Quasi Val Grande: anello del Bivacco Lidesc
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Essendo ultimamente cambiate (in meglio) le nostre possibilità logistiche, cominciamo dalla periferia a dare un'occhiata al Parco Nazionale della Val Grande; in verità molti anni fa avevamo fatto un paio di gite propedeutiche, ma la distanza da casa aveva poi scoraggiato l'approfondimento. Tutto quello che c'è da dire sulle caratteristiche di isolamento, severità e selvaticità dei luoghi è già stato ampiamente sviscerato, e qui le sensazioni lo confermano ampiamente: quote basse, sentieri segnalati ma talora invisibili, vegetazione preponderante, orografia complessa e fondamentalmente ripida. Bello ed impegnativo.
Dai parcheggi si va a cercare la Via "Martiri del 23 giugno 1944" e si trovano le indicazioni per varie mete, attualmente non la nostra che comparirà più avanti; il viottolo lastricato scende ad attraversare il torrente Fiume per poi, entrando nel territorio del Parco (nessun segnale), salire al piccolo agglomerato di Provola ("Pròula") ancora tenacemente e stabilmente abitato nonostante l'assenza di strade carrozzabili. Le abitazioni sono quasi tutte rimodernate e solo volgendo a sinistra si presenta una bella cascina originale: proprio qui riparte la salita del sentiero che in breve inizia ad addentrarsi in un ripido bosco di faggi. L'ascesa, pur senza eccedere in ripidezza, è continua e costante: fortunatamente la bollatura del sentiero, che, a tratti appena accennato, è comunque quasi sempre nascosto nel cospicuo strato di fogliame accumulato, è stata applicata sui tronchi ad altezza d'uomo e quindi ben visibile anche a distanza. Oltrepassata una valletta pianeggiante che si segue verso sinistra, la salita riprende per un secondo lungo tratto, con rari punti panoramici - solitamente pulpiti rocciosi ai margini del bosco - sugli incassati valloni che confluiscono nel profondo della Val Cannobina; aggirate le pendici boscose di una tonda elevazione ("Il Motto") e percorso un lungo traverso ascendente con qualche roccia affiorante (due tratti assistiti da catena corrimano), si sbuca sulla spalla prativa dell'Alpe Motto ("Mut") con i ruderi di un paio di baite. In quest'ultima posizione si è ormai usciti dai confini del Parco, ma le caratteristiche del terreno d'ora in avanti saranno contraddittorie con l'ufficialità della cartografia amministrativa. Lungo una traversata ascendente su di una traccia sempre più impervia ed esposta - frequente l'attrezzatura - si superano numerose vallette umide e franose fino a raggiungere una stretta bocchetta che consente di svalicare nella valle del bivacco. Il sentiero, dopo un'iniziale minima perdita di quota, si mantiene grossomodo pianeggiante e attraversa un'estensione di ripidi pascoli battuti dalle valanghe provenienti dalla soprastante costiera della Cima Lidesc. Facilmente si raggiunge quindi il piccolo ripiano che ospita il baitello del modesto Bivacco Lidesc: una piccola unica stanza con focolare, qualche suppellettile ed un piccolo soppalco per poche cuccette. Si prosegue sul sentiero in direzione del Passo Crusitt fino a poche decine di metri dal canalone che lo individua, dove si nota su di un sasso la bollatura di un incrocio (esisteva una palina con indicazioni, ma si trova divelta un poco più a valle): il primo tratto della discesa - forse il più impervio dell'intera escursione - avviene lungo un canalino che in alto appare roccioso di rocce instabili, poi si allarga ospitando ontani e residui di valanga. Persi faticosamente circa 200 metri di quota, si attraversa brevemente a destra trovando i ruderi dell'Alpe Balmo, per poi proseguire fra rade tracce e suggestivi passaggi su cenge naturali fino a raggiungere l'Alpe Vandra, dove si collocano un paio di baite riadattate. Rientrando nella quota boschiva, si affronta una lunga teoria di tornanti nella faggeta, tra frequenti affioramenti di cupe pareti rocciose e gli intagli di ripidissimo canaloni; la discesa si esaurisce nel guado del Riale di Calagno, andando a raggiungere la pista forestale che da Gurro sale verso l'Alpone. Si prosegue per lunghissimo tratto in discesa lungo la pista, si oltrepassano i nuclei di Prà del Ru, Monte Gatto, Paietta e Zucca (tutte seconde case, ormai) e si approda alla conca della Piazza, non lontano da Gurro; si volge a sinistra seguendo le indicazioni per Finero: inizialmente si percorre una mulattiera selciata, che poi, addentrandosi nel fittissimo bosco diventa sentiero. Il terreno riprende le caratteristiche di selvaticità - siamo di nuovo nel Parco - che dall'Alpe Vandra avevamo dimenticato: versanti ripidissimi, solchi di umidi canaloni e segni di qualche piccola frana; la progressione è lenta, alternando continuamente discese e salite anche ripidissime in corrispondenza dei numerosi valloni (dovrebbero essere 7). Infine si arriva allo slargo prativo di Daila, con numerose baite ed in vicinanza di una ex-torbiera residuo glaciale; poi, in pochi passi, si torna a Pròula in corrispondenza della bella cascina individuata in salita. Si prosegue sul sentiero di andata.
Dai parcheggi si va a cercare la Via "Martiri del 23 giugno 1944" e si trovano le indicazioni per varie mete, attualmente non la nostra che comparirà più avanti; il viottolo lastricato scende ad attraversare il torrente Fiume per poi, entrando nel territorio del Parco (nessun segnale), salire al piccolo agglomerato di Provola ("Pròula") ancora tenacemente e stabilmente abitato nonostante l'assenza di strade carrozzabili. Le abitazioni sono quasi tutte rimodernate e solo volgendo a sinistra si presenta una bella cascina originale: proprio qui riparte la salita del sentiero che in breve inizia ad addentrarsi in un ripido bosco di faggi. L'ascesa, pur senza eccedere in ripidezza, è continua e costante: fortunatamente la bollatura del sentiero, che, a tratti appena accennato, è comunque quasi sempre nascosto nel cospicuo strato di fogliame accumulato, è stata applicata sui tronchi ad altezza d'uomo e quindi ben visibile anche a distanza. Oltrepassata una valletta pianeggiante che si segue verso sinistra, la salita riprende per un secondo lungo tratto, con rari punti panoramici - solitamente pulpiti rocciosi ai margini del bosco - sugli incassati valloni che confluiscono nel profondo della Val Cannobina; aggirate le pendici boscose di una tonda elevazione ("Il Motto") e percorso un lungo traverso ascendente con qualche roccia affiorante (due tratti assistiti da catena corrimano), si sbuca sulla spalla prativa dell'Alpe Motto ("Mut") con i ruderi di un paio di baite. In quest'ultima posizione si è ormai usciti dai confini del Parco, ma le caratteristiche del terreno d'ora in avanti saranno contraddittorie con l'ufficialità della cartografia amministrativa. Lungo una traversata ascendente su di una traccia sempre più impervia ed esposta - frequente l'attrezzatura - si superano numerose vallette umide e franose fino a raggiungere una stretta bocchetta che consente di svalicare nella valle del bivacco. Il sentiero, dopo un'iniziale minima perdita di quota, si mantiene grossomodo pianeggiante e attraversa un'estensione di ripidi pascoli battuti dalle valanghe provenienti dalla soprastante costiera della Cima Lidesc. Facilmente si raggiunge quindi il piccolo ripiano che ospita il baitello del modesto Bivacco Lidesc: una piccola unica stanza con focolare, qualche suppellettile ed un piccolo soppalco per poche cuccette. Si prosegue sul sentiero in direzione del Passo Crusitt fino a poche decine di metri dal canalone che lo individua, dove si nota su di un sasso la bollatura di un incrocio (esisteva una palina con indicazioni, ma si trova divelta un poco più a valle): il primo tratto della discesa - forse il più impervio dell'intera escursione - avviene lungo un canalino che in alto appare roccioso di rocce instabili, poi si allarga ospitando ontani e residui di valanga. Persi faticosamente circa 200 metri di quota, si attraversa brevemente a destra trovando i ruderi dell'Alpe Balmo, per poi proseguire fra rade tracce e suggestivi passaggi su cenge naturali fino a raggiungere l'Alpe Vandra, dove si collocano un paio di baite riadattate. Rientrando nella quota boschiva, si affronta una lunga teoria di tornanti nella faggeta, tra frequenti affioramenti di cupe pareti rocciose e gli intagli di ripidissimo canaloni; la discesa si esaurisce nel guado del Riale di Calagno, andando a raggiungere la pista forestale che da Gurro sale verso l'Alpone. Si prosegue per lunghissimo tratto in discesa lungo la pista, si oltrepassano i nuclei di Prà del Ru, Monte Gatto, Paietta e Zucca (tutte seconde case, ormai) e si approda alla conca della Piazza, non lontano da Gurro; si volge a sinistra seguendo le indicazioni per Finero: inizialmente si percorre una mulattiera selciata, che poi, addentrandosi nel fittissimo bosco diventa sentiero. Il terreno riprende le caratteristiche di selvaticità - siamo di nuovo nel Parco - che dall'Alpe Vandra avevamo dimenticato: versanti ripidissimi, solchi di umidi canaloni e segni di qualche piccola frana; la progressione è lenta, alternando continuamente discese e salite anche ripidissime in corrispondenza dei numerosi valloni (dovrebbero essere 7). Infine si arriva allo slargo prativo di Daila, con numerose baite ed in vicinanza di una ex-torbiera residuo glaciale; poi, in pochi passi, si torna a Pròula in corrispondenza della bella cascina individuata in salita. Si prosegue sul sentiero di andata.
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