Como - Monte Galbiga, 1698 - No carbon
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“La Val Mara è faticosa anche in macchina!”
Così, di primo acchito, avevo risposto a Pancho quando, ad aprile, mi aveva proposto di raggiungere il Rifugio Venini in bicicletta, passando dai mitici tornanti che dal Lago di Lugano raggiungono la Val d’Intelvi.
Poi, ovviamente, mi ero associato all’avventura, che prevedeva, superato lo scoglio iniziale, di passare per Ponna e raggiungere il Boffalora e, da lì, il Venini, lungo il percorso della vecchia strada militare.
Avventura naufragata nei dintorni di Laino dove il guru del Devero, accreditato dello stesso titolo anche riguardo alla Val d’Intelvi, aveva toppato clamorosamente strada trascinandomi in un bailamme di sentieri impraticabili, improbabili scorciatoie, “forsecisiamo”, “dovrebbeesserequesta”, “nononèlei”, dal quale eravamo usciti, dopo 5 ore e 2500 metri di dislivello positivo, raggiungendo la cresta fra lo sconosciuto Monte Pasquella (un grazie a rambaldi, unico hikriano ad averlo calcato) e l’Alpe di Colonno per poi rientrare via Pigra, San Fedele, Argegno.
Oggi ci riproviamo, ma andiamo sul sicuro: ho alle spalle due altre uscite in cui la strada giusta l’ho percorsa in discesa e so che è davvero difficile sbagliarla.
Appuntamento alle 7 al ponte sul Breggia, dove, nell’attesa, mi ritrovo a constatare, (e non è la prima volta), che gli amici svizzeri, di tanto in tanto, sono un po’ distratti riguardo alla qualità dell’acqua che, dal loro depuratore di Chiasso regalano al nostro amato lago. Sarebbe opportuno che, qualcuno deputato a farlo, (ci dovrà pur essere), controlli meglio e ne discuta, con pacatezza, coi vicini.
Ma, pedaliamo.
Varchiamo la frontiera al solito valico di Pizzamiglio e, passando per il centro di Mendrisio, raggiungiamo il Lago di Lugano: Capolago, Melano, Maroggia.
La giornata è grigia; e io mi son portato ben due macchine fotografiche! Con risultati discutibili, peraltro.
A Maroggia, dopo aver gigioneggiato per 20 km, con una brusca inversione si passa sotto la ferrovia e si comincia a fare sul serio.
L’insegna del Mulino Maroggia fa da “start” alla salita.
Devo dire che, già ad aprile non l’avevo trovata poi così tremenda: certo, dire “ho fatto la Val Mara” ha un suo fascino ed effettivamente ci sono un po’ di strappi veramente duri, ma alla fine son sette chilometri e mezzo, che, come tutto nella vita, passano sotto le ruote. In circa un’ora, nel mio, lento, caso.
Ad Arogno, la dogana svizzera; più in su, rimpatriamo. Attraversiamo il Pian delle Noci, costeggiando brevemente il campo da golf, ci abbassiamo a Pellio e, da lì, abbandonata la provinciale 13 per la 14, a Laino dove, dirigendo esatta verso est, si dirama la strada che porta a Ponna Superiore e, senza raggiungerla, al Boffalora.
Dieci chilometri di salita più altri due pianeggianti, impreziositi da alpeggi e faggete e valorizzati dal sole che ci ha accolto fin dal nostro rientro in Italia.
Poi gli ultimi quattro, ben noti chilometri.
Cinque ore esatte, (Pancho qualche minuto meno) e siamo al Rifugio Venini. Contattiamo il Disel, il laido motociclista che ha promesso di raggiungerci con la sua rumorosa vasca da bagno su ruote, prenotiamo il pranzo e ci avviamo verso il Galbiga.
Poco distante dal rifugio c’è un bell’osservatorio che, se riesci a sintetizzare l’accordo con i gestori del Gruppo Astrofili Lariani con una bella notte stellata, promette magnifiche panoramiche sull’universo.
Per il resto c’è poco da raccontare: 120 metri di salita su pascolo, al termine dei quali veniamo accolti da placide mucche, al pascolo appunto e da un’enorme croce che troneggia su di una vera e propria chiesa a cielo aperto; sotto di noi il Lago di Como di qua e il Lago di Lugano, con la propaggine del Lago del Piano, di là.
Se metti in conto che al Venini ci puoi arrivare in auto, (lo confesso, l’ho fatto anch’io quindici giorni addietro), si può ben dire che il Galbiga è una vetta accessibile a tutti!
Ovviamente, pochi metri prima della vetta, la compatta mi abbandona per sfinimento della batteria e la sorella maggiore mal la sostituisce causa misteriosi malanni alla messa a fuoco. Tutto ciò vien detto col meschino scopo di impetrare clemenza nei confronti del servizio fotografico, aggiungendo, per sovramercato, che parecchi scatti sono stati fatti pedalando.
Dopo il breve soggiorno sull’ampia cima e la rapida ridiscesa al rifugio vediamo (e sentiamo) avvicinarsi la rombante Harley del Disel: finalmente è ora di pranzo!
Ai quasi 1600 metri del Rifugio Venini, esposto alle bizze climatiche favorite dai due grandi laghi sottostanti la temperatura è avvezza ad abbassarsi rapidamente e così, visto il completo riannuvolamento, decidiamo di mangiare all’interno dove il camino promette un maggior comfort.
Spianiamo con solerzia taglieri di salumi e formaggi, polente, spezzatini, brasati e salsicce; prosciughiamo senza ritegno birre, vini, caffè, grappe e amari; chiudiamo con la mitica crostata.
Il Disel, colazione alle 11 e dura ascesa in motoretta, è un po’ meno motivato. Ma non è che digiuni!
Ai quasi 1600 metri del Rifugio Venini, succede facilmente che Meteos cambi di umore più volte nella giornata; così ce ne usciamo per una breve pennichella con annessa chiacchierata sotto un caldissimo sole.
“Ma noi, noi che siamo venuti su in bici, ne abbiamo ancora da fare; è meglio se andiamo. Ci vediamo ad Argegno. Chi arriva primo aspetta”
Scesi al Boffalora, risaliamo verso l’Alpe Sala, per poi puntare sull’altro lago della nostra giornata.
Ci porta giù la vertiginosa mulattiera, (fortunatamente assistita da “nastri” in cemento), che da quota 1250, in meno di tre chilometri e mezzo, passando dalla Madonna del Soccorso, piomba sui 210 metri di Ossuccio.
Poco più di 5 km e raggiungiamo il Disel che, sceso dalla “normale” della Val d’Intelvi ci aspetta nella rediviva estate della piazza di Argegno.
Dopo l’ultima bevuta tutti a casa: che significa altri venti chilometri nel traffico della statale 340 e, per me, la chicca di un ultima sudatissima salita.
Km 87,5
Dislivello complessivo: mah...? Il GPS parla di 3.086 (bum!). Io direi 2200/2300
Tempo totale: 10 ore e mezza - Al lavoro: 8 ore circa

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