Pizzo Marona (2051 m) dal Colle di Onunchio
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Motivi logistici, famigliari e di opportunità mi lasciano aperta una piccola finestra di tempo e di luogo nella mattina del Lunedì dell’Angelo. La meteo acconsente e quindi impossibile non approfittare. Come detto, la logistica mi impone di rimanere in zona Valle Intrasca, quindi non prendo nemmeno in considerazione l’ipotesi scialpinistica (ma è solo rimandata!) e “a suon” di frontale mi dirigo al punto di partenza dell’escursione, Scareno. Qui alle 04.00 parto in direzione di Piaggia, bell’alpeggio situato sotto la parete NE del Pizzo, la punta orientale del Todano. In effetti questo è l’unico versante di questa montagna di cui si possa a buon diritto parlare di “parete” (per il resto una grossa collina erbosa). Sempre in clima “da notturna” cerco il sentiero che prosegue verso Onunchio, ma i plurimi terrazzamenti erbosi con conseguenti plurime tracce che vi si dirigono mi fanno perdere una buona mezz’ora alla ricerca della traccia giusta (anche con la luce solare qui bisogna sapere “da che parte andare”). Trovato il sentiero corretto, mi inoltro nel bosco verso NW, nella Valle del San Giovanni, uno dei due fiumi che sfociano a Intra: Intra, appunto, significa “TRA i due fiumi”; l’altro è il San Bernardino, “il fiume della Valgrande”. Raggiungo Onunchio (1131 m), dopo aver attraversato il Rio dei Belmi a balzi sui massi (con la frontale non è così evidente…). Qui spengo la luce artificiale ed inizio la salita selvaggia sul Colle di Onunchio. Sono stato più volte sul Pizzo Marona (è un po’ come una “montagna di casa” per me) ma mai dal Colle di Onunchio, quindi sono particolarmente curioso di vedere com’è. Inizialmente molto ripido e con tanta paglia, poi un lungo tratto in cui la pendenza diminuisce, ed infine nuovamente ripido con dei tratti da passare sui pietroni. Ma in complesso mai oltre il T4 (i bastoncini non li ho mai riposti, segno che non ho dovuto “mettere giù” le mani). Sbuco infine proprio sopra la Scala Santa, sul sentiero che proviene dal Pian Cavallone, a pochi metri dal tratto chiamato “Passo del Diavolo”. Da lì in pochi minuti sono in vetta, dove ristagna un po’ di neve dura, dato l’orario. Penso sia la prima volta che raggiungo la mia meta alle 08.30… Foto di vetta, breve visita nella cappella-rifugio d’emergenza dove qualcuno ha posato una lapide sopra il libro di vetta che ora è inservibile (le pagine si sono appiccicate l’una contro l’altra e non si riesce a separarle) e poi giù di nuovo per la stessa via. Come auspicato, ben prima dell’una sono con le gambe sotto il tavolo, con doccia già fatta, per il pranzo di Pasquetta, con tutta la famiglia riunita.
Tempo totale: 7 ore e 15’
andata 4 ore e 30’ (di cui 2 ore e 30’ di notturna); ritorno 2 ore e 45’

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