Cima del Laghetto dei Cadabi (2695 m) - SKT
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tapio: Sono dell’opinione che sia meglio valorizzare le risorse presenti piuttosto che lamentarsi per quello che manca. In questa ottica, fare tutto “il lavoro sporco” (spallaggio, aggiramento dei precipizi, canali, ghiaccio vivo et similia…) e poi, una volta arrivati nella zona “di piacere” dover ripiegare indietro a causa del vento (le previsioni - allegate - erano ben diverse…) non costituisce motivo di rammarico. Anzi, consapevoli che la Natura e la Montagna sono sempre più forti dei poveri funghetti che siamo noi umani, abbiamo comunque la certezza di aver fatto tutto quello che era possibile fare in una situazione del genere. La Cima del Laghetto dei Cadabi raggiunta in queste condizioni è una bella meta, anche se il Re ci guarda dall’alto. La sua coperta di vento tempestoso (ben superiore a quelle già intense trovate, durante questo inverno, al Predèlp Ovest e al Monte Bar e, precedentemente, parecchi anni fa alla Bocchetta del Terri) è calata sopra di noi 700 metri sotto la verticale della sua cima, riparati solo da un macigno che almeno ci ha permesso di cambiare assetto senza volare via.
In breve (si fa per dire…): partiamo dalla Foppa di Cusiè con gli sci legati allo zaino. Saliamo fino all’Alpe Quarnei sul sentiero e qui decidiamo di tagliare in direzione del canalino di sinistra (poco innevato), quello, per intenderci, che permette di evitare il sentiero ufficiale cha passa giusto a pochi centimetri dai salti di roccia che, verticali, si appoggiano alle Gane di Cassèi prima di raggiungere la cascata (in versione estiva, cascata; ora, cascata di candele di ghiaccio).
Saliamo sulla pietraia e giunti nei pressi del canalino decidiamo di evitarlo sul ripido pendio erboso alla sua destra. Continuiamo a salire sull’erba seguendo la via più logica, forse anche l’unica possibile con gli scarponi da sci ai piedi finché, giunti davanti ad una ripida lingua di neve da traversare, mettiamo i ramponi per non toglierli più fino al momento di spellare (mai spellato senza aver fatto toccare la neve alle pelli!).
Rimaniamo sempre molto più alti del sentiero estivo e dopo un secondo traverso arriviamo al pendio sciabile anche in salita, che precede il canale che sbocca al Passo del Laghetto.
Siccome il canale è comunque vicino, non modifichiamo il nostro assetto ramponato e ci prepariamo a risalirlo. Via via che si sale, la ripidità aumenta, finché, non molto lontano dall’uscita, troviamo una bella cascata di ghiaccio vivo. Se vogliamo continuare, dobbiamo passare. Fortunatamente gli appigli non mancano, e grazie ai ferri di cui disponiamo (ramponi e piccozza) e a un po’ di forza di trazione (braccia), sbuchiamo al Passo del Laghetto pronti a gustarci la parte più gratificante dell’uscita odierna.
Aggiriamo il lago verso NW e visto che il pendio successivo è ripido e ghiacciato, teniamo i ramponi. Superata la spalla, nei pressi del P. 2729 l’Adula ci presenta il conto: raffiche costanti e fortissime. Più volte mi ritrovo abbrancato al terreno, incapace di proseguire ed impossibilitato a tenere la posizione eretta (gli sci sullo zaino amplificano la situazione “banderuola”). Dopo qualche minuto di lotta chiaramente impari, ci rannicchiamo dietro un macigno e meditiamo sul da farsi.
Proseguire in queste condizioni è proibitivo (tra l’altro il Grauhorn è costantemente immerso in una cappa di nuvole, mentre l’Adula ogni tanto appare, ma molto spesso si nasconde). Il buonsenso ci dice di toglierci da quella situazione e di scendere nuovamente al Passo: lì potremo consolarci con la Cima del Laghetto.
Calziamo finalmente gli sci e, sospinti da fragorose raffiche, su questi bei pendii sostenuti in un attimo siamo al Passo.
Togliamo gli sci, li assicuriamo con un pietrone piatto e poi saliamo alla Cima del Laghetto, dove il vento è molto più sopportabile. Dopo le consuete foto di rito, riguadagniamo il Passo e rimettiamo gli sci in spalla e i ramponi ai piedi.
Entrata del canalino, ghiaccio vivo, canale nevoso e poi arriva il tanto desiderato momento di calzare gli sci. Scendiamo la parte finale del canale e tutto il bellissimo pendio sottostante, fino a portarci sulla destra, sopra il sentiero estivo. Esclusa la possibilità di rifare il percorso dell’andata in discesa (un pochino rischioso…), ci accorgiamo che l’insolazione ha probabilmente reso meno problematica la percorrenza del sentiero estivo. Dei tre punti a picco sui salti, il primo è già superato, gli altri due li passiamo senza sci e senza ramponi e poi scendiamo ancora sul sentiero estivo, da qui sgombro da neve. Dopo aver poi abbandonato il sentiero e disceso una lingua di neve solo con gli scarponi, ci concediamo una lunga pausa su dei bei pietroni. Poi rimettiamo gli sci e scendiamo il pendio che porta alla piana di Quarnei. La passiamo tutta in diagonale e ci dirigiamo verso la forra dell’Orino (in onore al principio d’inerzia, adesso che abbiamo gli sci ai piedi preferiamo tenerli fino all’ultimo cristallo di neve).
Scendiamo tutta la gola del fiume fino a poca distanza dall’Alpe di Pozzo. Togliamo gli sci, traversiamo verso destra e la raggiungiamo; di qui prendiamo il sentiero che ci riporta alla Foppa di Cusiè.
Giornata di montagna vissuta intensamente. Un grazie a Paolo per aver condiviso fatiche e gioie, e alla prossima!
PS Le difficoltà indicate riguardano ovviamente le condizioni trovate oggi. Improponibile il paragone con una salita estiva.
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