La cresta NNE della Cima dell'Uomo 2390 m
"La lunga cresta NNE, che separa i due rami della Valle di Moleno, resta ancora in parte sconosciuta" (cit. Brenna).
Ora non è più sconosciuta.
"Vorrei dirvi tante cose, ma non so da dove iniziare".
Anzitutto questo tour è stato il più laborioso da me svolto in solitario.
Ancor più dei due Torrent da Osogna fatti in giornata qualche anno fa quando avevo ancora poca esperienza.
La Cima dell'Uomo mi ha regalato grande soddisfazione.
La sua NNE è una bellissima cresta la cui principale difficoltà sta nell'accedervi. Ho voluto vederla con i miei occhi dopo essere stato ispirato da
Poncione, vero ideatore di questa uscita esplorativa a cui ho "rubato" l'idea, non senza chiedergli il "permesso" a poche ore dalla mia partenza.
La benedizione è stata data nonostante trapelasse un certo dispiacere per il fatto di non poter partecipare.
A lui dedico la relazione e il nome della via che ho introdotto in hikr. Emi sarà certamente capace di percorrere questa via perfezionandone l'itinerario di accesso e abbellendola di ulteriori immagini.
Il mio tour parte dalla Riviera, risale la Valle di Moleno, percorre per intero la cresta NNE della Cima dell'Uomo, tocca le due Cime di Erbea e discende la Valle di Gorduno.
L'idea iniziale era di proseguire per il Gaggio, la Cima d'Aspra e di ritornare a Gnosca.
Non è stato possibile, né ragionevole per me, concretizzare questa idea a causa del dispendio di energia e di tempo avvenuto durante l'escursione. In sostanza il Gaggio vorrei visitarlo e al contempo goderlo nel prossimo futuro, in questo giorno non avrebbe avuto senso.
L'obbiettivo primario è limitato alla cresta NNE della Cima dell'Uomo e posso dire di averlo raggiunto.
A pochi passi dalla Cima dell'Uomo

La Valle di Moleno
Lascio l'auto a Preonzo in previsione di rientrare da Gnosca. Ci sono parcheggi liberi in paese. Sono le 05.15. Il cielo sta già schiarendo, la natura si sta risvegliando, l'aria è intrisa di umidità e satura di energia, io cerco di prenderne perchè so che oggi me ne servirà. Gli alberi sono verdi, sembra estate, ma il mio zaino contiene tutto il necessario per ogni evenienza come in inverno: vestiti pesanti, ciaspole, ramponi, corda, piccozza, addirittura un'hartva qualora abbia da affrontare pendii innevati. In effetti sopra i 1800 m la neve è presente e il rischio di valanghe bagnate è ancora piuttosto accentuato.
Seguo una sterrata a monte del villaggio fino a Moleno, dove imbocco un sentiero seguendo le indicazioni per la Capanna Alpe di Gariss. Dapprima si scende un poco per attraversare il Riale di Moleno, che è un torrente bello impetuoso. Il sentiero volge immediatamente a sinistra ma non è marcato in modo evidente pertanto mi perdo per qualche istante.
La salita nel bosco è fluida e guadagna quota fino a 900 m dove inizia una parte piuttosto pianeggiante.
Presso l'Alpe di Riapiano, a 935 m, intravvedo il punto di inizio della lunga cresta che andrò ad affrontare. Si tratta di Mottascio, come si intuisce dal nome è un motto (non bellissimo) quotato 1564 m. Per raggiungerlo risalgo ulteriormente la splendida valle attraversando un ponte romano e raggiungendo la bucolica Alpe di Lai. Da qui il sentiero costeggia la base del costone che converge nella mia cresta. Lo seguo fino a portarmi sul suo fianco orientale in un bel bosco. Se proseguissi raggiungerei in meno di mezz'ora la Capanna Alpe di Gariss. Ma in un punto casuale a quota 1320 metri abbandono finalmente la traccia. Voglio portarmi sul Mottascio e valutare cosa mi aspetta sopra. Nel caso il terreno fosse impervio potrei discendere e proseguire fino alla Capanna cercando un accesso sul fianco orientale della cresta. Sono le 08.54.
Valle di Moleno, quota 935 m, vista su Mottascio (l'inizio della cresta)

L'accesso alla cresta
Sul web ho trovato soltanto un'unica descrizione della cresta NNE. La persona, di lingua tedesca, ha sfruttato il fianco orientale molto ripido come accesso, dopo l'Alpe di Gariss, ovvero il mio piano B. Non ho potuto osservare bene questo accesso, sembrerebbe più semplice del mio ma salterebbe via la prima parte della cresta. Per la descrizione vedi il seguente link: /www.holzding.ch/zberg/TI/uomoNE.html. La sua descrizione è stata per me utile e fondamentale.
Dalla quota 1320 m risalgo una faggeta, dapprima su buon terreno, poi avvicinandomi alla vetta di Mottascio il terreno si fa roccioso e cosparso di vegetazione su pendenze sempre più sostenute (T5). Ci sono passaggi di grado I e II da superare e rododendri da gestire.
Raggiunto Mottascio mi accorgo che davanti a me c'è un secondo motto. È ben più alto, sulla CNS è indicato come quota 1904 m. In mezzo c'è una dorsale da percorrere ma la via non è di facile intuizione. Mi abbasso un poco fino ad una bocchetta. Davanti ho una linea rocciosa, un muro di 4 metri circa. Non è possibile aggirare questa linea in quanto ci si porta su versanti precipiti nel lato destro, oppure si costeggia la muraglia su pendii molto ripidi a sinistra. Io provo a costeggiare a sinistra ma mi affaccio presto su una zona impervia. Pertanto risalgo il muro (III) con buone prese ma mischiate a tanto muschio e vegetazione di impiccio.
Nell'immagine sottostante ho tenuto la destra.
Primo passaggio chiave obbligatorio (Mottascio 1564 m)

Poco più avanti, a quota 1620 m, incontro subito una seconda linea rocciosa. Anch'essa impossibile da aggirare in quanto coinvolge l'intera dorsale. Trovo un buon passaggio: si tratta di un diedro all'interno del quale mi trovo a mio agio (III). L'unico problema è lo zaino. Devo issarmi in una fessura e non ci passo. Pertanto lo lego con un barcaiolo e lo pongo fuori in un piccolo anfratto che ho evitato di utilizzare nella salita a causa dell' importante esposizione.
Uscito dalla fessura lego la corda ad una pianta e recupero lo zaino.
Superato questo passaggio mi prendo la prima pausa. Sono le 10.00.
Secondo passaggio chiave obbligatorio (linea rocciosa a 1620 m)

Gli ultimi 300 m di salita non presentano difficoltà eccessive pur restando sempre su un T6 ricco di passaggi da arrampicare, canalini e muretti da scavalcare, il tutto con la presenza di fitta boscaglia. Talvolta la vegetazione fa la differenza offrendomi valide prese quando la roccia nell'erba e nella terra si muove. In generale si tratta di roccia malferma. Ho staccato involontariamente anche un macigno facendolo purtroppo precipitare a valle.
Alle 11.20 raggiungo la quota 1905 m. Ahimè non riesco ancora ad avere una visione d'insieme della cresta. Della Cima dell'Uomo nemmeno l'ombra. Devo procedere a quota 2000 m.
La NNE-Grat (Via Emi)
La prima visione di ciò che mi aspetta è possibile alla quota 1960 m. In questo punto si delinea la lunga cresta dominata in fondo dalla Cima dell'Uomo. A destra si staglia il Madone, a sinistra le due Cime di Erbea e il Gaggio. Cazzane, Erbea e Albagno sono le strategiche bocchette che posso osservare. Da queste potrò nel pomeriggio scollinare qualora decidessi di tornare dalla Valle di Moleno. D'altronde mi sono portato apposta appresso le ingombranti ciaspole.
Finalmente abbandono la fitta vegetazione e proseguo su roccia per lo più buona. La cresta dalla quota 1960 m è piuttosto facile. La graderei "PD meno" in quanto non presenta grosse difficoltà, è per lo più ampia, presenta frequenti passaggi di I, alcuni di II, alcuni aggirabili seguendo una traccia di camosci prevalentemente sul lato orientale.
La NNE-grat vista dalla quota 2112 m

Nei pressi della quota 2112 c'è un salto di 3 metri (III) da discendere. A sinistra presenta maggiore sicurezza pur rimanendo esposto (forse II+). Successivamente ci sono due passaggi da aggirare. Un muretto (IV troppo esposto per me) lo aggiro a destra su una cengia nella quale occorre abbassarsi e procedere accovacciati. Recupero presto la cresta risalendo il fianco su terreno franoso. Qui bisogna stare attenti se c'è ghiaccio. Un grande spuntone verticale va aggirato per forza sul lato sinistro. C'è una flebile traccia nel ripido pendio erboso, quindi si risale un canale (45 gradi o più).
Raggiungo nuovamente la cresta nei pressi di un caratteristico arco di roccia.
Arco di roccia nei pressi della quota 2286 m

Sono molto vicino alla quota 2286 m. Presto supero anche questa quota. La cresta prosegue con difficoltà gestibili, bisogna tenere alta la concentrazione perché c'è sempre una discreta esposizione sulla destra.
Ad un certo punto mi imbatto in una vecchia rete metallica arruginita posta in passato per proteggere il bestiame. Questa va deliberatamente scavalcata. Come quando da piccoli si andava nelle proprietà private a recuperare il pallone.
Rete metallica da scavalcare ai piedi dell'ultima sezione di cresta

Direi che ci siamo quasi. Dopo la rete ci sono gli ultimi 100 metri. Sono quelli che Brenna descrive. Alla mia destra mi sembra di scorgere la famosa cengia, dominata da un scenografico pinnacolo.
La salita implica la ricerca del passaggio migliore tra piccoli nevai ripidi e rocce a gradoni fino ad un piccolo sperone finale. Attenzione anche negli ultimi metri! Non sono da sottovalutare.
Alle 13.52 abbraccio la croce di vetta per la terza volta nella mia vita! Otto ore e mezza fino a qui.
Meritata pausa.
L' Erbea Occidentale
Ampiamente descritto l'Erbea occidentale è stato per me una montagna difficile e delicata da superare. Forse la stanchezza e il peso del mio zaino hanno giocato a mio sfavore. In ogni caso ci ho messo il massimo del mio impegno in quanto presenta due elementi di criticità: l'accesso da ovest e la discesa dalla cresta est.
Abbandono presto la principale vetta di giornata. Discendo il canale attrezzato che è pulito. Dalla bocchetta senza nome seguo i nevai (ciaspole finalmente) e mi abbasso fino a circa 2200 metri avvicinandomi alla lunga bastionata dell'Erbea. Intendo studiare un possibile accesso al pendio meridionale senza dovermi abbassare per aggirare la roccia. Individuo un canalino: sembra fattibile. Lo raggiungo traversando sul ripido pendio innevato a macchia di leopardo (senza ciaspole). La neve è pessima.
Risalgo il canalino e devo arrampicare un piccolo passaggio ben appigliato ma molto esposto (III). Mi prendo un po' di tempo. Dapprima provo i passaggi senza zaino poi lo affronto con calma. Sbuco sul facile pendio detritico dell'Erbea e lo risalgo fino alla vetta. Sono le 15.29.
Passaggio chiave per accedere da ovest alla Cima d'Erbea

Senza indugiare proseguo per il mio itinerario.
Gnosca dal Gaggio mi sembra ancora un percorso sostenibile e più breve rispetto alla discesa dalle valli. Ma presto mi accorgerò di aver stimato male le distanze.
Devo discendere la cresta est. È bella in piedi nel primo tratto e poi in un secondo tratto. Infine la placconata presenta un'ulteriore muretto per discendere sul piano sottostante e, ancora, per raggiungere direttamente la bocchetta d'Erbea c'è un muretto da disarrampicare. Almeno 3 sono i passaggi di III grado. È obbligatorio tenere il filo della cresta in quanto sia a destra, sia a sinistra si è esposti. C'è un cordino doppio per predisporre una calata poco sotto la vetta.
La cresta est dell'Erbea (vista dalla Cima est)

L' Erbea Orientale
Impiego circa 45 minuti a saltare da una vetta all'altra. Superata la Bocchetta che le divide (Erbea), valido accesso alla Valle di Moleno, si tratta soltanto di salire cercando la via più logica. Ero stato già una volta sulla cima orientale, in inverno. Sono convinto di perdere poco tempo a salire, in effetti si tratta di 70 metri. Ma giunto in vetta mi rendo conto della distanza tra me e il Gaggio, oltre alla perdita di quota richiesta per raggiungere la Bocchetta di Albagno. Voglio una birra e tornare a casa.
Pertanto abbandono il progetto di ritorno dal Gaggio.
La Cima di Erbea Orientale è facile e panoramica. Non presenta alcuna difficoltà. La discendo un po' più ad est rispetto alla mia via di ascesa.
Cima di Erbea Orientale (vista dalla cresta est della cima principale)

La Capanna Albagno e la discesa a Gorduno
Dopo la mia saggia e ponderata decisione mi dirigo tramite il sentiero alla Capanna Albagno. La UTOE ha predisposto un codice di accesso. Fortunatamente chiamando il numero indicato mi viene fornito il codice e mi fermo per una birra.
La discesa fino a Gorduno è infinita ma bella. Ci sarà ancora qualche salita per raggiungere la Baita Arami, uno dei luoghi più belli della regione con una prestigiosa vista sul Pizzo di Claro. Da Bedretto il sentiero segue la strada con ampi tagli fino a Gorduno.
Raggiungerò il paese alle 20.50, appena in tempo per prendere l'autopostale e rientrare comodamente a Preonzo risparmiando 7 km aggiuntivi.
Un arcobaleno mi tiene compagnia durante la prima parte della discesa. Discesa che affronto con calma senza correre troppo.
Alpe Cassengo (1624 m)

Considerazioni sulle difficoltà
Ad una settimanetta dalla pubblicazione della relazione aggiungo qualche considerazione sul grado di difficoltà di questa escursione.
La relazione è focalizzata sulla cresta NNE. Infatti il titolo indica soltanto questa. La cresta non presenta particolari difficoltà pur rimanendo un itinerario alpinistico con passaggi delicati (tra cui un salto di III, trasformabile in II+) e punti esposti. Pertanto non supera il PD meno.
Tuttavia l'accesso da me effettuato ha 2 passaggi difficili e lo valuto AD in quanto espone ad un certo rischio senza essere assicurati. La cima di Erbea fatta nel mio modo è pure un AD (o AD meno): il canaletto per accedere da ovest e la discesa dalla cresta est andrebbero fatti preferibilmente con la corda.
Siccome non ci sono altre relazioni sulla cresta NNE e non è obbligatorio farla usando il mio accesso (si può seguire l'itinerario descritto nel link da me indicato nella relazione, più facile, dall'Alpe di Cusall), né attaccandoci le due Cime di Erbea, ho preferito essere meno conservativo al fine di non restringere con un filtro a mio avviso troppo selettivo, gli approcci futuri di eventuali escursionisti interessati. Vedere PD + non è come vedere AD. Anche io stesso non mi approccerei da solo ad un itinerario AD, mentre normalmente vado da solo sui PD + portandomi la corda. Ho lasciato T6 perchè sulla difficoltà escursionistica non ci sono dubbi.
Video
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Storie in evidenza
/www.instagram.com/stories/highlights/18363708295005897/
Reel
/www.instagram.com/reel/CsCOl0mOSpk/?igshid=MzRlODBiNWFlZA==
Ora non è più sconosciuta.
"Vorrei dirvi tante cose, ma non so da dove iniziare".
Anzitutto questo tour è stato il più laborioso da me svolto in solitario.
Ancor più dei due Torrent da Osogna fatti in giornata qualche anno fa quando avevo ancora poca esperienza.
La Cima dell'Uomo mi ha regalato grande soddisfazione.
La sua NNE è una bellissima cresta la cui principale difficoltà sta nell'accedervi. Ho voluto vederla con i miei occhi dopo essere stato ispirato da

La benedizione è stata data nonostante trapelasse un certo dispiacere per il fatto di non poter partecipare.
A lui dedico la relazione e il nome della via che ho introdotto in hikr. Emi sarà certamente capace di percorrere questa via perfezionandone l'itinerario di accesso e abbellendola di ulteriori immagini.
Il mio tour parte dalla Riviera, risale la Valle di Moleno, percorre per intero la cresta NNE della Cima dell'Uomo, tocca le due Cime di Erbea e discende la Valle di Gorduno.
L'idea iniziale era di proseguire per il Gaggio, la Cima d'Aspra e di ritornare a Gnosca.
Non è stato possibile, né ragionevole per me, concretizzare questa idea a causa del dispendio di energia e di tempo avvenuto durante l'escursione. In sostanza il Gaggio vorrei visitarlo e al contempo goderlo nel prossimo futuro, in questo giorno non avrebbe avuto senso.
L'obbiettivo primario è limitato alla cresta NNE della Cima dell'Uomo e posso dire di averlo raggiunto.
A pochi passi dalla Cima dell'Uomo

La Valle di Moleno
Lascio l'auto a Preonzo in previsione di rientrare da Gnosca. Ci sono parcheggi liberi in paese. Sono le 05.15. Il cielo sta già schiarendo, la natura si sta risvegliando, l'aria è intrisa di umidità e satura di energia, io cerco di prenderne perchè so che oggi me ne servirà. Gli alberi sono verdi, sembra estate, ma il mio zaino contiene tutto il necessario per ogni evenienza come in inverno: vestiti pesanti, ciaspole, ramponi, corda, piccozza, addirittura un'hartva qualora abbia da affrontare pendii innevati. In effetti sopra i 1800 m la neve è presente e il rischio di valanghe bagnate è ancora piuttosto accentuato.
Seguo una sterrata a monte del villaggio fino a Moleno, dove imbocco un sentiero seguendo le indicazioni per la Capanna Alpe di Gariss. Dapprima si scende un poco per attraversare il Riale di Moleno, che è un torrente bello impetuoso. Il sentiero volge immediatamente a sinistra ma non è marcato in modo evidente pertanto mi perdo per qualche istante.
La salita nel bosco è fluida e guadagna quota fino a 900 m dove inizia una parte piuttosto pianeggiante.
Presso l'Alpe di Riapiano, a 935 m, intravvedo il punto di inizio della lunga cresta che andrò ad affrontare. Si tratta di Mottascio, come si intuisce dal nome è un motto (non bellissimo) quotato 1564 m. Per raggiungerlo risalgo ulteriormente la splendida valle attraversando un ponte romano e raggiungendo la bucolica Alpe di Lai. Da qui il sentiero costeggia la base del costone che converge nella mia cresta. Lo seguo fino a portarmi sul suo fianco orientale in un bel bosco. Se proseguissi raggiungerei in meno di mezz'ora la Capanna Alpe di Gariss. Ma in un punto casuale a quota 1320 metri abbandono finalmente la traccia. Voglio portarmi sul Mottascio e valutare cosa mi aspetta sopra. Nel caso il terreno fosse impervio potrei discendere e proseguire fino alla Capanna cercando un accesso sul fianco orientale della cresta. Sono le 08.54.
Valle di Moleno, quota 935 m, vista su Mottascio (l'inizio della cresta)

L'accesso alla cresta
Sul web ho trovato soltanto un'unica descrizione della cresta NNE. La persona, di lingua tedesca, ha sfruttato il fianco orientale molto ripido come accesso, dopo l'Alpe di Gariss, ovvero il mio piano B. Non ho potuto osservare bene questo accesso, sembrerebbe più semplice del mio ma salterebbe via la prima parte della cresta. Per la descrizione vedi il seguente link: /www.holzding.ch/zberg/TI/uomoNE.html. La sua descrizione è stata per me utile e fondamentale.
Dalla quota 1320 m risalgo una faggeta, dapprima su buon terreno, poi avvicinandomi alla vetta di Mottascio il terreno si fa roccioso e cosparso di vegetazione su pendenze sempre più sostenute (T5). Ci sono passaggi di grado I e II da superare e rododendri da gestire.
Raggiunto Mottascio mi accorgo che davanti a me c'è un secondo motto. È ben più alto, sulla CNS è indicato come quota 1904 m. In mezzo c'è una dorsale da percorrere ma la via non è di facile intuizione. Mi abbasso un poco fino ad una bocchetta. Davanti ho una linea rocciosa, un muro di 4 metri circa. Non è possibile aggirare questa linea in quanto ci si porta su versanti precipiti nel lato destro, oppure si costeggia la muraglia su pendii molto ripidi a sinistra. Io provo a costeggiare a sinistra ma mi affaccio presto su una zona impervia. Pertanto risalgo il muro (III) con buone prese ma mischiate a tanto muschio e vegetazione di impiccio.
Nell'immagine sottostante ho tenuto la destra.
Primo passaggio chiave obbligatorio (Mottascio 1564 m)

Poco più avanti, a quota 1620 m, incontro subito una seconda linea rocciosa. Anch'essa impossibile da aggirare in quanto coinvolge l'intera dorsale. Trovo un buon passaggio: si tratta di un diedro all'interno del quale mi trovo a mio agio (III). L'unico problema è lo zaino. Devo issarmi in una fessura e non ci passo. Pertanto lo lego con un barcaiolo e lo pongo fuori in un piccolo anfratto che ho evitato di utilizzare nella salita a causa dell' importante esposizione.
Uscito dalla fessura lego la corda ad una pianta e recupero lo zaino.
Superato questo passaggio mi prendo la prima pausa. Sono le 10.00.
Secondo passaggio chiave obbligatorio (linea rocciosa a 1620 m)

Gli ultimi 300 m di salita non presentano difficoltà eccessive pur restando sempre su un T6 ricco di passaggi da arrampicare, canalini e muretti da scavalcare, il tutto con la presenza di fitta boscaglia. Talvolta la vegetazione fa la differenza offrendomi valide prese quando la roccia nell'erba e nella terra si muove. In generale si tratta di roccia malferma. Ho staccato involontariamente anche un macigno facendolo purtroppo precipitare a valle.
Alle 11.20 raggiungo la quota 1905 m. Ahimè non riesco ancora ad avere una visione d'insieme della cresta. Della Cima dell'Uomo nemmeno l'ombra. Devo procedere a quota 2000 m.
La NNE-Grat (Via Emi)
La prima visione di ciò che mi aspetta è possibile alla quota 1960 m. In questo punto si delinea la lunga cresta dominata in fondo dalla Cima dell'Uomo. A destra si staglia il Madone, a sinistra le due Cime di Erbea e il Gaggio. Cazzane, Erbea e Albagno sono le strategiche bocchette che posso osservare. Da queste potrò nel pomeriggio scollinare qualora decidessi di tornare dalla Valle di Moleno. D'altronde mi sono portato apposta appresso le ingombranti ciaspole.
Finalmente abbandono la fitta vegetazione e proseguo su roccia per lo più buona. La cresta dalla quota 1960 m è piuttosto facile. La graderei "PD meno" in quanto non presenta grosse difficoltà, è per lo più ampia, presenta frequenti passaggi di I, alcuni di II, alcuni aggirabili seguendo una traccia di camosci prevalentemente sul lato orientale.
La NNE-grat vista dalla quota 2112 m

Nei pressi della quota 2112 c'è un salto di 3 metri (III) da discendere. A sinistra presenta maggiore sicurezza pur rimanendo esposto (forse II+). Successivamente ci sono due passaggi da aggirare. Un muretto (IV troppo esposto per me) lo aggiro a destra su una cengia nella quale occorre abbassarsi e procedere accovacciati. Recupero presto la cresta risalendo il fianco su terreno franoso. Qui bisogna stare attenti se c'è ghiaccio. Un grande spuntone verticale va aggirato per forza sul lato sinistro. C'è una flebile traccia nel ripido pendio erboso, quindi si risale un canale (45 gradi o più).
Raggiungo nuovamente la cresta nei pressi di un caratteristico arco di roccia.
Arco di roccia nei pressi della quota 2286 m

Sono molto vicino alla quota 2286 m. Presto supero anche questa quota. La cresta prosegue con difficoltà gestibili, bisogna tenere alta la concentrazione perché c'è sempre una discreta esposizione sulla destra.
Ad un certo punto mi imbatto in una vecchia rete metallica arruginita posta in passato per proteggere il bestiame. Questa va deliberatamente scavalcata. Come quando da piccoli si andava nelle proprietà private a recuperare il pallone.
Rete metallica da scavalcare ai piedi dell'ultima sezione di cresta

Direi che ci siamo quasi. Dopo la rete ci sono gli ultimi 100 metri. Sono quelli che Brenna descrive. Alla mia destra mi sembra di scorgere la famosa cengia, dominata da un scenografico pinnacolo.
La salita implica la ricerca del passaggio migliore tra piccoli nevai ripidi e rocce a gradoni fino ad un piccolo sperone finale. Attenzione anche negli ultimi metri! Non sono da sottovalutare.
Alle 13.52 abbraccio la croce di vetta per la terza volta nella mia vita! Otto ore e mezza fino a qui.
Meritata pausa.
L' Erbea Occidentale
Ampiamente descritto l'Erbea occidentale è stato per me una montagna difficile e delicata da superare. Forse la stanchezza e il peso del mio zaino hanno giocato a mio sfavore. In ogni caso ci ho messo il massimo del mio impegno in quanto presenta due elementi di criticità: l'accesso da ovest e la discesa dalla cresta est.
Abbandono presto la principale vetta di giornata. Discendo il canale attrezzato che è pulito. Dalla bocchetta senza nome seguo i nevai (ciaspole finalmente) e mi abbasso fino a circa 2200 metri avvicinandomi alla lunga bastionata dell'Erbea. Intendo studiare un possibile accesso al pendio meridionale senza dovermi abbassare per aggirare la roccia. Individuo un canalino: sembra fattibile. Lo raggiungo traversando sul ripido pendio innevato a macchia di leopardo (senza ciaspole). La neve è pessima.
Risalgo il canalino e devo arrampicare un piccolo passaggio ben appigliato ma molto esposto (III). Mi prendo un po' di tempo. Dapprima provo i passaggi senza zaino poi lo affronto con calma. Sbuco sul facile pendio detritico dell'Erbea e lo risalgo fino alla vetta. Sono le 15.29.
Passaggio chiave per accedere da ovest alla Cima d'Erbea

Senza indugiare proseguo per il mio itinerario.
Gnosca dal Gaggio mi sembra ancora un percorso sostenibile e più breve rispetto alla discesa dalle valli. Ma presto mi accorgerò di aver stimato male le distanze.
Devo discendere la cresta est. È bella in piedi nel primo tratto e poi in un secondo tratto. Infine la placconata presenta un'ulteriore muretto per discendere sul piano sottostante e, ancora, per raggiungere direttamente la bocchetta d'Erbea c'è un muretto da disarrampicare. Almeno 3 sono i passaggi di III grado. È obbligatorio tenere il filo della cresta in quanto sia a destra, sia a sinistra si è esposti. C'è un cordino doppio per predisporre una calata poco sotto la vetta.
La cresta est dell'Erbea (vista dalla Cima est)

L' Erbea Orientale
Impiego circa 45 minuti a saltare da una vetta all'altra. Superata la Bocchetta che le divide (Erbea), valido accesso alla Valle di Moleno, si tratta soltanto di salire cercando la via più logica. Ero stato già una volta sulla cima orientale, in inverno. Sono convinto di perdere poco tempo a salire, in effetti si tratta di 70 metri. Ma giunto in vetta mi rendo conto della distanza tra me e il Gaggio, oltre alla perdita di quota richiesta per raggiungere la Bocchetta di Albagno. Voglio una birra e tornare a casa.
Pertanto abbandono il progetto di ritorno dal Gaggio.
La Cima di Erbea Orientale è facile e panoramica. Non presenta alcuna difficoltà. La discendo un po' più ad est rispetto alla mia via di ascesa.
Cima di Erbea Orientale (vista dalla cresta est della cima principale)

La Capanna Albagno e la discesa a Gorduno
Dopo la mia saggia e ponderata decisione mi dirigo tramite il sentiero alla Capanna Albagno. La UTOE ha predisposto un codice di accesso. Fortunatamente chiamando il numero indicato mi viene fornito il codice e mi fermo per una birra.
La discesa fino a Gorduno è infinita ma bella. Ci sarà ancora qualche salita per raggiungere la Baita Arami, uno dei luoghi più belli della regione con una prestigiosa vista sul Pizzo di Claro. Da Bedretto il sentiero segue la strada con ampi tagli fino a Gorduno.
Raggiungerò il paese alle 20.50, appena in tempo per prendere l'autopostale e rientrare comodamente a Preonzo risparmiando 7 km aggiuntivi.
Un arcobaleno mi tiene compagnia durante la prima parte della discesa. Discesa che affronto con calma senza correre troppo.
Alpe Cassengo (1624 m)

Considerazioni sulle difficoltà
Ad una settimanetta dalla pubblicazione della relazione aggiungo qualche considerazione sul grado di difficoltà di questa escursione.
La relazione è focalizzata sulla cresta NNE. Infatti il titolo indica soltanto questa. La cresta non presenta particolari difficoltà pur rimanendo un itinerario alpinistico con passaggi delicati (tra cui un salto di III, trasformabile in II+) e punti esposti. Pertanto non supera il PD meno.
Tuttavia l'accesso da me effettuato ha 2 passaggi difficili e lo valuto AD in quanto espone ad un certo rischio senza essere assicurati. La cima di Erbea fatta nel mio modo è pure un AD (o AD meno): il canaletto per accedere da ovest e la discesa dalla cresta est andrebbero fatti preferibilmente con la corda.
Siccome non ci sono altre relazioni sulla cresta NNE e non è obbligatorio farla usando il mio accesso (si può seguire l'itinerario descritto nel link da me indicato nella relazione, più facile, dall'Alpe di Cusall), né attaccandoci le due Cime di Erbea, ho preferito essere meno conservativo al fine di non restringere con un filtro a mio avviso troppo selettivo, gli approcci futuri di eventuali escursionisti interessati. Vedere PD + non è come vedere AD. Anche io stesso non mi approccerei da solo ad un itinerario AD, mentre normalmente vado da solo sui PD + portandomi la corda. Ho lasciato T6 perchè sulla difficoltà escursionistica non ci sono dubbi.
Video
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Storie in evidenza
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Reel
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Tourengänger:
Michea82

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