Bärenhorn (2929 m) - SKT
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Una dedica speciale all’amica Uschi, in occasione di questa uscita, mi pare una cosa, per così dire, naturale. Anche se non si è trattata di una vera salita invernale, sia per le condizioni, sia per la data (14 dicembre), resta comunque - quasi - un Winterbärenhorn ( ... ). Di orsi non ne ho visti, ma sicuramente in passato qui dovevano esserci, come del resto in tutta Europa, indipendentemente dalla latitudine. Il fatto che questo nome sia passato alla storia e, poi, alle cartine geografiche fa supporre una particolare abbondanza di plantigradi, ai tempi che furono.
L’ispirazione, oltre che dal bel nome, scaturisce altresì dalla scarsità di neve a S della cresta principale delle Alpi. L’arrivo oltre il tunnel del San Bernardino non è però dei più incoraggianti: ovunque pendii erbosi in bella mostra, speriamo dunque nelle zone più alte…
Vista la situazione mi carico subito gli sci in spalla e parto in direzione di Prasch, dopo aver lasciato l’auto nell’unico posto non soggetto a divieti e restrizioni, e cioè sul bordo della strada appena sopra il grande posteggio (“nur für Kunden”) del ristorante, a pochi passi dall’uscita dell’autostrada.
A Prasch, forse entrando per qualche metro in un fondo privato, evito subito la stradina a tornanti e salgo diretto sul ripido pendio erboso. Dopo aver raggiunto un pilone dell’elettricità continuo sul fianco orografico sinistro del Prascherbach - evitando sempre la stradina - fino ai casolari di Höhegga, a quota 2053 m, dove disalbero gli sci e me li metto ai piedi (…500 m di portage… così, tanto per gradire…). Continuo in direzione del P.2581, ma prima di raggiungerlo devo togliere ancora gli sci e procedere sull’erba per un buon quarto d’ora (però stavolta li porto a mano…).
Dal P.2581, o leggermente al di sotto di esso, comincia il lungo traverso alla testata della Butzner Tälli: anche qui la neve non è molta e ogni tanto bisogna calcare la terra, ma seguendo una linea attenta, gli inconvenienti sono ridotti al minimo.
Rimango alto, per cui raggiungo la collinetta di Sandböda da sinistra, con manovra aggirante e mi ritrovo praticamente sotto le rocce del versante S del Bärenhorn.
Il pendio si va facendo sempre più ripido: da tempo avevo già inserito i rampanti e ora questi dimostrano tutta la loro utilità. La neve infatti è dura e i circa 35° della parte terminale del pendio (qui più ripido rispetto alla zona a destra – 32° - cioè quella che adduce al punto di minima tra il Bärenhorn e la cima 2811 dello Schollengrat) si salgono con circospezione, proprio a causa del tipo di neve incontrato.
Con un’ultima, stretta inversione raggiungo il colletto che introduce alla breve cresta E del Bärenhorn. La meteo, finora molto indulgente, si trasforma rapidamente (nuvole, vento e freddo) e devo bardarmi come un orso, in onore al posto che sto visitando: addirittura alcuni fiocchi di neve accompagnano gli ultimi metri prima della cima.
In realtà gli ometti sono tre: salgo sulla prima cima (quella verso la Rheinwald); poi, sempre sci ai piedi raggiungo anche la seconda (la più alta) e tralascio la terza (quella più spostata verso la Safiental), che mi porterebbe fuori dal percorso più conveniente.
Visto che la meteo è relativamente inclemente, mi affretto a spellare e preparare l’assetto da discesa.
Evito di inserire nella scheda sintetica i tempi: in invernale sono troppo dipendenti dalle condizioni incontrate (tipo di neve, meteo etc. etc. ; inoltre sono lentissimo nelle operazioni tipicamente invernali – mettere e togliere gli sci, rampanti, ramponi, spellare e così via), quindi non avrebbe senso. Per stavolta dirò solo che per la salita ci ho impiegato poco più di 4 ore, un’indicazione da prendere con le pinze…
Come detto, scendo sul versante N della cresta E del Bärenhorn e guadagno il colletto. La neve dura non crea grossi problemi: basta stare un po’ attenti sul ripido e per il resto sembra di essere in pista. Fino al traverso la discesa è godibile. Poi, come detto, nel traverso bisogna scegliere la linea ideale, per non trovarsi sull’erba. Per un po’ riesco nell’impresa; invece, nell’ultimo tratto del traverso devo togliere gli sci. Scollino verso W e, ancora senza sci, cerco di portarmi sulla verticale dei casolari di Höhegga. Quando la situazione lo permette, re-inforco gli sci e scendo fino a Flue, andando alla ricerca spasmodica delle zone bianche (non molte, per la verità). Solo ogni tanto devo mettere i legni sull’erba, ma fortunatamente i sassi sono rari ed evitabili. Dalla zona di Börtli in poi non lascio più la stradina, che, ancorché parzialmente ghiacciata, presenta anche dei buchi con asfalto a vista.
Risalgo leggermente per arrivare a Drigadma, dopo aver valicato il Prascherbach: questa manovra mi consentirà di giungere all’auto praticamente con gli sci ai piedi, evitando di passare per Prasch; fruendo dell’ultimo pendio, che di sole ne prende poco, mi godo qualche (prima e ultima) curva su polvere.
All’arrivo all’auto un signore mi chiede delle condizioni in alto: certo, per quello che si vede qua, non c’è bisogno di fare domande, almeno fino a quota 2500… in alto neve ventata e dura…
La gita è stata comunque, nel complesso, positiva: certo, per il piacere di sciare bisognerà aspettare una copiosa nevicata, comunque anche questa è montagna e anche questo è scialpinismo…
“E voglio vivere come i gigli nei campi
e come gli uccelli nel cielo campare
e voglio vivere come i gigli nei campi
e sopra i gigli e nei campi volare"
(F. De Gregori)

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