A cavallo fra due valli. Dal Nara al Matro per la cresta
Le gambe fanno male, ancora una gobba, un saliscendi di questa cresta che non sembra finire mai e poi la liberazione: ai nostri piedi il fondovalle, laggiù quinte di montagne a perdita d'occhio, boschi dorati e pascoli che hanno la tinta dell'autunno. Siamo in vetta al Matro cima panoramicissima che divide la Leventina dalla Valle di Blenio come la grande prua di una nave.
La giornata era iniziata a Faido ai primi chiarori dell'alba, una bella mulattiera ci aveva portato a Figgione, poi a Rossura, poi a Purmagg - così chiamano quelli della zona il bel maggengo sopra Rossura. Posti dove ho passato l'infanzia, ricordi di quando correvo ragazzo per i prati e per i boschi, poco è cambiato in realtà da allora tranne che silenziosamente quasi tutti se ne sono andati. Di fronte il Pizzo Forno allarga le sue braccia alle luci dell'alba, più dietro il Tencia appena imbiancato.
Saliamo a buon passo, ecco Cassin, splendido monte con le cascine allineate nel prato verde a dominio del fondovalle, ecco Aldescio e poi la ripida salita che ben conosco verso l'Alpe Nara, boschi e valli d'or come dice la canzone. L'uscita dal bosco ci regala un quadro fra i più belli che le montagne possono offrire: un raggio di sole fa risplendere i larici di un giallo allegro contro le rocce del Pizzo di Nara, appena sotto la bella Alpe ancora nell'ombra e nel silenzio.
Ancora una breve salita e siamo alla Bassa, a cavallo fra Blenio e Leventina; dietro di noi la mole possente del Pizzo Molare, ancora una vecchia conoscenza della mia gioventù. Dall'altro lato lo schienone del Motto Crostel e poi giù giù una successione incredibile di cime, Casletto, Alto, Erra e, lontano lontano, l'antenna del Matro fa' capolino. Questo è il percorso che ci attende, tutto in cresta a cavallo fra le due valli.
In breve siamo in vetta al Motto Crostel, i panorami a picco verso la Leventina sono incredibili, dall'altro lato il poco che resta del ghiacciao dell'Adula e infinite cime; la discesa al Passo Crastumo ci regala quadri incredibili, i boschi di larici hanno un giallo dorato che risalta sui pascoli, lassù un cielo blu solcato da strane nubi di tutte le fogge.
Attacchiamo la selvaggia costiera del Pizzo Casletto, tenendoci il più posssibile sul filo di cresta; il terreno qui è spesso roccioso e dirupato sui fianchi, verso la Leventina grandi lavori sono stati fatti per proteggere il bosco dalle valanghe con ripari.Superato il Pizzo Alto raggiungiamo finalmente il Pizzo d'Erra, punto culminante della catena, dove c'è una bella scultura. Infinite gobbe e alture, talune boscose, altre rocciose, altre ancora erbose si stendono verso sud, la vetta del Matro è ancora lontana.
Rapida discesa al passo del Laghetto, la risaltia al Pizzo Pianché mette a dura prova i muscoli ormai stanchi; finalmente c'è un discreto sentierino che serpeggia fra torri di roccia, larici e rododendri; allunghiamo il passo ma la meta non sembra arrivare mai, finalmente ecco un torrione e dietro, vicinissima, la grande antenna del Matro.
Dalla vetta sono ancora 1900 metri fino a Biasca, in un ambiente bellissimo di boschi inframmezzati da grandi radure, dapprima il gialllo dei larici, poi il verde scuro delle peccete e il marrone del faggio e, più giù, dei castagni. Seguiamo il sentiero diretto che segue quasi tutto il crinale (ancora marcato dalla CNS), poi dal Motto bruciato il vecchio sentiero che scende a Pasquerio, purtroppo danneggiato dai recenti incendi.
Entriamo a Biasca correndo e ci fiondiamo in birreria per un meritato spuntino. Con nel cuore una giornata meravigliosa, fatta di amicizia, colori e grandi emozioni. E un grande grazie a Nicola Balestra per l'idea e la resistenza su di un perocrso non certo breve.
Nota tecnica. Traversata stupenda ma lunghissima, complessivamente circa 32 km e circa 2400 metri di dislivello. Il terreno è semplice nella prima parte, abbastanza complesso prima del Pizzo d'Erra, dove è importante stare il più possibile sul crinale (il risalto finale è attrezzato con cavi). Il percorso di discesa è molto diretto, ma richiede un po' di orientamento e ha tratti esposti se si segue il sentiero diretto che raggiunge il Motto Bruciato (questo tratto e il Pizzo d'Erra T4).
La giornata era iniziata a Faido ai primi chiarori dell'alba, una bella mulattiera ci aveva portato a Figgione, poi a Rossura, poi a Purmagg - così chiamano quelli della zona il bel maggengo sopra Rossura. Posti dove ho passato l'infanzia, ricordi di quando correvo ragazzo per i prati e per i boschi, poco è cambiato in realtà da allora tranne che silenziosamente quasi tutti se ne sono andati. Di fronte il Pizzo Forno allarga le sue braccia alle luci dell'alba, più dietro il Tencia appena imbiancato.
Saliamo a buon passo, ecco Cassin, splendido monte con le cascine allineate nel prato verde a dominio del fondovalle, ecco Aldescio e poi la ripida salita che ben conosco verso l'Alpe Nara, boschi e valli d'or come dice la canzone. L'uscita dal bosco ci regala un quadro fra i più belli che le montagne possono offrire: un raggio di sole fa risplendere i larici di un giallo allegro contro le rocce del Pizzo di Nara, appena sotto la bella Alpe ancora nell'ombra e nel silenzio.
Ancora una breve salita e siamo alla Bassa, a cavallo fra Blenio e Leventina; dietro di noi la mole possente del Pizzo Molare, ancora una vecchia conoscenza della mia gioventù. Dall'altro lato lo schienone del Motto Crostel e poi giù giù una successione incredibile di cime, Casletto, Alto, Erra e, lontano lontano, l'antenna del Matro fa' capolino. Questo è il percorso che ci attende, tutto in cresta a cavallo fra le due valli.
In breve siamo in vetta al Motto Crostel, i panorami a picco verso la Leventina sono incredibili, dall'altro lato il poco che resta del ghiacciao dell'Adula e infinite cime; la discesa al Passo Crastumo ci regala quadri incredibili, i boschi di larici hanno un giallo dorato che risalta sui pascoli, lassù un cielo blu solcato da strane nubi di tutte le fogge.
Attacchiamo la selvaggia costiera del Pizzo Casletto, tenendoci il più posssibile sul filo di cresta; il terreno qui è spesso roccioso e dirupato sui fianchi, verso la Leventina grandi lavori sono stati fatti per proteggere il bosco dalle valanghe con ripari.Superato il Pizzo Alto raggiungiamo finalmente il Pizzo d'Erra, punto culminante della catena, dove c'è una bella scultura. Infinite gobbe e alture, talune boscose, altre rocciose, altre ancora erbose si stendono verso sud, la vetta del Matro è ancora lontana.
Rapida discesa al passo del Laghetto, la risaltia al Pizzo Pianché mette a dura prova i muscoli ormai stanchi; finalmente c'è un discreto sentierino che serpeggia fra torri di roccia, larici e rododendri; allunghiamo il passo ma la meta non sembra arrivare mai, finalmente ecco un torrione e dietro, vicinissima, la grande antenna del Matro.
Dalla vetta sono ancora 1900 metri fino a Biasca, in un ambiente bellissimo di boschi inframmezzati da grandi radure, dapprima il gialllo dei larici, poi il verde scuro delle peccete e il marrone del faggio e, più giù, dei castagni. Seguiamo il sentiero diretto che segue quasi tutto il crinale (ancora marcato dalla CNS), poi dal Motto bruciato il vecchio sentiero che scende a Pasquerio, purtroppo danneggiato dai recenti incendi.
Entriamo a Biasca correndo e ci fiondiamo in birreria per un meritato spuntino. Con nel cuore una giornata meravigliosa, fatta di amicizia, colori e grandi emozioni. E un grande grazie a Nicola Balestra per l'idea e la resistenza su di un perocrso non certo breve.
Nota tecnica. Traversata stupenda ma lunghissima, complessivamente circa 32 km e circa 2400 metri di dislivello. Il terreno è semplice nella prima parte, abbastanza complesso prima del Pizzo d'Erra, dove è importante stare il più possibile sul crinale (il risalto finale è attrezzato con cavi). Il percorso di discesa è molto diretto, ma richiede un po' di orientamento e ha tratti esposti se si segue il sentiero diretto che raggiunge il Motto Bruciato (questo tratto e il Pizzo d'Erra T4).
Tourengänger:
blepori

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