Tentativo al Pizzo Molare
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Dopo le mie infruttuose avventure sulla neve del Generoso, permanendo lo stato di incertezza meteo e l’alternanza di precipitazioni e sole (poco) ho pensato di salire di quota per trovare una situazione più decente. Ho voluto fare in modo di vedere anche una zona a me quasi sconosciuta e così…..sbarco a Faido, in Val Leventina, da dove mi dirigo a Rossura e poi a Tengia. L’idea è ambiziosa, come sempre, ed è di salire sul Pizzo Molare del quale mi attirava il nome. Dopo qualche iniziale difficoltà nel trovare il sentiero per Aldescio arrivo in questa bella località con una manciata di belle casette e chiesetta del 1756 dove incontro davvero la neve che cela ogni traccia del percorso nel bosco. Costretto ad indossare ghette e ciaspole proseguo lasciandomi guidare dal GPS ma soprattutto dalle tracce degli animali che ritengo essere sempre ottimi conoscitori di ciò che c’è sotto la neve e che io non vedo. L’idea di salire di quota si è dimostrata azzeccata perché la neve è prevalentemente portante e piuttosto ghiacciata anche se talvolta cede improvvisamente oppure se attraverso zone in cui si dimostra scivolosa come il sapone. Dopo qualche tempo il bosco lascia il posto ad una zona aperta dove trovo l’Alpe Nara e le montagne circostanti mi appaiono in tutta la loro imponenza e bellezza. In primo piano, proprio sopra l’Alpe c’è il Poncione di Nara ed il suo versante SW appare solcato dalle barriere paravalanghe; per la verità pare che questa sia anche la via più facile per salirlo perché, a parte la cresta NNE, le altre vie richiedono qualche passo di arrampicata. Il mio progetto prevede di continuare in direzione del Pizzo di Nara (se questa Nara era una donna doveva essere affascinante visto che hanno voluto ricordarla in tanti modi!) per poi tagliarne il versante W e giungere alla quota 2247 dove si scollina in Val di Blenio e si sale alla Bocchetta di Sasso Bianco. Di lì, poi, per cresta si raggiunge la vetta. Accade invece che, forse un po’ obnubilato dalla fatica e incuriosito dal bell’aspetto del Pizzo di Nara decido di salire fin sulla sua cresta NW; questa si rivela essere una pessima scelta perché il pendio è “feroce”, la neve frequentemente traditrice e oltretutto, come al solito, la pista la faccio solo io su neve vergine. La lettura del recente libro di Simone Moro “La voce del ghiaccio” mi ricorda che chi sale gli 8000, nei momenti di difficoltà fa 30 passi e poi fermo, respira per 30”; beh funziona! Quando finalmente sbuco in cresta capisco di non aver avuto una buona idea: ora dovrei discendere la cresta NW dove non vedo alcuna traccia, neve del tipo “sliding”, diverse cornici e belle roccette. Mi dico: allora salgo il Pizzo di Nara; mi volto e anche lì stesso tipo di cresta. A quel punto è giocoforza fare: 1: sono stanco, 1: avanti non posso andare e dalla invenzione della matematica 1 + 1 fa 2 anzi…..fa 3. E già perché mancando lì un ameno luogo di soggiorno bisogna tornare giù per quella ripida china che solo a guardare le tracce della mia salita mi preoccupa. La respirazione mi torna utile anche in questo frangente; profonde ispirazioni mi….ispirano: baratto un bastoncino per la mia vetusta piccozza e inizio a scendere. Man mano che procedo riacquisto fiducia fin quando una bella scivolata mi ricorda dove sono; fortunatamente il becco della piccozza salva la situazione che si ripropone altre tre o quattro volte. Azzerata la pendenza, una volta in piano, inizio l’analisi della gita e come spesso accade comincio a costruirmi qualche alibi: nessuno ha tracciato la pista, hai sbagliato a salire al Pizzo di Nara, la neve è quello che è e da ultimo…..il Pizzo Molare è proprio brutto, almeno visto da quella prospettiva ed molto più accattivante il Poncione di Nara che sembra “un canino”. Scherzi a parte il Pizzo di Nara che il Brenna liquida brevemente ha una sagoma molto bella come è bella tutta la cresta che lo unisce a Mottarone e Motto Crostel. Uscendo dall’ambito di questa conca, invece, sono rimasto abbacinato dalla bellezza di tutti i monti della Val Leventina, primo tra tutti il Pizzo Forno che ti fa desiderare di essere un’aquila e sorvolare le sue creste e le nevi sottostanti la sua magnifica “pala”. Ma come si farà ad andare sul Pizzo Forno se anche un modesto “Molare” mi ha dato il mal di denti?
Vedremo, chissà!
Comincerò col tornare con qualche difficoltà in meno, d’estate.
D’altra parte se uno come skiboy ha rinunciato cinque volte prima di conquistarlo…..ci sarà un motivo no?
Nota: Le difficoltà dichiarate di T3 e WT5 si riferiscono unicamente alla salita alla cresta del Pizzo di Nara. Per il resto del percorso si consideri T2 e WT3.
Pillole….di sudore e di fatica:
Dislivello salita 1150m
Dislivello discesa 1150m
Lunghezza totale 11.4 km
Tempo totale lordo 6h20’
Tempo totale netto 5h50’
Soste 30’
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