarmente attraverso un'alta abetaia, che scende in parallelo a quota più bassa rispetto al normale percorso del Rifugio Omio. Ormai quasi in piano, confluisce quindi in quest'ultimo, nei pressi della cascata della Val Porcellizzo. Da qui, dapprima attraverso le inutilizzate strutture delle terme dei Bagni del Masino, poi lungo la provinciale nella Foresta Regionale, si torna al punto di partenza.
https://www.relive.cc/view/g22679888263
La nostra via di discesa, alquanto insolita e parzialmente al di fuori da sentieri ben visibili, è giustificata solo dal fatto che nessuno di noi aveva alcuna voglia di percorrere per l'ennesima volta il classico percorso del Rifugio Omio con l'affollamento domenicale; a chi non è abituale frequentatore di queste zone e non risente del problema della noia, conviene senz'altro raggiungere il rifugio, ormai ben visibile dal punto della nostra deviazione.
Dal piccolo parcheggio all'esterno dell'ultimo tornante della provinciale, si va a seguire per poche decine di metri la carrozzabile e, oltrepassato l'edificio isolato dell'ex albergo Belvedere, si trova subito sulla sinistra l'imbocco del sentiero, con indicazione "Cascata". Inizia subito una ripida salita al margine orientale della splendida Foresta Regionale dei Bagni del Masino, fra abeti e faggi che ombreggiano un versante affollato di massi muschiosi: la comoda traccia, che qua e là mantiene la sua antica struttura acciottolata e gradinata, nell'avvicinarsi al solco della Valle Merdarola, scende di parecchi metri fino a poter affrontare il guado posto alla base della bella cascata presentata come unica meta all'inizio del sentiero. Da qui e fino al raggiungimento del circo terminale presso la Casera Merdarola, il sentiero si alza a lunghi traversi immerso - e non sempre ben identificabile, se non fosse per la recente segnaletica a terra - fra alte erbe, cespugli di rododendri e vaste plaghe di ontani, in assenza di vegetazione arborea a testimonianza della cospicua attività valanghiva della vallata. [Personalmente ricordo, a fine anni '980, una parziale distruzione del fondovalle fino oltre il nostro odierno parcheggio]. Si procede quindi verso destra (nordovest) quasi in piano attraverso il terrazzo pascolivo che ospita i ruderi di alcune baite sparse; affiancando gli scivoli monolitici delle Punte Medaccio e Fiorelli, si riprende la salita, fra piode affioranti ed estese gande, tendendo all'ampia apertura - ben visibile - della Bocchetta Medaccio, aperta fra la Punta Fiorelli e la Punta Virgilio, ambedue ospitanti notevoli vie moderne d'arrampicata. Dalla bocchetta si apre - più vertiginosa a vedersi che poi a percorrersi - la profonda spaccatura di un canalone ghiaioso e sassoso, che bisogna avere l'accortezza di scendere senza smuovere pietrame né qualche masso in bilico, terminante all'estremità meridionale del duplice ampio circo della Val Ligoncio e della Valle dell'Oro. Da qui si intraprende il lungo trasferimento in direzione del visibile Rifugio Omio: la poca e sbiadita segnaletica segue prevalentemente passaggi erbosi evitando il più possibile le scenografiche placconate rocciose e le colate di sfasciumi, perdendo progressivamente quota. Quota che sarà poi gradualmente recuperata in prossimità del rifugio, andando a confluire nella traccia discendente dal Passo della Vedretta. Per quanto riguarda invece il nostro percorso, una volta individuata la posizione - ben visibile - della Casera Ligoncio, al margine fra pascoli e bosco di abeti, abbiamo intrapreso a vista la discesa di un vago avvallamento secondario della Val Ligoncio: il terreno non è ideale, i cespugli di ginepro strisciante e rododendro proliferano, il pascolo è assai spesso impaludato, ma la linea è diretta e veloce. Qua e là si usufruisce di blande tracce, residuo dei passaggi verso isolate aree pascolive sparse alle pendici delle cupe muraglie di Medaccio e Fiorelli, rimaste leggibili soprattutto attraverso le aree ad ontani; dalla Casera Ligoncio (abbandonata da una quindicina di anni), si scende nel prato sottostante fino a ritrovare il sentiero quando entra nel bosco: è quanto rimane di una larga mulattiera gradinata che serpeggia regolarmente attraverso un'alta abetaia, che scende in parallelo a quota più bassa rispetto al normale percorso del Rifugio Omio. Ormai quasi in piano, confluisce quindi in quest'ultimo, nei pressi della cascata della Val Porcellizzo. Da qui, dapprima attraverso le inutilizzate strutture delle terme dei Bagni del Masino, poi lungo la provinciale nella Foresta Regionale, si torna al punto di partenza.
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