Como/Passo San Lucio - Traversata Val Colla/Val Rezzo - No Carbon
Avrei potuto chiamarla "Garzirola mancata", questa relazione.
Ma...
visto l'impegno profuso,
considerato che il Passo di San Lucio è waypoint di grande bellezza,
tenuto nel dovuto conto che la Garzirola era, fin dall'inizio, un obbiettivo teorico...
...ho deciso per un titolo positivo.
In realtà, la cima, ci sarebbe anche stata.
Bastava partire ad un'ora da montanari; che so? verso le sette barra setteemezza, neanche tanto presto.
Ma, partendo ad un quarto alle undici...
Problemi di lavoro e indecisione endemica, mi hanno messo in strada con il caldo già ben formato e un nugolo di coinquilini motorizzati, che, se, certo, non intralciavano il pedalare, senz'altro contribuivano a rendere meno leggiadro l'incedere.
Così, oltrepassata Lugano e individuata, facendo affidamento su antiche memorie, la giusta strada per Tesserete, l'incontro con la prima vera salita di giornata, avvenuto in concomitanza con il primo sbucare del sole dalle nubi che, fino ad allora, ne avevano in qualche modo mitigato l'imperio, è stato uno shock.
Se a Lugano, non c'è un solo cartello che indichi, non dico ... "Garzirola", ma almeno "Val Colla", in compenso, in Val Colla, non c'è neanche una fontana. Mentre procedi barcollando verso l'inarrivabile Maglio di Colla, senti e vedi l'acqua scorrere intorno a te, ma è sempre un po' troppo lontana per convincerti a scendere di cavallo e darti una sciacquata.
Così per riprendermi dallo shock, mi devo accontentare del "litro" portato da casa e aspettare di approdare a Certara, dove un gentile signore mi consiglia sulla strada migliore da seguire.
La fonte, qui, è generosa e pratica (con anguria in ammollo) e altre ne seguiranno, anche se, vi è da dire, il frequente rinfrescarsi non sembra rendere meno duro l'ultimo tratto di fatica.
La mulattiera che porta al Passo, in alcuni punti è davvero dura e, un paio di volte mi tocca scendere e spingere per brevi tratti.
Alla fine, però, arrivo.
Il Passo di San Lucio ha mantenuto intatto il fascino che ricordavo, anche se il panorama è appesantito da parecchie nuvole.
Scelgo, per "ripiiamme", il rifugio italiano, dove una profusione di salumi, formaggi, birra, crostata d'albicocche e caffè, riportano in soglia i "valori" dandomi il tempo di ragionare con calma su come chiudere la giornata.
L'integrazione di zuccheri e sali ha riportato baldanza, ma, ora che ho lasciato altri cinquanta minuti sul tavolo imbandito, escludere la vetta è automatico: tornerei a casa con il buio; così, per rendere più interessante la giornata, decido per il rientro "italiano", giù dalla Val Rezzo, Menaggio, Regina, Como.
Così è.
Le pendenze "italiane" sono anche più interessanti di quelle elvetiche: la mulattiera che scende dal San Lucio verso i luoghi cari al Fogazzaro è senz'altro più adatta alla discesa (un gruppo di tedeschi sta salendo spingendo supertecniche mbk), ma richiede una certa attenzione; non foss' altro per i ferri d'armatura che emergono frequenti dai lastroni di cemento piuttosto deteriorati della pavimentazione.
Una volta approdati a Dasio, però, la bella strada asfaltata che conduce a Corrido, permette di rilassare mente e muscoli.
A Corrido, come da prezioso consiglio avuto in rifugio, evito di scendere a Porlezza e devio verso Carlazzo, risparmiando chilometri, dislivello e traffico.
Mi immetto sulla 340 al bivio di Cardano, quello che si prende anche per salire in Val Cavargna, e, pagato lo scotto del rilassamento con una salita abbastanza innocua ma che mi sembra interminabile, mi butto su
Menaggio godendomi l'ultima discesa di giornata.
E' dura, rientrare da Menaggio; ma devo dire che il traffico è fortunatamente meno intenso di quel che temessi.
Dopo nove ore e mezza e centoundici km, dice Geo Patacca, sono di nuovo a casa.
Non c'è nessuno che mi porta in braccio: mi rassegno a fare le scale da solo.
Ma...
visto l'impegno profuso,
considerato che il Passo di San Lucio è waypoint di grande bellezza,
tenuto nel dovuto conto che la Garzirola era, fin dall'inizio, un obbiettivo teorico...
...ho deciso per un titolo positivo.
In realtà, la cima, ci sarebbe anche stata.
Bastava partire ad un'ora da montanari; che so? verso le sette barra setteemezza, neanche tanto presto.
Ma, partendo ad un quarto alle undici...
Problemi di lavoro e indecisione endemica, mi hanno messo in strada con il caldo già ben formato e un nugolo di coinquilini motorizzati, che, se, certo, non intralciavano il pedalare, senz'altro contribuivano a rendere meno leggiadro l'incedere.
Così, oltrepassata Lugano e individuata, facendo affidamento su antiche memorie, la giusta strada per Tesserete, l'incontro con la prima vera salita di giornata, avvenuto in concomitanza con il primo sbucare del sole dalle nubi che, fino ad allora, ne avevano in qualche modo mitigato l'imperio, è stato uno shock.
Se a Lugano, non c'è un solo cartello che indichi, non dico ... "Garzirola", ma almeno "Val Colla", in compenso, in Val Colla, non c'è neanche una fontana. Mentre procedi barcollando verso l'inarrivabile Maglio di Colla, senti e vedi l'acqua scorrere intorno a te, ma è sempre un po' troppo lontana per convincerti a scendere di cavallo e darti una sciacquata.
Così per riprendermi dallo shock, mi devo accontentare del "litro" portato da casa e aspettare di approdare a Certara, dove un gentile signore mi consiglia sulla strada migliore da seguire.
La fonte, qui, è generosa e pratica (con anguria in ammollo) e altre ne seguiranno, anche se, vi è da dire, il frequente rinfrescarsi non sembra rendere meno duro l'ultimo tratto di fatica.
La mulattiera che porta al Passo, in alcuni punti è davvero dura e, un paio di volte mi tocca scendere e spingere per brevi tratti.
Alla fine, però, arrivo.
Il Passo di San Lucio ha mantenuto intatto il fascino che ricordavo, anche se il panorama è appesantito da parecchie nuvole.
Scelgo, per "ripiiamme", il rifugio italiano, dove una profusione di salumi, formaggi, birra, crostata d'albicocche e caffè, riportano in soglia i "valori" dandomi il tempo di ragionare con calma su come chiudere la giornata.
L'integrazione di zuccheri e sali ha riportato baldanza, ma, ora che ho lasciato altri cinquanta minuti sul tavolo imbandito, escludere la vetta è automatico: tornerei a casa con il buio; così, per rendere più interessante la giornata, decido per il rientro "italiano", giù dalla Val Rezzo, Menaggio, Regina, Como.
Così è.
Le pendenze "italiane" sono anche più interessanti di quelle elvetiche: la mulattiera che scende dal San Lucio verso i luoghi cari al Fogazzaro è senz'altro più adatta alla discesa (un gruppo di tedeschi sta salendo spingendo supertecniche mbk), ma richiede una certa attenzione; non foss' altro per i ferri d'armatura che emergono frequenti dai lastroni di cemento piuttosto deteriorati della pavimentazione.
Una volta approdati a Dasio, però, la bella strada asfaltata che conduce a Corrido, permette di rilassare mente e muscoli.
A Corrido, come da prezioso consiglio avuto in rifugio, evito di scendere a Porlezza e devio verso Carlazzo, risparmiando chilometri, dislivello e traffico.
Mi immetto sulla 340 al bivio di Cardano, quello che si prende anche per salire in Val Cavargna, e, pagato lo scotto del rilassamento con una salita abbastanza innocua ma che mi sembra interminabile, mi butto su
Menaggio godendomi l'ultima discesa di giornata.
E' dura, rientrare da Menaggio; ma devo dire che il traffico è fortunatamente meno intenso di quel che temessi.
Dopo nove ore e mezza e centoundici km, dice Geo Patacca, sono di nuovo a casa.
Non c'è nessuno che mi porta in braccio: mi rassegno a fare le scale da solo.
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Nevi Kibo

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