Cima d’Efra (2577 m), cresta S e cresta N – Basal (2588 m)
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Visto che in Val Verzasca non ho certo risparmiato le visite in passato, sembra impossibile non essere ancora stato sulla Cima d’Efra. Eppure…
Prima che arrivi il ghiaccio vorrei colmare la lacuna; e giacché Giuseppe Brenna propone due itinerari di salita di difficoltà equivalente, proverei a percorrerli entrambi: se poi ci scappa anche il Basal, tanto meglio.
Fino alla Capanna Efra c’è poco da segnalare: tutti la conoscono e comunque basta seguire il sentiero. Dalla Capanna Efra seguo ancora per un centinaio di metri il sentiero che porta al Passo di Gagnone. Poi salgo verso sinistra su terreno libero superando alcuni terrazzi e raggiungo il pianoro di quota 2399 posizionato a SW della Cima d’Efra. Per descrivere il tragitto da qui in avanti, meglio affrontare subito il capitolo difficoltà.
Dunque, il Maestro quota F+ entrambe le vie: la combinazione “parete + cresta Sud” (da lui definita “cresta S” tout court) e la cresta Nord.
Dopo la salita odierna ci terrei a fare qualche integrazione, perché ritengo utile, in caso di future ripetizioni, che si abbia un quadro il più possibile vicino alla situazione attuale della montagna. Cominciamo dalla cresta Sud.
L’itinerario che ho percorso in salita (n.1515 del Brenna) è a mio giudizio sottostimato. Due i punti critici: il primo è la salita sulla parete S, una muraglia attualmente ricca d’acqua (o forse si può dire “oggi”, visto che il terreno di salita, già da Frasco, era in gran parte umido per non dire bagnato) e quindi pericolosa, da salire con la massima attenzione, vista la sua “quasi verticalità”. Il secondo è costituito dall’intaglio che divide in due la cresta Sud e separa il tratto orientato verso NW da quello orientato verso NE: ebbene, c’è da disarrampicare un muro di 6-7 metri molto esposto, appigliato e gradinato sì, ma “duro” ed esposto. Dire che questo è un passaggio di II° è voler restare bassi. Per tutte queste ragioni valuto "PD" la salita dalla cresta Sud. Al ritorno, aggirando la Cima d’Efra da Nord a Sud sul suo fianco Ovest mi rendo conto che ci sono almeno quattro possibili “punti deboli” di questa muraglia con altrettante vie di salita. A partire da destra verso sinistra, provenendo dal pianoro di quota 2399, io ho provato la prima - consistente in un gradino che immette in una cengia dalla quale poi continuare la salita - ma l’ho interrotta quasi subito perché era abbondantemente bagnata (un rischio inutile). Sono salito invece dalla seconda, più o meno a metà parete, approfittando di una cengia erbosa inclinata a sinistra e poi via via salendo “sul ripido pendio erboso con roccette e cenge”. Dal punto di uscita in cresta (dal quale non si vedeva più la via seguita, il che è indice di una certa ripidità), posizionato di poco a NE del P.2485, ho seguito la facile cresta fino all’intaglio di cui sopra. Passato l’intaglio, la rimanente parte di cresta S non presenta più grossi scogli, salvo qualche blocco da passare a sinistra. L’omone di vetta (almeno 2,5 metri di altezza) è posizionato su di un’ampia zona pianeggiante.
Per quanto riguarda invece l’itinerario che ho percorso in discesa, sarà forse perché è tutto segnato (bolli blu – bianco-blu - in combinazioni con bolli rosa più datati), sarà forse per l’assenza di difficoltà oggettive, comunque secondo me è sovrastimato, e la gradazione “F” è sufficiente (T5 va altrettanto bene). Ci sono sì dei passaggi esposti in cui il piede deve essere fermo e la mano ben appigliata al suolo o alla roccia, ma nel complesso, forse anche grazie al fatto che la discesa della cresta Nord si svolge principalmente sul suo fianco Est (quindi ben soleggiato), le difficoltà sono limitate. O comunque molto inferiori a quelle della Sud.
Spero che agli uomini della SEV non venga la malaugurata idea di pitturare anche l’itinerario di cresta Sud, perché altrimenti, davvero, la Verzasca non potrà essere più considerata “selvaggia” come lo era un tempo, e bisognerà andare a cercare l’avventura da un’altra parte. Meritoria tutta la loro opera – sentieri, VAV, capanne – ma, per favore, con la vernice andateci piano…! Anche la Cima Bianca è tutta piena di bolli blu…, purtroppo…!
A parte questo inciso, raggiunta la bocchetta tra la Cima d’Efra e il Basal (quota 2493, chiamata dal Brenna “Passo del Rampi”, mentre la CNS assegna questo toponimo all’intaglio di quota 2366 m, sulla cresta NE del Basal) mi porto sotto la verticale della cima del Basal e salgo per l’evidente canale Sud (itinerario non citato dal Brenna). Al termine del canale piego a destra e per facili roccette gradinate e qualche zona erbosa sbuco proprio davanti all’uomo di vetta, senza mettere piede su nessuna delle due creste (SSE e W). Il Brenna dà “EE” per la cresta SSE: io non l’ho percorsa e quindi sospendo il giudizio (ma così a occhio sembrava qualcosa di più), mentre per questa salita dal canale Sud penso che si possa rimanere attorno alla “F”, non oltre.
Mi rilasso per un’ora in cima al Basal e poi scendo dalla elementare cresta W fino al punto di minima prima che la cresta si rialzi e fugga verso la bellissima Cima di Nèdro. Ironia della sorte: le altre due volte che sono stato qui in questo punto (in occasione delle due salite alla cima di Nèdro, una interrotta e l’altra portata a termine, entrambe in compagnia di Jules) c’era il nebbione, mentre oggi - che non salirò ancora alla Cima di Nèdro - il sole splende, seppur a sprazzi…
Prima di scendere faccio in tempo ad ammirare un miracolo della natura: due pernici bianche in volo tra la Cima di Nèdro e la Cima d’Efra (io, sul Basal, sono proprio in mezzo alla loro traiettoria) descrivono due circoli attorno a me. Bianche, con un triangolo nero sulla coda – a voler essere precisi non è la coda ma sono le penne timoniere, e anche i triangoli sono due, non uno, ma davanti alla poesia di un volo di libertà, questi sono dettagli – eleganti e pure, con un volo struggente: normalmente dalle vette si vedono aquile o gracchi, oggi due frecce bianche, miracoli della Verzasca…
Come detto, aggiro poi la Cima d’Efra sul suo fianco W intravedendo altre possibili vie di salita da Sud (certo, magari in una bella giornata asciutta di luglio, le vie potrebbero anche moltiplicarsi) e poi torno da dove sono venuto.
Cima d’Efra: un gioiello a lungo sognato, ora reale.
Tempi:
Frasco – Cima d'Efra : 4 ore e 30’
Cima d'Efra - Basal: 40’
Basal – Frasco: 3 ore e 35’

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