Passo S del Ramulazz (2615 m)
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Oggi è una splendida giornata estiva: la dedico alla scoperta del Val Combra, una laterale della Val Malvaglia che non ho mai visitato.
Il toponimo Combra deriva dal latino Cumulus ed ha il significato di cumulo, colmo, mucchio, terrazzo, con riferimento probabilmente all’insediamento di Combra (1181 m) nella valle omonima.
Il toponimo Ramulazz o Remulazz significa rafano o rapanello. In questa valle, nonché in quella sul versante calanchino, è probabile che si riferisca al Ramolaccio selvatico o Ravanello selvatico ossia al Raphanus raphanistrum, del quale si mangiano le foglie in insalata e le radici fritte nell’olio. Il nome Raphanus deriva dal Greco Raphanos, in riferimento alla rapida germinazione dei semi.
Inizio dell’escursione: ore 7:22
Fine dell’escursione: ore 16:37
Pressione atmosferica, ore 9.00: 1023 hPa
Temperatura alla partenza: 12,5°C
Temperatura al rientro: 31,5°C
Isoterma di 0°C: 4000 m
Velocità media del vento: 4 km/h
Sorgere del sole: 5:49
Tramonto del sole: 21:11
La sveglia oggi suona alle 5:00; alle 7:20 sono pronto alla partenza dal parcheggio poco prima della corona della diga della Val Malvaglia. L’escursione si svolge per le prime due ore nell’ombra mattutina, motivo per il quale le foto che illustrano la prima parte della salita sono state scattate in buona parte durante la discesa. Occorre subito sottolineare che lo sbarramento, alto 92 m, ha una notevole doppia curvatura, sia orizzontale che verticale: fa abbastanza impressione. Percorro i 292 m della corona camminando rigorosamente al centro, con la testa bassa. All’estremità sud devo imboccare immediatamente una galleria, lunga circa 150 m, percorribile anche con l’auto. All’uscita trovo un posteggio per una dozzina d’auto, completamente occupato. Inizia la salita, in buona parte nel bosco, su una stradina sassosa, percorribile solo con dei mezzi fuori strada tipo Quad. Passo da diversi insediamenti: Ciuéi (1090 m), Combra (1181 m), Pianezzo (1223 m). Qui incontro la prima persona, un alpigiano che sta falciando. Spegne la falciatrice e scambia qualche parola; è il “guardiano della valle”, lo ribadisce anche con un cartello che ha posizionato presso una statuina fissata su un macigno davanti alla sua baita. La statua rappresenta un soldato che impugna il fucile. C’è un fortissimo contrasto tra la luce intensa del cielo e l’ombra scura della valle. All’alpeggio successivo, Cusnich (1420 m), si stanno svolgendo degli importanti lavori per fare la scorta di legna. Qui dev’esserci un abile boscaiolo, lo si capisce immediatamente dalla cura con cui ha tagliato gli abeti, da come ha lasciato i ceppi, ben sagomati, dalla perfezione delle cataste, e dalla statua di legno sulla fontana, un bellissimo stambecco: complimenti! È l’unica malga della valle caricata anche con delle bovine, tutte scure. Il toponimo potrebbe derivare da “Curnisc”, con il significato di “canaletto per lo scolo degli escrementi” oppure “acquedotto di pietra” o “ruscello”.
La camminata continua ancora nell’ombra mattutina fino all’Alpe di Pulgabi (1611 m): sono le 9:10 e finalmente arriva il sole! Qui mi concedo una bella pausa e faccio il pieno d’acqua. Un originale segnavia di pietra, fissato ad un palo, mi indica la direzione da seguire per raggiungere l’alpeggio rimanente, quello più elevato: Caldözz, il cui toponimo promette una zona soleggiata e calda (dal latino calidus, caldo).
Il sentiero si impenna: le numerose serpentine e l’ombra della pecceta rendono comunque meno penosa la salita. Mi imbatto in due bellissimi camosci che scendono a rotta di collo: troppo veloci per poterli fotografare. Poco prima delle 10:30 pervengo all’Alpe di Caldözz (2041 m), anche questa disabitata. Cammino da tre ore ed ho raggiunto la meta che mi ero prefissato. Il paesaggio si apre, là in alto scorgo un “Vadrecc”, un piccolo ghiacciaio sui fianchi del Pizzo del Ramulazz e del Piz di Strega: decido di continuare ancora per un po’ “per vedere cosa c’è dopo il motto”. Sono i paesaggi che più ammiro, mi spiace fermarmi all’alpe. L’appetito vien mangiando; superato il dosso successivo l’ambiente diventa ancora più suggestivo, il tempo è bellissimo e non sono stanco: decido di continuare fino al passo. Il sentiero pian pianino svanisce nel nulla. Rimangono alcuni sbiaditi segnavia a vernice di colore bianco-rosso, molto distanti l’uno dall’altro. Grazie alla perfetta visibilità non ho comunque difficoltà nel trovare il percorso più logico, sempre vicino al Riale Val Combra. Nella parte più alta entro in un vallone ricoperto dal nevaio: nel limite del possibile sfrutto la neve, anche se in prossimità dei macigni devo essere molto guardingo, per via degli improvvisi cedimenti che creano delle profonde buche molto pericolose. La spessa coltre è ricoperta da curiose macchie circolari costituite da chicchi di grandine saldati tra di loro. In un tratto dove il torrente è molto incassato, aggiro l’ostacolo a sinistra camminando su macigni instabili. La croce del valico è sempre più vicina; è come se mettessi le ali. Immortalo gli ultimi metri di salita con un filmato; non capita frequentemente di arrivare dopo oltre 5 h di cammino, con più di 1600 m di dislivello, a oltre 2600 m di quota, con queste condizioni meteorologiche: con grande soddisfazione posso affermare Passo Sud del Ramulazz (2615 m) geschafft!
Tutto il resto è silenzio!

Bellissima escursione nella selvaggia Val Combra in una giornata perfetta: grazie Ramulazz, grazie Ravanello!
Tempo di salita: 5 h 10 min
Tempo totale: 9 h 15 min
Dislivello in salita: 1624 m
Sviluppo complessivo: 17,7 km
Difficoltà: T3
Coordinate Passo Sud del Ramulazz: 727'098 / 140'437
Libro di vetta: sì
Copertura della rete cellulare: buona
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