Rifugio Carate dal Vallone dello Scerscen e Grotta del Veronica
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Per me il Vallone dello Scerscen (percorso inspiegabilmente da solo una variante dell'Alta Via della Valmalenco) rimane, nonostante la molta meritevole concorrenza, il luogo più affascinante di tutta la valle: isolamento, rocce, colori e panorami incredibili. Proprio qui l'arretramento in corso dei ghiacciai - impressionante anche a memoria personale - si è sovrapposto all'avanzata maggiore (minor quota raggiunta) nel versante retico durante la Piccola Glaciazione ottocentesca; questo ha fatto sì che sul terreno si possano riconoscere erosioni, piccole morene poco strutturate, rocce montonate e striate, e detriti pietrosi rappresentanti di tutte le rocce delle vette circostanti. Ma l'immagine che più rimane impressa è, di poco oltrepassato il baitello dell'Alpe Scerscen, l'improvvisa comparsa della bancata di marmi candidi, della cospicua potenza di circa 200 metri, che costituisce il termine a valle del filone che compone la celebre vetta del Pizzo Tremogge: non è difficile scambiarla, al primo sguardo, per un fronte glaciale con seracchi affacciati sulle serpentiniti rosse-verdi-blu del fondovalle.
La traccia - più assente che presente, ma sufficientemente segnata - che sale dal Ponte degli Alpini (in condizioni assai precarie) alla Bocchetta delle Forbici appare scarsamente frequentata, ma, dopo un brutto e scomodo tratto iniziale fra sassi e cespugli, si addentra in un percorso roccioso interessante e caratteristico.
Discorso a parte merita la Grotta del Veronica, facente parte del gruppo di Grotte dello Scerscen, unica facilmente visitabile (occorre solo una buona fonte di illuminazione); scoperte ufficialmente a partire dal 1986 (ma non si esclude un precedente uso come riparo per cacciatori) sono finora scampate ad uno sbandierato progetto di valorizzazione da parte del Comune di Lanzada: tuttora i fondi stanziati sono serviti esclusivamente alla produzione di un video - reperibile in rete - di una discesa virtuale con visione soggettiva.
Dal piazzale di parcheggio accanto al Rifugio Poschiavino si imbocca a modo di tornante la strada che, dopo una sbarra (sempre aperta), si avvia a percorrere il coronamento della prima e più grande diga dell'invaso di Campomoro; appena oltrepassata la casa dei guardiani, si scende a sinistra lungo una sterrata che conduce alla base della seconda diga di Campomoro. A questo punto, trascurando le indicazioni per i Rifugi Carate e Marinelli (via di ritorno), si volge a sinistra proseguendo sulla sterrata per l'Alpe Foppa e l'Alpe Musella; trascurata al bivio la direzione per Foppa e Franscia, si volge a destra costeggiando una muraglia di nere rocce serpentinose. In breve si arriva ad abbandonare la sterrata per una mulattiera che, staccandosi sulla destra, comincia a risalire, dapprima ripida e sassosa, una splendida foresta di conifere miste per raggiungere un poggio panoramico monolitico e successivamente la vasta spianata dell'Alpe Musella. Si attraversa il torrente su di una passerella arrivando al costone con molte baite ristrutturate (fra cui i Rifugi Mitta e Musella) e si prosegue accanto ad una chiesetta fino alle baite più occidentali: un cartello dell'Alta Via della Valmalenco indica la direzione per il Vallone di Scerscen. Il sentiero, che inizialmente perde quota, dopo aver attraversato un luminoso lariceto, si addentra fra le rocce multicolori del Vallone (le serpentiniti, a seconda del tempo di esposizione alla luce ed alle intemperie, si ossidano in varia intensità variando colore dal verde-blu all'arancione ed al nero); poco oltre una breve passerella di legno con catena passamano, si affiancano le strutture esterne delle ultime cave di amianto dismesse in Valmalenco, appena prima di attraversare definitivamente il torrente. [A livello del sentiero si incontrano i ruderi - sempre più disastrati dai vandalismi col passare degli anni - delle strutture tecniche più recenti (anni '950/'960 circa) con un canale di presa d'acqua e locali con caldaie e compressori; più in alto, alla base delle rocce ed in cima ad una ripida discarica, dietro una sorta di facciata di abitazione si trovano cucine e dormitori, oltre all'umidissimo imbocco delle gallerie più antiche]. Si prosegue alternando tratti piani sul greto e risalite a terrazzi superiori: al di sotto di una roccia aggettante si riconoscono a malapena i pochi sassi perimetrali dell'Alpe Scerscen, abbandonata all'inizio dell'800 per l'avanzata dei ghiacci durante la Piccola Glaciazione. Un ultimo tratto ripido porta ad una sorta di bocchetta caratterizzata da una palina indicante varie mete: si prende la direzione di sinistra che, scendendo dapprima in una valletta di rado pascolo, sale poi fra sassi e poche ripide tracce nell'erba fino alle cospicue colate detritiche dei Sassi Bianchi in direzione della Forcella d'Entova: non si arriva a raggiungerla, perchè all'altezza di una palina senza indicazioni (giacente spezzata a terra) si retroverte la direzione - scritta "Sassi Bianchi" - e si attraversa tutto il versante. Si tratta di un sentierino ben segnalato attraverso ghiaie e massi calcarei che porta fino al fondo dell'anfiteatro di Scerscen e al Rifugio Marinelli; due tratti di catene che aiuterebbero nell'attraversamento di canaloni esposti e franosi sono quasi totalmente disancorate dal terreno. Poco meno di un centinaio di metri dalle ultime attrezzature, in vista di una valletta sospesa un poco erbosa, si abbandonano i segnali per risalire brevemente per la massima pendenza; poche decine di metri e, alla base di una paretina di roccia compatta giallastra, si nota l'imbocco della Grotta del Veronica (a lato una lapide commemorativa dello scopritore). Un cancello apribile consente - con adeguato apparato di illuminazione - di entrare nell'ampia condotta discendente del ramo principale: fra grossi massi e qualche gelido stillicidio si raggiunge il fondo presso una limpida pozza sifonante su diametri non più percorribili. Attualmente lungo il tragitto principale e nei due rami secondari sono presenti dei sensori termo-igrometrici, per i quali un cartello all'ingresso raccomanda di tenersi distanti al fine di non alterare le accurate misurazioni. Tornati al sentiero principale, si prosegue in discesa aggirando su terreno morenico le ultime propaggini della bancata calcarea e raggiungendo il fondo della valle discendente dal Pizzo Tremogge, un tempo ospitante la gran parte del Ghiacciaio di Scerscen Inferiore; in corrispondenza della passerella gettata sul torrente vallivo, si intercetta il sentiero proveniente dal Rifugio Marinelli (variante della 5° tappa e percorso dell'ultratrail VUT). Ignorata la deviazione per il vicino Cimitero degli Alpini, si prosegue fino a intercettare i bolli CAI che indirizzano alla Bocchetta delle Forbici; il tipo di terreno, particolarmente disagevole fra sassi morenici e bassi cespugli della vegetazione periglaciale, accompagna fino all'eroso ed impervio solco del torrente Scerscen. L'attraversamento è consentito da una duplice passerella metallica - Ponte degli Alpini - piuttosto precaria in almeno una delle due spallette; si prosegue risalendo, con l'agevolazione di una lunga catena, un lastrone di serpentino bagnato. [La traversata/risalita al Rifugio Carate è da intraprendere solo in caso di visibilità ideale a causa della non prevedibilità del percorso e della scarsa visibilità delle segnalazioni a vernice.]. Si procede poi con una decisa risalita attraverso il versante occidentale del Monte delle Forbici; giunti su una spalla di lisci lastroni di serpentino, la traccia inverte direzione e va a contornare da nord lo stesso Monte delle Forbici e lungo un canalino friabile si porta al primo dei due Laghetti delle Forbici, preceduto da ampi terrazzamenti con vegetazione simil-tundra. In piano si supera il secondo specchio d'acqua e con una diagonale in lieve salita si raggiunge la Bocchetta delle Forbici: sempre maestoso il panorama riassuntivo che si apre alle spalle. Da qui è già visibile il sottostante e vicinissimo Rifugio Carate. Non rimane che imboccare il sentiero di normale accesso alla capanna, con la lunghissima serpentina di comodi tornanti attraverso il pendio detto "Sette sospiri" (terrazzi morenici); al limitare del bosco si lascia a destra la traccia per l'Alpe Musella e si prosegue in lunga ed ondulante traversata fino alla soglia rocciosa affacciata su Campomoro. Il sentiero scende con numerose ripide svolte che collegano passaggi su cenge talora esposte fino al piazzale alla base della seconda diga di Campomoro, ricongiungendosi infine alla via di andata.
La traccia - più assente che presente, ma sufficientemente segnata - che sale dal Ponte degli Alpini (in condizioni assai precarie) alla Bocchetta delle Forbici appare scarsamente frequentata, ma, dopo un brutto e scomodo tratto iniziale fra sassi e cespugli, si addentra in un percorso roccioso interessante e caratteristico.
Discorso a parte merita la Grotta del Veronica, facente parte del gruppo di Grotte dello Scerscen, unica facilmente visitabile (occorre solo una buona fonte di illuminazione); scoperte ufficialmente a partire dal 1986 (ma non si esclude un precedente uso come riparo per cacciatori) sono finora scampate ad uno sbandierato progetto di valorizzazione da parte del Comune di Lanzada: tuttora i fondi stanziati sono serviti esclusivamente alla produzione di un video - reperibile in rete - di una discesa virtuale con visione soggettiva.
Dal piazzale di parcheggio accanto al Rifugio Poschiavino si imbocca a modo di tornante la strada che, dopo una sbarra (sempre aperta), si avvia a percorrere il coronamento della prima e più grande diga dell'invaso di Campomoro; appena oltrepassata la casa dei guardiani, si scende a sinistra lungo una sterrata che conduce alla base della seconda diga di Campomoro. A questo punto, trascurando le indicazioni per i Rifugi Carate e Marinelli (via di ritorno), si volge a sinistra proseguendo sulla sterrata per l'Alpe Foppa e l'Alpe Musella; trascurata al bivio la direzione per Foppa e Franscia, si volge a destra costeggiando una muraglia di nere rocce serpentinose. In breve si arriva ad abbandonare la sterrata per una mulattiera che, staccandosi sulla destra, comincia a risalire, dapprima ripida e sassosa, una splendida foresta di conifere miste per raggiungere un poggio panoramico monolitico e successivamente la vasta spianata dell'Alpe Musella. Si attraversa il torrente su di una passerella arrivando al costone con molte baite ristrutturate (fra cui i Rifugi Mitta e Musella) e si prosegue accanto ad una chiesetta fino alle baite più occidentali: un cartello dell'Alta Via della Valmalenco indica la direzione per il Vallone di Scerscen. Il sentiero, che inizialmente perde quota, dopo aver attraversato un luminoso lariceto, si addentra fra le rocce multicolori del Vallone (le serpentiniti, a seconda del tempo di esposizione alla luce ed alle intemperie, si ossidano in varia intensità variando colore dal verde-blu all'arancione ed al nero); poco oltre una breve passerella di legno con catena passamano, si affiancano le strutture esterne delle ultime cave di amianto dismesse in Valmalenco, appena prima di attraversare definitivamente il torrente. [A livello del sentiero si incontrano i ruderi - sempre più disastrati dai vandalismi col passare degli anni - delle strutture tecniche più recenti (anni '950/'960 circa) con un canale di presa d'acqua e locali con caldaie e compressori; più in alto, alla base delle rocce ed in cima ad una ripida discarica, dietro una sorta di facciata di abitazione si trovano cucine e dormitori, oltre all'umidissimo imbocco delle gallerie più antiche]. Si prosegue alternando tratti piani sul greto e risalite a terrazzi superiori: al di sotto di una roccia aggettante si riconoscono a malapena i pochi sassi perimetrali dell'Alpe Scerscen, abbandonata all'inizio dell'800 per l'avanzata dei ghiacci durante la Piccola Glaciazione. Un ultimo tratto ripido porta ad una sorta di bocchetta caratterizzata da una palina indicante varie mete: si prende la direzione di sinistra che, scendendo dapprima in una valletta di rado pascolo, sale poi fra sassi e poche ripide tracce nell'erba fino alle cospicue colate detritiche dei Sassi Bianchi in direzione della Forcella d'Entova: non si arriva a raggiungerla, perchè all'altezza di una palina senza indicazioni (giacente spezzata a terra) si retroverte la direzione - scritta "Sassi Bianchi" - e si attraversa tutto il versante. Si tratta di un sentierino ben segnalato attraverso ghiaie e massi calcarei che porta fino al fondo dell'anfiteatro di Scerscen e al Rifugio Marinelli; due tratti di catene che aiuterebbero nell'attraversamento di canaloni esposti e franosi sono quasi totalmente disancorate dal terreno. Poco meno di un centinaio di metri dalle ultime attrezzature, in vista di una valletta sospesa un poco erbosa, si abbandonano i segnali per risalire brevemente per la massima pendenza; poche decine di metri e, alla base di una paretina di roccia compatta giallastra, si nota l'imbocco della Grotta del Veronica (a lato una lapide commemorativa dello scopritore). Un cancello apribile consente - con adeguato apparato di illuminazione - di entrare nell'ampia condotta discendente del ramo principale: fra grossi massi e qualche gelido stillicidio si raggiunge il fondo presso una limpida pozza sifonante su diametri non più percorribili. Attualmente lungo il tragitto principale e nei due rami secondari sono presenti dei sensori termo-igrometrici, per i quali un cartello all'ingresso raccomanda di tenersi distanti al fine di non alterare le accurate misurazioni. Tornati al sentiero principale, si prosegue in discesa aggirando su terreno morenico le ultime propaggini della bancata calcarea e raggiungendo il fondo della valle discendente dal Pizzo Tremogge, un tempo ospitante la gran parte del Ghiacciaio di Scerscen Inferiore; in corrispondenza della passerella gettata sul torrente vallivo, si intercetta il sentiero proveniente dal Rifugio Marinelli (variante della 5° tappa e percorso dell'ultratrail VUT). Ignorata la deviazione per il vicino Cimitero degli Alpini, si prosegue fino a intercettare i bolli CAI che indirizzano alla Bocchetta delle Forbici; il tipo di terreno, particolarmente disagevole fra sassi morenici e bassi cespugli della vegetazione periglaciale, accompagna fino all'eroso ed impervio solco del torrente Scerscen. L'attraversamento è consentito da una duplice passerella metallica - Ponte degli Alpini - piuttosto precaria in almeno una delle due spallette; si prosegue risalendo, con l'agevolazione di una lunga catena, un lastrone di serpentino bagnato. [La traversata/risalita al Rifugio Carate è da intraprendere solo in caso di visibilità ideale a causa della non prevedibilità del percorso e della scarsa visibilità delle segnalazioni a vernice.]. Si procede poi con una decisa risalita attraverso il versante occidentale del Monte delle Forbici; giunti su una spalla di lisci lastroni di serpentino, la traccia inverte direzione e va a contornare da nord lo stesso Monte delle Forbici e lungo un canalino friabile si porta al primo dei due Laghetti delle Forbici, preceduto da ampi terrazzamenti con vegetazione simil-tundra. In piano si supera il secondo specchio d'acqua e con una diagonale in lieve salita si raggiunge la Bocchetta delle Forbici: sempre maestoso il panorama riassuntivo che si apre alle spalle. Da qui è già visibile il sottostante e vicinissimo Rifugio Carate. Non rimane che imboccare il sentiero di normale accesso alla capanna, con la lunghissima serpentina di comodi tornanti attraverso il pendio detto "Sette sospiri" (terrazzi morenici); al limitare del bosco si lascia a destra la traccia per l'Alpe Musella e si prosegue in lunga ed ondulante traversata fino alla soglia rocciosa affacciata su Campomoro. Il sentiero scende con numerose ripide svolte che collegano passaggi su cenge talora esposte fino al piazzale alla base della seconda diga di Campomoro, ricongiungendosi infine alla via di andata.
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