Piz Lunghin, 2780
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Prima di chiudere l’anno, riesco finalmente a rimettere gli sci.
Dall’Aprica, dove la neve si fa desiderare, Piero ed io ci dirigiamo, scelta quasi obbligata, in Engadina.
Obiettivo un’altra classicissima che non ho mai fatto: il Piz Lunghin.
Dopo qualche patema di parcheggio, poco dopo le nove, infiliamo il sentiero che attraversa il pendio che scende dal Muotta Radonda per dirigersi verso il vallone che da i natali all’Inn.
Già, la neve che stiamo contribuendo a trasformare in acqua, presto scenderà nei laghi di Sils e Silvaplana e, non chiedetemi fra quanto, attraversate St. Moritz e Zernez, Innsbruck e Vienna, Budapest e Belgrado, si getterà, col nome di Danubio, nel Mar Nero.
Il Piz Lunghin, probabilmente più noto come meta scialpinistica ed escursionistica è un singolare punto spartiacque che alimenta i due più importanti fiumi europei, il Danubio appunto e il Reno, ma anche, passando per il Lago di Como e l’Adda, il più grande fiume italiano, il Po, distribuendo le sue acque fra Mediterraneo, Mare del Nord e Mar Nero.
La giornata è splendida e piuttosto mite e la salita decisamente piacevole.
Devo dire che me l’aspettavo, non so perché, meno diretta e un po’ noiosa e invece, a dispetto della relativa brevità, si tratta di una gita completa, con un breve tratto finale di facile arrampicata nella neve e uno spettacolare panorama a 360° che varrebbe da solo il viaggio.
Superato il lago Lunghin, allarghiamo un po’ il giro per vedere da vicino un bel pendio che sale verso nordovest ad un intaglio della cresta ovest del Grevasalvas, poi pieghiamo verso sud, superiamo un breve, ripido pendio e raggiungiamo rapidamente la cresta che si affaccia vertiginosa sopra Casaccia.
Lasciati gli sci, risaliamo l’ultimo tratto nevoso e sbuchiamo in vetta.
Esagero un po’ con le foto, ma la giornata e i panorami lo impongono.

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