Pico del Teide 3718 m


Publiziert von Floriano , 16. Juni 2010 um 23:08. Text und Fotos von den Tourengängern

Region: Welt » Spanien » Kanarische Inseln » Santa Cruz de Tenerife
Tour Datum: 1 Juni 2010
Wandern Schwierigkeit: T3 - anspruchsvolles Bergwandern
Hochtouren Schwierigkeit: L
Wegpunkte:
Geo-Tags: E 
Zeitbedarf: 2 Tage
Aufstieg: 1370 m
Strecke:TF-21 KM 40 2350m - Refugio de Altavista 3260m - Pico del Teide 3718m - Ritorno come l'andata
Zufahrt zum Ausgangspunkt:Da Playa San Juan si prende l'Autopista del Sur fino a Las Americas. Bivio per Arona sulla TF28 per Arona e si prosegue sulla TF51 fino a Vilaflor. Qui inizia la TF21, superando Mirador si arriva al Km 40, dove inizia la sterrata per il Teide.
Unterkunftmöglichkeiten:Refugio de Altavista 3260m

3.a escursione: Pico del Teide 3718m

La via normale al Teide parte poco oltre il Parador e richiede circa 1400m di salita. Niente di impossibile, anche se i 3700 e passa metri di quota della vetta non aiutano in questa scammellata, specie se si vuole salirla in giornata.
In alternativa si può dividere l'escursione in due giorni, pernottando al rifugio Altavista. In questo modo, oltre a dividere il dislivello, si ha l'opportunità di raggiungere la cima del vulcano più alto per vedere l'alba.
Il programma è decisamente allettante, ma c'è un ma: il rifugio ha una gestione tutta sua. Paese che vai, usanze che trovi, dice un vecchio proverbio, ma questa qui è davvero unica.
Il rifugio è di proprietà del parco, che circonda la cima del Teide e si trova a quota 3200m, circa 500m sotto il punto sommitale. Il gestore è un guardaparco, che si alterna con i colleghi al ritmo di 4 giorni. Il gestore però non prepara da mangiare, anche se il rifugio offre una cucina perfettamente attrezzata, oltre a delle bellissime stanze da letto recentemente rinnovate. Morale della favola: ci si deve portare il proprio cibo. Niente di male, nè di anomalo: tanti sono i rifugi alpini (anche se non sono custoditi) dove ci si deve organizzare in questo modo. L'anomalia la si intravvede all'ingresso: noi arriveremo alle poco dopo le 18 e l'ingresso è chiuso e rimarrà tale fino alle 20, orario ufficiale di apertura. Noi, grazie ad Enea, entreremo un'oretta prima, ma rimane la "strana" organizzazione, che si ripeterà al mattino, dato che alle 9 il rifugio deve essere sgombro di escursionisti e loro ciarabbattole, anzi anche prima.
Un'altra anomalia la si osserva all'ingresso, dove dominano due macchinette mangiasoldi, una per le bevande calde e l'altra per quelle fredde. Il gestore, se non hai monete, è pronto per cambiarti quasi ogni taglio di banconote.
Con questa doverosa premessa, capirai il perchè si parte al pomeriggio per salire al rifugio, dopo essersi organizzati per la cena. E qui la fantasia prende il potere: c'è chi si intrippa tra scatolette contenenti improbabili polpette e piselli, chi scommette su un più classico panino doppiamente farcito e chi prepara insalatoni. Ma lo scettro verrà assegnato al mitico mega-risottone (l'one è legato sia alla quantità preparata, decisamente a livello industriale, sia alle dimensioni che man mano acquisteranno i singoli chicchi).
Torniamo a noi, alla partenza del sentiero, che ci accoglie carichi come dei muli: oltre al cibo, abbiamo acqua per un reggimento (e vista l'esperienza di ieri, va benissimo) e vestiti per proteggerci anche ad un'alba a 3700m di quota in mezzo all'Atlantico. Bhe, non tutti sono così attrezzati: mancano guanti e cappelli, che però vengono recuperati in qualche modo.
La partenza è dolce e segue un'ampia carrareccia seguita a vista dai guardaparco, che controllano che non si esca dal sentiero e che non ci si porti a casa dei pezzi di ossidiana, qui presenti in gran quantità. Nessuno taglierà il sentiero e nessuno è così matto di caricarsi lo zaino con dei sassi, specie ora che siamo in fase di salita... nessuno? No, uno c'è: un antico cavaliere errante alla ricerca della pietra filosofale.
La carrareccia lascia poi spazio ad un sentiero che si inerpica con maggiore violenza. Passiamo accanto a palle di lava rafferma, colate nerastre che segnano i pendii, muri di polvere multicolore puntinati dalla presenza di flora, che non ha pensato di trovare luogo migliore per piantare le proprie radici. E il Teide è lì: un po' compare e poi scompare dietro qualche dorsale rocciosa, poi riappare e poi di nuovo si nasconde.
Anche il rifugio rimane occultato fino all'arrivo: è bello, è grande, è nuovo. Ma noi per un'oretta ne stiamo fuori, a scaldarci al sole serale, che fa, ora sì, un piacere del diavolo, specie a questa quota.
Arrivano anche i compari di Cento ed oltre a loro ci saranno una quindicina di altri escursionisti sparsi. Al massimo il rifugio ospita 60 persone e al massimo la cima del Teide è raggiungibile da un centinaio di escursionisti al giorno, in quanto è necessario avere un permesso speciale per salire fin lassù.

 

Prendiamo posto nella nostra camera, mentre osservo gli inutili movimenti strategici di chi cerca un angolo lontano dai potenziali russatori. Dico che è inutile dato che alla fine chi doveva russare non lo farà e chi invece, pur professando atto di fede da non-russatore, ci picchierà duro per tutta la notte. Poi iniziano le operazioni per la preparazione della cena, dove il risottone vincerà la nomination.
Qualche foto all'esterno, dove si comincia a battere i denti, la bevuta di una splendida coca (anzi Coca) a 3200m, qualche chiacchiera sciolta sono gli atti introduttivi alla notte.
Puntiamo la sveglia e... ciao!!! Sono le 4:30 e siamo giù dalle brande. Abbiamo fatto un po' di pianificazione per evitare la ressa ai bagni e in cucina e per arrivare sulla cima all'alba nè troppo presto (sennò si sta fermi e si gela), nè troppo tardi (sennò che alba in cima sarebbe???).
Avevamo concordato per le 4:40, ma il capo ci butta giù in anticipo dalle brande. Come tanti zombie cominciamo le operazioni mattutine: io ho già automatizzato tutto... mi vesto, infilo tutto il resto in un sacchetto, tiro fuori la merendina e i 2€ per il caffè, azzanno la prima e gusto il secondo. Passo alla fase sigaretta e posso finalmente cominciare a spiaccicare qualche parola.
Si parte nel buio, parzialmente tagliato via dalla presenza di tre quarti di luna, al punto che tengo quasi sempre spenta la frontale.
In fila rigorosamente indiana, ci infiliamo nel sentiero e cominciamo a pompare. Pensavo che avrebbe fatto più freddo, ma non è così e per ora guanti e cappello possono riposare nelle tasche.
Mi piace camminare di notte, mi piace da morire ed è difficile dire il perchè: non certo per i panorami e qui non è nemmeno per i profumi (a parte qualche ascella un po' stantia, siamo ben oltre il limite di ogni vegetazione). Non so: sarà per la sana follia, che pervade chi frequenta la montagna.
Teniamo un buon passo e poco dopo le 6 comincia a fare chiaro. Prima un sottile lembo spalmato sull'orizzonte, poi il cielo diventa di un blu che più blu non si può, poi siamo alla cima. Il sole non è ancora sorto e lassù troviamo altri compagni di rifugio. Alcuni sono furbescamente attrezzati con sacchi a pelo, dove mummiescamente domiciliano: in effetti a stare fermi si sbarbella e di brutto. Se potessi, mi metterei i piedi nello zaino.
Fermi, immobili, al riparo tra le rocce, attendiamo.
Ecco il sole, ma la solita malefica cappa di calima blocca la vista sul mare. E pensare che mi hanno decantato la vista delle varie isole dell'arcipelago che da quassù man mano si vedono inondare di luce. A noi, invece ... ciccia.
Si scende e finalmente possiamo osservare il cratere, in parte imploso. Una chiazza gialla di zolfo denuncia la presenza di un soffione ancora attivo e l'odore che arriva ne è la conferma (e pensare che temevo per aver cenato con le uova sode...).
Durante la discesa qualcuno approfitterà del teleferico, la funivia che fa risparmiare 1500m di discesa, ma sarà solo la minoranza, Enea incluso, che deve tenere a bada i morsi della schiena.
Io con gli altri puntiamo al rifugio, recuperiamo le nostre cose e scenderemo cazzeggiando a destra e a manca fino al punto di incontro con il nostro pullman.

 

E' presto e abbiamo tutto il tempo per fare i turisti all'interno dell'antica caldera vulcanica, poi, una volta a casa, via di corsa al mare, per il bagno di ordinanza e una cena come Dio comanda.
Da 0 a 3700m e ritorno: questo è il Teide.

 

Partecipanti: Antonella, Antonino, Antonio, Beppe, Chiara, Enea, Fabrizio, Floriano, Giovanni, Guido, Laura, Mauro, Nello, Ugo

Percorso: 23 km circa
Dislivello in salita e discesa: 1370 m circa
Tempo di percorrenza totale: 9 h circa tra salita e discesa

Tourengänger: Floriano, Chiara
Communities: Hikr in italiano


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Kommentare (2)


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grandemago hat gesagt:
Gesendet am 17. Juni 2010 um 11:49
Veramente una bella esperienza Floriano!
Sono sempre affascinato dai vulcani.

Ciao
Aldo

Floriano hat gesagt: RE:
Gesendet am 17. Juni 2010 um 18:45
.. eh si Aldo, è stata un'esperienza che mio mancava!!

Buone escursioni, Floriano


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