Mött di Pégor (2169 m)
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Partenza di buon’ora da Gordevio, zona cimitero (noto successivamente che esiste anche una strada che comincia ancora prima di entrare in paese, a destra, e che permette di guadagnare circa 200 metri di dislivello). Dai vicoli del paese salgo su sentiero in direzione di Archeggio (incantevole monte), incontrando anche la strada di cui sopra, e raggiuntolo, tralascio il sentiero a sinistra per Brunescio e mi dirigo invece a destra verso le baite di Chimoi e portandomi poi al bivio di Ör. Qui continuo la salita con interminabili tornanti su terreno aperto tra felci e ginestre e qua e là grossi alberi di castagno ormai privi di vita. Raggiungo poi Mergozzo dove si nota, come già a tratti nella zone precedente, un gran fervore edilizio nel riattare ed abbellire i rustici qui presenti. Uno in particolare mi lascia davvero a bocca aperta: piccolo ma con un’attenzione ai particolari direi quasi maniacale, pietra alla base e legno nelle zone superiori (anche se la mia descrizione è molto approssimativa, penso che sia passato da quelle parti l’avrà certamente notato… e riconosciuto!). La pendenza aumenta, in alto a sinistra si nota già la croce dell’Alpe Pizzit, ma mancano ancora 400 metri. Continuo a salire ed arrivato alla croce dell’Alpe comincio a rendermi conto che la neve mi permetterà di salire ancora per un bel po’. Lei è presente, sì, ma può anche essere evitata, salendo sul lato destro della Costa della Motta. Alla successiva Alpe Pizzit superiore, trovo un cubo in pietra in memoria di Gianni Goltz, alpinista di Avegno tragicamente scomparso sull’Everest due anni fa. Ricordo ancora il documentario commemorativo trasmesso dalla TSI non molto tempo fa. Allontano i pensieri tristi salendo ancora più in alto, tralasciando il sentiero che porta alla Bocchetta di Orgnana, molto innevato, e che non mi porterebbe su nessuna cima, dato che sia la Cresta per il Pizzo d’Orgnana che quella per il Pizzo di Corbella paiono sommerse, ed immerse, nella neve. L’escursione la considero ancora “estiva”, quindi non ho con me le racchette da neve (che comunque, in certe zone rocciose, come quelle delle creste appena citate, servono a ben poco). Salgo diritto, senza più sentiero, evitando quando possibile la neve, e calpestandola quelle poche volte che diventa necessario. Il pendio è molto ripido, ma l’erba sottostante rende l’incedere privo di rischi. Ormai riconosco la meta odierna, il Mött di Pégor: devo solo prestare attenzione all’ultimo tratto dove proprio mi è impossibile evitare la neve e quindi segno con attenzione il percorso affondando gli scarponi nella neve. A pochi metri dalla cima incrocio la VAVM (Via Alta Valle Maggia) e, proseguendo, eccomi arrivato! Qui prendo atto che il pur vicinissimo Pizzo d’Orgnana (mancherebbero solo 50 metri di dislivello, e poche decine di metri di distanza) è separato dal Mött di Pégor da una cresta composta da pietroni semisommersi dalla neve e che dal lato della Val Verzasca lo scoscendimento è totale. Do quindi l’appuntamento al P.d’Orgnana al 2011. La visione del Poncione d’Alnasca e della Föpia innevati - salvo naturalmente le pareti verticali - dall’altra parte della valle, mi fanno riconsiderare l’ascensione odierna come l’ennesima puntata della ricerca della prospettiva perfetta per queste due montagne perfette. Ma in realtà non esiste la prospettiva perfetta, ogni angolazione ha il suo fascino e come tale deve essere vissuta! Mi godo, ma non per molto, la visione delle vette della Verzasca innevate (P.Rosso compreso!), e poi mi abbasso di qualche metro sul lato della Val Maggia per il pranzo, visto che sulle zone sommitali non c’è nemmeno un angolino libero dalla neve per sedersi e sistemare lo zaino. Da qui ho comunque sott’occhio tutto il filo di creste dal Pizzo della Trosa fino alla Cima di Nimi. Oltre naturalmente alla parete Nord del Gridone, davanti a me. A fine pranzo mi incammino in discesa per la stessa via, e davanti al Pizzo di Corbella mi appare improvvisamente un aquila! Che visione stupenda, che brividi di libertà! Seguo lo stesso tragitto dell’andata fino a Ör, dove anziché ripassare da Archeggio, scendo invece direttamente verso Dömna e di qui, incontrando la strada che permette di abbassare il dislivello (che però io non ho percorso), fino a Gordevio. Tempistica: andata 4 ore e 30', ritorno 3 ore e 30'. Dopo aver raggiunto l’auto mi fermo ad Avegno a rinfrescare i piedi nella Maggia (1800 m di dislivello richiedono un simile rito): un tale più pazzo di me - siamo al 3 novembre! - dall’altra parte del fiume, nudo come una rana, si getta nelle rapide, da cui, dopo qualche minuto riappare. Il mondo è bello perché è vario.
Tourengänger:
tapio

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