Pizzo Mèdola (2957 m)
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Quest’oggi il mio programma prevede l’ascesa ad un vero e proprio mausoleo della natura… l’affascinante Pizzo Mèdola, un susseguirsi di originali sfumature di quarzite che molto ricordano i paesaggi dolomitici. Da qualsiasi prospettiva la si osservi, questa imponente cima prende delle forme tanto eleganti quanto severe. Forse proprio per quest’ultima ragione il Pizzo Mèdola mi ha sempre messo un certo timore e puntualmente ogni anno rimandavo all’anno avvenire la sua ascesa. Quest’oggi però è giunto il momento di affrontare di petto la dura salita di oltre 2,000 metri di dislivello.
Allo scoccare delle 6 comincio la salita lungo il ripido sentiero a gradini che da San Carlo (938 m) porta a Corte Grande (1914 m), passando anche per la cappelletta di Olmo (1145 m), a picco sull’ultimo villaggio della suggestiva Val Bavona. Il percorso iniziale è di quelli atletici… ed in un soffio si mangia dislivello guadagnando appunto il nucleo di cascine ristrutturate dell’Alpe d’Antabia (Corte Grande).
Mi disseto e riparto verso il Rifugio Piano delle Creste (2108 m), che raggiungo alle ore 8.
Da qui posso ammirare l’obbiettivo di giornata e di fatto anche tutta l’ascensione che mi attende. La via normale di salita ha due opzioni. Raggiungere una selletta appena a NE della quota 2746 m sulla cresta SW attraverso un canalino detritico, oppure raccorciare il percorso ed agganciare la cresta esattamente a metà strada tra le quote 2847 m e 2834 m, salendo dritti sul ripido ed erboso versante S. Non ho dubbi nel scegliere la seconda alternativa, non tanto per una questione di lunghezza del percorso, quanto perché qualche anno fa in occasione dell’ascesa al vicino Kalberhorn avevo notato che il canalino detritico sembrava molto friabile e mal messo.
Il tempo sembra annuvolarsi ma per fortuna ho davanti a me tutta la giornata per cui dopo una breve pausa, riprendo il cammino rallentando il ritmo di progressione. Dal rifugio seguo per un po’ il sentiero con segnavia che porta al Tamierpass e lo abbandono a quota 2240 m ca., puntando ora verso la quota 2274 m. Proseguendo poi su terreni sempre più ripidi raggiungo un’evidente conca detritica e grazie a dei sentierini di capre mi porto in breve su un balconcino erboso da dove ammiro estasiato l’impressionante parete S del Pizzo Mèdola. Si tratta adesso, in maniera logica, di ricercare la via di salita più dolce per raggiungere la cresta SW. Il terreno è prevalentemente erboso con alcune facili roccette da superare. Mi tengo dapprima a ridosso del crinale per poi coprire a zig-zag ca. 150 metri di dislivello e virare infine verso destra sbucando su un evidente selletta sulla cresta SW.
La vetta non appare distante ma è solo un'illusione, in quanto ci sono da superare tutta una serie di anticime e “risvolti/valloncelli” prima di giungere a ridosso dell’ultimo edificio sommitale vero e proprio. Sul percorso che segue non c’è molto da dire. Si prende il filo di cresta e lo si segue quasi integralmente fino all’apice, con dei brevi aggiramenti in qualche tratto sul versante SE. Ci sono spesso anche dei sentierini di capre appunto sul versante d’Antabia, ma conviene tenersi in cresta, in quanto essa non pone particolari problemi (spesso è anche larga e pianeggiante… godibile insomma). L’unico “ostacolo” è rappresentato da un gradino di quarzite bianca (in questo punto c’è un bastone di legno infisso nella roccia) dove bisogna aggirare uno spuntone sul versante italiano e riguadagnare subito la cresta grazie ad un intaglio ben gradinato (da distante sembra insuperabile, in realtà il passaggio non è per nulla impegnativo). Da qui via si prosegue con la speranza che la cima arrivi presto, ed invece superato uno spuntone ne appare un’altro e cosi via. Del resto la cresta integrale è lunga oltre 1 km.
Sono le 10:45 quando finalmente raggiungo la croce di legno posata a picco sul Piano delle Creste. E’ fatta! La vetta vera e propria del Pizzo Mèdola (2957 m) si trova 1 metro più sopra. Copro questa irrisoria distanza superando facili blocchi e poso il sacco sul culmine della montagna, affrettandomi ad ammirare i meravigliosi paesaggi circostanti. E’ una visione che dura poco poiché la persistente nebbia mi avvolge ora e non mi abbandonerà più. Ma non mi importa… la soddisfazione è comunque grande. Non ho altri obbiettivi in giornata per cui questa volta posso trattenermi in cima a lungo. Ripenso alle sommità circostanti già ascese in passato (Basòdino, Tamierhorn, Kalberhorn e Fiorèra) e non ho dubbi nell’affermare che la salita al Mèdola è quella più emozionante. Davvero un’ascesa di rara bellezza in un ambiente emozionante.
Dopo oltre 1 ora in vetta, decido che è il momento di salutarla e di ridiscendere, per la stessa via di salita. Lasciando la cresta SW, dall’alto è ancora più facile scegliere il percorso meno ripido sul versante S e mi sposto dunque più a destra (in discesa) rispetto alla via di salita, disegnando una larga curva che mi riporta al terrazzo erboso citato sopra. Birretta al rifugio e poi giù verso San Carlo.
Note:
Vette:
Ometto di sasso e croce in legno.
San Carlo:
Ampia possibilità di parcheggio ai bordi della strada, nei pressi dell’inizio del sentiero che sale al Rifugio Piano delle Creste.
Valutazione:
San Carlo - Rifugio Piano delle Creste: T3 (EE)
Rifugio Piano delle Creste - versante S - cresta SW: T5 (F - buona capacità di scelta del percorso sul ripido versante S)
Allo scoccare delle 6 comincio la salita lungo il ripido sentiero a gradini che da San Carlo (938 m) porta a Corte Grande (1914 m), passando anche per la cappelletta di Olmo (1145 m), a picco sull’ultimo villaggio della suggestiva Val Bavona. Il percorso iniziale è di quelli atletici… ed in un soffio si mangia dislivello guadagnando appunto il nucleo di cascine ristrutturate dell’Alpe d’Antabia (Corte Grande).
Mi disseto e riparto verso il Rifugio Piano delle Creste (2108 m), che raggiungo alle ore 8.
Da qui posso ammirare l’obbiettivo di giornata e di fatto anche tutta l’ascensione che mi attende. La via normale di salita ha due opzioni. Raggiungere una selletta appena a NE della quota 2746 m sulla cresta SW attraverso un canalino detritico, oppure raccorciare il percorso ed agganciare la cresta esattamente a metà strada tra le quote 2847 m e 2834 m, salendo dritti sul ripido ed erboso versante S. Non ho dubbi nel scegliere la seconda alternativa, non tanto per una questione di lunghezza del percorso, quanto perché qualche anno fa in occasione dell’ascesa al vicino Kalberhorn avevo notato che il canalino detritico sembrava molto friabile e mal messo.
Il tempo sembra annuvolarsi ma per fortuna ho davanti a me tutta la giornata per cui dopo una breve pausa, riprendo il cammino rallentando il ritmo di progressione. Dal rifugio seguo per un po’ il sentiero con segnavia che porta al Tamierpass e lo abbandono a quota 2240 m ca., puntando ora verso la quota 2274 m. Proseguendo poi su terreni sempre più ripidi raggiungo un’evidente conca detritica e grazie a dei sentierini di capre mi porto in breve su un balconcino erboso da dove ammiro estasiato l’impressionante parete S del Pizzo Mèdola. Si tratta adesso, in maniera logica, di ricercare la via di salita più dolce per raggiungere la cresta SW. Il terreno è prevalentemente erboso con alcune facili roccette da superare. Mi tengo dapprima a ridosso del crinale per poi coprire a zig-zag ca. 150 metri di dislivello e virare infine verso destra sbucando su un evidente selletta sulla cresta SW.
La vetta non appare distante ma è solo un'illusione, in quanto ci sono da superare tutta una serie di anticime e “risvolti/valloncelli” prima di giungere a ridosso dell’ultimo edificio sommitale vero e proprio. Sul percorso che segue non c’è molto da dire. Si prende il filo di cresta e lo si segue quasi integralmente fino all’apice, con dei brevi aggiramenti in qualche tratto sul versante SE. Ci sono spesso anche dei sentierini di capre appunto sul versante d’Antabia, ma conviene tenersi in cresta, in quanto essa non pone particolari problemi (spesso è anche larga e pianeggiante… godibile insomma). L’unico “ostacolo” è rappresentato da un gradino di quarzite bianca (in questo punto c’è un bastone di legno infisso nella roccia) dove bisogna aggirare uno spuntone sul versante italiano e riguadagnare subito la cresta grazie ad un intaglio ben gradinato (da distante sembra insuperabile, in realtà il passaggio non è per nulla impegnativo). Da qui via si prosegue con la speranza che la cima arrivi presto, ed invece superato uno spuntone ne appare un’altro e cosi via. Del resto la cresta integrale è lunga oltre 1 km.
Sono le 10:45 quando finalmente raggiungo la croce di legno posata a picco sul Piano delle Creste. E’ fatta! La vetta vera e propria del Pizzo Mèdola (2957 m) si trova 1 metro più sopra. Copro questa irrisoria distanza superando facili blocchi e poso il sacco sul culmine della montagna, affrettandomi ad ammirare i meravigliosi paesaggi circostanti. E’ una visione che dura poco poiché la persistente nebbia mi avvolge ora e non mi abbandonerà più. Ma non mi importa… la soddisfazione è comunque grande. Non ho altri obbiettivi in giornata per cui questa volta posso trattenermi in cima a lungo. Ripenso alle sommità circostanti già ascese in passato (Basòdino, Tamierhorn, Kalberhorn e Fiorèra) e non ho dubbi nell’affermare che la salita al Mèdola è quella più emozionante. Davvero un’ascesa di rara bellezza in un ambiente emozionante.
Dopo oltre 1 ora in vetta, decido che è il momento di salutarla e di ridiscendere, per la stessa via di salita. Lasciando la cresta SW, dall’alto è ancora più facile scegliere il percorso meno ripido sul versante S e mi sposto dunque più a destra (in discesa) rispetto alla via di salita, disegnando una larga curva che mi riporta al terrazzo erboso citato sopra. Birretta al rifugio e poi giù verso San Carlo.
Note:
Vette:
Ometto di sasso e croce in legno.
San Carlo:
Ampia possibilità di parcheggio ai bordi della strada, nei pressi dell’inizio del sentiero che sale al Rifugio Piano delle Creste.
Valutazione:
San Carlo - Rifugio Piano delle Creste: T3 (EE)
Rifugio Piano delle Creste - versante S - cresta SW: T5 (F - buona capacità di scelta del percorso sul ripido versante S)
Tourengänger:
Varoza

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