Pizzo di Pioda (2678 m) - SKT
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“Massiccia montagna, sormontata da un becco roccioso, sulla dorsale tra la Scatta dei Croselli e la Satta del Forno” (Renato Armelloni, Alpi Lepontine). “Aperti pendii ad est, dove passa l’itinerario di salita, sono in contrasto con il versante occidentale caratterizzato da ripide pareti rocciose” (Massimo Gabuzzi, Scialpinismo, Guida CAS).
Prima della fine della stagione scialpinistica ci tenevo a chiudere il “Tris Cravariola”: un po’ al limite, ho comunque potuto suggellare queste salite cimalmottesi con la cima posta a metà strada tra i Croselli ed il Forno, cioè il bellissimo Pizzo di Pioda.
Riguardo al tragitto seguito, come già per il Forno, accantono i bizantini consigli del Gabuzzi (letto del Rio Colobiasca, Alpe Groppo, etc…) e, dopo aver toccato Corte Nuova, evitando anche l’Alpe Stufa, raggiungo direttamente Corte Lama, con un efficace taglio nel bosco.
Da qui, nonostante la teoria del Gabuzzi, secondo cui – se ho ben intenso – bisognerebbe risalire il pendio est, opto invece per la cresta NNE, andandola a prendere direttamente dalla Scatta dei Croselli. La scelta è dettata dal caldo: in queste condizioni, meno rimango sul ripido, meglio è.
Il Gabuzzi parla, per la sua via, di pendii sui 34°-36°. Il breve tratto ripido che ho percorso io tra la Scatta dei Croselli e la cresta NNE del Pizzo di Pioda penso presenti pendenze analoghe, (forse qualcosa in più, come un buon goniometro in combinazione con questa foto dimostra), e comunque al limite dell’inversione, giustificando così, anche se per un tratto limitato, l’AD riportato sulla guida.
Come dicevo, dalla Scatta dei Croselli raggiungo la cresta NNE del Pizzo di Pioda, oltrepassando il breve tratto delicato, dove verifico ad ogni singolo passo la tenuta della neve. Percorro tutta la cresta, inizialmente ampia, toccando una prima cupola nevosa (che potrebbe avere una sua distinta personalità come anticima nord, anche se non quotata) ; dopo una lieve discesa, procedo poi in ambiente impressionante, a metà strada tra cornici sull’Antigorio e salti di roccia sulla Cravariola; poi, nuova “bocchetta” (si fa per dire…) e risalita moderatamente ripida della pala finale. Eccomi sulla vetta effettiva del Pizzo di Pioda, con ometto, quotata 2678 m. Noto che ancora più a sinistra c’è un’altra cupola meno pronunciata con alcune infrastrutture di vetta. Ormai sono qui, vado a vedere.
Non volendo ancora spellare, visto che dovrò poi risalire, scendo con circospezione quella ventina di metri di dislivello (per sicurezza ho i rampanti montati, nonostante la neve molle…), con anche qualche passo a scaletta. I due baratri, uno a destra, impressionante, e uno a sinistra, non meno fatale in caso di volo, mi consigliano particolare prudenza.
Dalla sella tra le due cime, con veloce risalita arrivo a toccare anche la cima sud, quotata 2659 m. C’è anche qui un ometto; poi un pannello fotovoltaico ed infine una cosa che somiglia molto ad una lanterna. Scoprirò poi dalle foto estive di ciolly e
tignoelino che si tratta della croce di vetta, attualmente semisepolta, probabilmente posizionata sulla cima minore in quanto più visibile dal fondovalle antigoriano. Evidentemente la croce viene illuminata, data la presenza di una lampadina in cima alla “lanterna”, alimentata dal vicino pannello solare.
Mantengo le pelli sotto gli sci e torno verso la cima principale con breve risalita; poco sotto di essa spello e comincio la discesa. Passato il primo tratto con circospezione, trovo una neve ancora abbastanza dura e godibile sulla cupola nord. Il breve tratto che porta alla Scatta dei Croselli è invece in condizioni critiche: un indugio di troppo potrebbe far partire quella neve così surriscaldata assieme al sottoscritto. Passo con molta attenzione e dalla Scatta in poi mi godo la discesa, ancorché la neve sia ormai alla frutta, con questa canicola (a Cevio, sulla via del ritorno, 25°).
Da Corte Lama rimango alto e mi porto così sopra l’Alpe Stufa; però, ricordandomi di un breve passaggio in una gola con successiva risalita problematica, effettuato in discesa dalla Cima Lucia, torno sui miei passi e ricalco le orme dell’andata, tagliando il bosco e giungendo direttamente a Corte Nuova. Da lì seguo lo stesso tragitto dell’andata fino a Cimalmotto.
Come si sarà capito, sono (diventato) un estimatore della Valle Cravariola. Ambienti incontaminati, poco frequentati e ricchi di fascino, che non possono lasciare indifferenti che vi si avventura. Il Pizzo di Pioda non sfugge alla regola.

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