Pizzo d’Orsalietta (2476 m)
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In tema di montagne per me, ormai da tempo, il paradiso è nella Valle di Bosco. Ma finora la mia conoscenza partiva dal Madone / Batnall e arrivava al Pizzo d’Orsalia (attribuendo il Bombögn ed il Pizzo Quadro all’altro ramo della Rovana, cioè alla Valle di Campo). Oggi la visuale si è notevolmente ampliata: la Valle di Bosco non si ferma più al Pizzo d’Orsalia, ma prosegue fino al Madone di Camedo. E per cogliere uno dei frutti più succosi - per ora - di questo nuovo Eden, salgo al Pizzo d’Orsalietta.
Più che giustificato l’entusiasmo di Giuseppe Brenna nonché quello di Massimo Gabuzzi… parole veramente forti, che non è il caso qui di ripetere.
Un mondo di roccia, affascinante tanto quanto quello dello Strahlbann. Forse dovrei essere più distaccato: sono montagne anche queste, come tante altre. Però, sarà il sole, sarà l’aria della Bavona che passa oltre le creste, sarà forse che queste montagne hanno davvero qualcosa di magico: insomma, dopo lo Strahlbann, questo è un altro pezzo di Paradiso.
Parto da Camanói e seguendo il sentiero ottimamente curato raggiungo prima Campiòi e successivamente Corte Antico. Questo luogo, da solo, vale la salita. È un incanto, e non dico altro. Qui il sentiero termina, almeno per me, visto che la via ufficiale porta all’Alpe Màter e da lì a Bosco, oppure al Pizzo d’Orsalìa. Per evitare di perdere tempo nel bosco, salgo diretto in direzione delle bancate di roccia che scendono dal Madonino. In realtà questa scelta non è la migliore possibile, o meglio, interessante lo è senz’altro, ma di tempo se ne perde, eccome, restando sempre alti e costeggiando su ganne i muri di roccia che scendono prima dal Madonino e successivamente dal Pizzo della Rossa.
In prossimità di Süi l’Alp assumo una posizione più centrale e abbandono le ganne, per salire comodamente su ampi pascoli prativi. Mi dirigo, sempre in posizione centrale, verso quella che da sotto sembra la vetta del Pizzo d’Orsalietta, lasciandomi sulla destra la Bocchetta di Cerentino e andando solo a sfiorare la Bocchetta del Madone.
La prima parte della salita terminale si svolge su pietroni. Come detto non tocco la Bocchetta del Madone, ma rimango leggermente più a destra. Intravedo una bella cengia che va nella direzione giusta. La raggiungo superando alcune roccette e la percorro integralmente, rimanendo sempre sul fianco SE del Pizzo.
La cengia è esposta, comunque con un po’ di attenzione alla fine riesco a salire al di sopra di essa e a raggiungere la cresta. Non passa molto tempo ed eccomi sulla prima cima, la SE, dotata di un grande ometto.
Da lì proseguo come dice il Maestro (“abbassandomi di alcuni metri verso NW per aggirare un torrione sul suo fianco W”), superando una cengia abbastanza esposta. Ritornato in cresta, con facili passaggi su blocchi raggiungo la cima principale, di pochi metri più alta di quella che la precede.
Sotto di me, “la summa della montagna ticinese”: non solo la Ciavena Alta, ma anche il Pizzo della Cazzana, il Piatto di Cranzünasc, l’Alpe d’Orsalia, la Val Calnègia, insomma luoghi mitici dell’alpinismo e della civiltà alpestre di un tempo che fu.
Sulla cima principale c’è una pala di pioda a mo’ di ometto e, sulla destra, sopra un masso in equilibrio su di un altro, un piccolo ometto. Difficile dire quale sia il punto più alto. Salgo su entrambi, ma sul masso in equilibrio rimango giusto il tempo di una foto: non vorrei che il suo equilibrio lo perdesse proprio adesso…
Per quanto riguarda la difficoltà, il Brenna taglia corto e assegna una F a questa salita. Secondo me, la F tel quel è un po’ stretta: in effetti le difficoltà tecniche non sono eccessive, ma l’esposizione e l’ambiente in generale richiedono qualcosa di più: non tanto, ma qualcosa sì. Per questo mi permetto di valutare questa ascensione come F+. Poi, in hikr o si valuta F o si va direttamente a PD-. Per onorare il Maestro rimango sulla F, ma con l’avvertenza che è leggermente stretta.
Per la discesa evito il passaggio di III+ della cresta SE, ma non scendo alla base della montagna. Rimango dunque a metà strada tra la cresta e la base, ed effettuo un taglio obliquo, su blocchi e cenge, che mi porterà sulla parte terminale della cresta SE, proprio sopra la Bocchetta di Cerentino. Per motivi di anti-sconfinamento del bestiame, alla bocchetta c’è una “ramina”, ed il passaggio umano è assicurato da una scala in ferro (un po’ come si fa in Vallese, solo che lì, le scale che ho visto, sono di legno).
Dalla Bocchetta di Cerentino scendo verso S fino a passare a W rispetto a Süi l’Alp. Questa variante mi permette di individuare (e memorizzare) una debole traccia che, passando nel rado bosco tra ginepri e rododendri, porta direttamente a Corte Antico senza toccare, come è stato il caso della via di salita, Fronzott, Fronzüra e Süi l’Alp.
Da Corte Antico, sul bel sentiero del mattino, in breve ritorno a Camanói.
In conclusione non mi rimane che citare il Maestro: non sulla specifica cima odierna, ma più in generale, in riferimento alla catena che dal Pizzo Biela porta al Madone di Camedo. “Qui siamo nel regno non solo della solitudine, ma anche in quello delle forme alpine più belle, straorinarie ed imponenti che ha pochi eguali, per continuità, sia sulle Alpi Ticinesi che altrove. Chi avrà modo di esplorare a fondo il gruppo, non potrà che esserne sempre più entusiasta”.
Tempi:
Camanói – Pizzo d’Orsalietta : 4 ore
Pizzo d’Orsalietta – Camanói: 2 ore e 30’

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