Verso la Cima Verta
|
||||||||||||
![]() |
![]() |
Verso Cima Verta
05 giugno 2010
Quando una relazione inizia con “verso” significa, almeno nel mio caso, che la meta programmata non è stata raggiunta, anche se questo non è mai da considerare una sconfitta.
Seguendo un itinerario inserito lo scorso anno da Siso, volevo infatti arrivare alla Cima Verta, o Motto della Tappa, partendo da Carena attraverso la Via del Ferro.
Lasciata l’auto alla stanga poco dopo i Monti di Ruscada, mi incammino sulla strada asfaltata di servizio per l’Alpe Giumello; il tempo non è un gran che, caldo ma soprattutto umido ed afoso, con molti nuvoloni sopra le vette. Già dalla partenza vedo ancora parecchia neve nella zona dove devo andare, qui siamo sul versante nord e fatica ad andarsene.
Arrivati a Cassina Nova mi faccio ingannare seguendo un’indicazione della Via del Ferro; dopo un po’ capisco che vado nella direzione sbagliata, e dei cartelli didattici mi fanno capire che è una deviazione per arrivare a delle vecchie miniere che sono state sistemate negli anni scorsi per poter essere visitate. Torno sui miei passi, ho perso venti minuti abbondanti, pazienza.
Riprendo il sentiero giusto, che taglia la carrozzabile e poi si addentra in una bella faggeta; il cammino è piuttosto ripido, si suda abbondantemente, non c’è un alito di vento. Dopo quasi un’ora si torna sulla carrozzabile, ma solo per poche decine di metri; il sentiero entra questa volta in un lariceto dal quale in brevissimo si arriva in vista della bella Alpe Giumello, non ancora caricata.
Qui si contraddistingue un curioso tronco pieno di coperchi di pentole e tegami modellati a mò di faccia.
Proseguo sotto la linea spartiacque che è anche linea di confine; ora il sentiero sale molto gradatamente, spesso è anche in piano, quindi si suda anche molto meno. Incomincio a trovare dei nevai nelle vallette più appartate; quasi tutti non danno alcun problema nell’attraversarli, perché lo scarpone affonda il giusto nella neve. Uno però è particolarmente ripido e, almeno all’andata, molto scivoloso, per cui mi servono i bastoncini e impiego parecchio ad attraversarlo con la dovuta cautela. Nella zona del Piano delle Pecore i nevai hanno formato un piccolo stagno dove vi è una concentrazione di rane che, personalmente, mai mi era capitato di incontrare; il loro gracidare si sente bene da parecchie decine di metri.
Proseguo con sempre maggiore difficoltà perché i nevai mi fanno perdere la traccia, e se in qualche caso è semplice intuirla, in altri lo è meno. Superata una bocchetta a quota 1900 metri scendo sotto la bocchetta di Sommafiume; qui la neve è ancora parecchia ed il sentiero è completamente coperto. Poi per una mezz’ora abbondante la nebbia, che risale dall’Italia, avvolge tutto; si vede poco, ed è qui che decido di lasciare e tornare. Solo successivamente, alzatasi la nebbia, dalla bocchetta riesco a vedere con il binocolo i pali segnavia abbattuti dalla neve, ma ormai non ho più voglia di tornare indietro, così dopo aver mangiato qualcosa rientro sui miei passi. Il tempo ora è migliorato, anche se la foschia rimane e a fatica si intravede il lago Maggiore in lontananza.
Una escursione interessante, ideale da farsi in autunno, ovviamente quando la neve non è ancora caduta.
Partenza : 1020 m.
Arrivo : 1900 m. circa
Dislivello : 900 m. circa
Tempo : 3 ore e mezza fin poco sotto la Bocchetta di Sommafiume

Kommentare