Anime dimenticate


Publiziert von Gabrio , 1. Mai 2023 um 10:36. Text und Fotos von den Tourengängern

Region: Welt » Schweiz » Tessin » Bellinzonese
Tour Datum:11 April 2023
Wandern Schwierigkeit: T5 - anspruchsvolles Alpinwandern
Wegpunkte:
Geo-Tags: Gruppo Poncione Rosso   Gruppo Madöm Gross   CH-TI 
Aufstieg: 1500 m
Strecke:16,730 km
Kartennummer:1273 1293 CNS 1:25.000

E' notte e non riesco a dormire, brutti pensieri circolano veloci nella mia testa.
Come non posso ripensare alla Val Gagnone, valle laterale della splendida
Val d'Ambra? Tornato in punta di piedi dopo ventisette anni di attesa: chissà cosa avrà
mai pensato di me?
Ci sono venuto dopo tanto con l'intento di esplorare la selvaggissima Val di Bedri,
fino agli anni sessanta del secolo scorso la CNS riportava un sentiero che la risaliva.
Arrivato a Tecc Stevan, l'avevo cercato invano: pazienza!
Riattraversato il corso d'acqua, mi ero incamminato verso Miregn. Da quelle parti sarei
passato sull'altro versante, l'ambizioso secondo obiettivo era la Valle della Iametta. Luogo
dimenticato dai cartografi da un secolo a questa parte, nascondeva fra le sue spaventose
ripidità, ciò che restava di un antico sentiero. Vecchi gradini appena affioranti dagli aghi
di pino fremevano per essere calpestati di nuovo. Bastava giungere ad uno dei due ponti
segnati su cartina per andare a Marzòch, dove cominciare la complessa esplorazione.
Arrivato nei pressi, le mura dell'alpe al di là del fiume, mi avevano sorriso: si stavano
facendo beffe di me?
Ancora non lo sapevo, ma era proprio così!
Un semplice riale mi divideva dall'ignoto. Era da tanto che aspettavo invano questo momento!
Avevo cercato, sia a monte che a valle, i due fatidici ponti svaniti nel nulla, forse rubati da
qualche dispettoso animale del bosco?
Ero partito la mattina per confrontarmi con un "duro T5", mi ero ritrovato all'auto molle e
deluso, senza essere riuscito ad attraversare un torrente!
Ed ora eccomi qua, in questo "presente notturno" a rivangare le ultime sconfitte di giornata.
Scomode compagne di viaggio hanno fatto sentire il loro peso finchè, con tanto ritardo,
alla fine mi hanno graziato facendomi chiudere gli occhi.
E' allora che, trascinandomi nel tuo passato, in questo folle presente io ti ho sognato!

Emerso da una fastidiosa nebbia mattutina, e accortomi di essere nei pressi di
Miregn,
mi ero messo alla ricerca del sentierino che verso NE mi avrebbe portato
al ponte W. Ero sceso in qualche maniera fino all'alveo del torrente già rassegnato
all'inevitabile.
Niente di umano mi avrebbe fatto "sorvolare" le acque limpide e tumultuose
che,
di corsa, si spingevano (l'un l'altra) per scendere al piano. Senza capire quest'ansia di
abbandonare silenzio e solitudine, le vedevo scorrere verso luoghi umani e inquinati.
"Buona fortuna!" avevo detto loro.
Se avessero saputo cosa le aspettava, forse avrebbero
rallentato la velocità per adagiarsi
nella magia di un freddo lago alpino.
Riemerso dai miei pensieri come un anfibio in cerca di tiepido ossigeno, avevo osservato
a lungo il corso d'acqua. Sapevo come fare per guadarlo, eppure non volevo muovermi.
Avevo paura dell'ignoto o era lui che temeva me? Era lo "scotto" di appartenere ad una
razza distruttiva. Gli abeti muovevamo le fronde per scacciarmi via. I germogli appena
abbozzati sui rami di faggi "digrignavano i denti".
"Torna da dove sei venuto!" dicevano in coro, insieme alle giovani erbe che non volevano
le calpestassi.
Non mi ero intimorito! Seguendo un passo con il successivo, ero giunto nel
lato solivo (ma oscuro) della valle.
Una voce si ergeva sopra l'eco verde e negativo
, come un suono,
una melodia di altri tempi.
L'avevo ascoltata in silenzio, ora sommersa, ora emergente da una cacofonia di "rumori"
tutti contro di me senza che ne capissi il senso.
"Non porto la mia razza, il mio corpo, tra di voi" avevo per questo detto "ma solo la mia
anima,
lasciatemi passare!"
Privo della consueta arroganza umana, spinto dal semplice desiderio di condividere il
selvaggio equilibrio, avevo chiesto venia a tutti quanti si opponevano a me.
Estraniato dalla solita "condizione diurna", neppure il respiro muoveva il mio petto

diventato semplice etere in questo spazio verde, per questo mi ero mosso ancora.
In breve ero in fianco alla cascina ristrutturata di Marzòch (anche in sogno) l'avevo
fotografata. Documentare era una priorità a cui proprio non sapevo rinunciare.
Solo contro tutto avevo proseguito il cammino. Trovato il sentiero che conduceva a
Strecia
l'avevo seguito. Arrivato ad una tetra valletta l'avevo attraversata, ma appena al di là
la voce si era fatta sentire di nuovo. Un rantolo, un suono poco umano, mi voleva mettere
in guardia: stavo sbagliando?
Ero tornato sui miei passi. Guardato a monte, avevo dapprima visto un piccolo ometto e poi,
più su, un altro più grande.
"Grazie!" era stata la mia risposta. A chi fosse diretta ancora non lo sapevo,
ai sogni
non si comanda, più sereno avevo proseguito il viaggio.
Il bosco si era aperto poco dopo mostrandomi la singola cascina di Strecia. Dietro di essa,
il volto più aggressivo del bosco aveva aperto le fauci.
"Di qua non si passa!" mi diceva in un sibilo acuto.
Ma neppure la natura più selvaggia riesce a contrastare le oniriche visione umane.
Alle spalle della baita finiva il sentiero e cominciavano i guai, come lo sapevo......
Ero nel bosco
nemico, titubante ma deciso. Sapevo che direzione prendere ma,
circospetto, muovevo passi cauti. Guardando davanti o a destra, avevo infine visto
una "piramide" di sassi, segno inequivocabile per il proseguo del cammino. Una debole
traccia, prima verso W e poi in direzione E, si era mostrata felice. Lei si che mi voleva!
Fatta da umani per altri umani, adorava farsi calpestare. Mi stavo avvicinando ad una
fascia rocciosa
e, a 1360m circa di quota, un enorme abete secolare aveva scosso i suoi
giganteschi rami. Con uno stridulo scricchiolio si era poi abbassato per guardarmi meglio.
"Cosa cerchi?" aveva detto "forse quei resti di scale? E poi, come speri di cavartela? Ti credi
ancora in grado di calpestare l'ignoto, vecchio?"
Senza alcuna risposta, dolcemente ma con fermezza, avevo spostato i rami più fini
avviandomi verso l'incredibile passaggio chiave che, rilucendo ai raggi del sole, si sentiva
ancor più bello. Esso saliva tra i dirupi come una scala il paradiso, il mio paradiso notturno.
Un sogno che nel sogno si stava avverando:
visitare la mitica (mistica)
Valle della Iametta.
Il desiderio, che da tanti anni avevo riposto nel cassetto dei "mi piacerebbe", aveva visto la
luce del giorno. Con emozione ero giunto sopra il luogo esposto, un tratto ben visibile di
sentiero mi aveva dato il "buongiorno". Labili tracce qua e là, resti di scale, e sentieri appena
visibili (così felici di vedermi) facevano da contraltare alla feroce ripidità del bosco.
Tutto quanto non era "umano"  urlava il proprio disappunto, incutendomi timori sempre più
forti. Avevo calzato i ramponcini da un po', per viaggiare più sicuro, ciò nonostante la paura
mi cresceva dentro sempre più forte.
"Ancora un pochino e poi torno" dicevo spesso.
Cercavo di alleviare la forte tensione che mi stava divorando. Il bosco questa volta non mi
era amico: mi sentivo così solo!
Poi, dopo tanto tribulare, ero arrivato nei pressi di alcuni abeti caduti. Morti da tanto, essi
mi ostruivano il passagio, ero a 1600m di quota, con cautela avevo controllato come fare
per superarli. Andato per pochi metri verso E, avevo visto un'altra fascia di roccia sopra la
mia testa. Sempre ad E, un canale conduceva in una direzione che ritenevo sbagliata.
Scavalcata una roccia, mi ero ritrovato alla base dell'infida parete poco inclinata composta
da roccia ed aghi di pino. Un cavetto d'acciaio (sei o otto millimetri di diametro?), posto dai
cacciatori, agevolava la progressione. Mi ci ero appeso con poca fiducia fino a superare
l'ispido passaggio. Boschi ripidi ed altre roccette mi avevano insultato, tentavano in tutte le
maniere di mandarmi via, ma niente! Un passo dopo l'altro, un desiderio dopo l'altro, mi
stavano portando (nonostante tutto) verso il mio obiettivo finale.

Imperiosa ed improvvisa, la voce arcana, aveva invaso nuovamente il mio strano sogno.
A volte la percepivo come una forte folata di vento, altre come dolce brezza che mi sfiorava
appena le guance. Mai negativa, essa mi incitava a proseguire il cammino.
"Non temere" diceva di continuo "sali ancora che quasi ci sei!"
Alzata la testa avevo visto un muretto. Erano resti di scale o muri di confine?
Non lo sapevo. Mi ci ero arrampicato e, poco sopra avevo visto il primo rudere! Era a destra,
semi sommerso dal bosco, mi aveva sorriso subito: non ero proprio riuscito a resistere!
Emozionato più che mai l'avevo fotografato. Felice oltre ogni dire avevo mosso gli
ultimi passi che mi separavano da ciò che restava dell'Alpe Tramoggia.
Ora che ero vicino al muro frontale che si ergeva baldanzoso ma in precario equilibrio,
fiero anche se decadente, esso cercava di nascondere in tutti i modi la sua vera età!
Felice quanto me di avere occhi solo per lui, ammiccava di continuo, ed io con lui.

Allontanatomi verso E per pochi metri, l'avevo visto nella sua reale condizione! Il tetto era
crollato, le mura perimetrali
resistevano ancora in una strenua lotta contro il tempo.
"Sii gentile con me!" aveva detto allora. "Mi batto contro tutto da tanto di quel tempo,
abbandonato dai tuoi simili, sopravvivo come posso. Tu che sei qui da un solo battito di
ciglia, non sai cosa ho patito" senza controbattere nulla, mi ero voltato a destra.
Tornato sui miei passi, quasi come a volermi scusare, avevo abbassato il capo.


Rialzati gli occhi poco dopo, aggiunto un corpo alla tua voce, finalmente ti avevo visto!
Una figura era
emersa dall'interno della cascina. Coi vestiti laceri sospesi nel niente, ed 
una tenue linea opaca che delineava i contorni dell'uomo che eri stato un giorno
di molti anni fa, ti eri infine mostrato.
"Eccoti qua!" mi avevi sussurrato dolcemente "dopo tanti anni e tanti desideri mancati,
sei finalmente venuto a trovarmi! Ti avevo visto stamani mentre tornavi deluso verso il
piano, il bisogno di salire, liberatosi del tuo corpo, era giunto fin qui.
L'avevo preso legandoti indissolubilmente a me e a questo luogo!"
Un breve silenzio ed un sorriso appena accennato erano state le mie risposte, poi la
tua mano
trasparente si era appoggiata alla mia spalla, solo un attimo per farmi
ascoltare il suono del tuo passato.
"Andiamo!" mi avevi incitato "ci sono altri amici che vogliono parlare con te."
Camminando per pochi metri in orizzontale, eravamo emersi dal fitto bosco. Una radura
inselvatichita mi aveva permesso di ammirare il fondo valle e gli altri ruderi dell'alpe.
Al culmine di una gioia incontenibile, fattasi dolorosa tanto era intensa, altre voci sospese
nell'aria si erano unite a noi, di cui i corpi trasparenti avvolti da vecchi
indumenti,
seduti e in cerchio, ne erano i portatori. Essi ci stavano osservando in attesa, vederli
così mesti, avevano fatto implodere le mie emozioni velandole di un'indicibile tristezza.
"Ci vedi?" aveva detto uno di loro, dopo un lungo silenzio.
"Siamo ciò che rimane di un passato ormai dimenticato. Alpigiani di un'altra era,
siamo morti fra i morti! I nostri
corpi sono stati estratti dalla nostra ultima dimora per
essere distrutti lontano da dove eravamo stati sepolti. Spirati i nostri figli e i figli dei nostri
figli, a chi importava più di noi? Le nostre gesta, le nostre fatiche, la dura lotta per 
sopravvivere sono state dimenticate. I nostri nomi e i nostri volti, ciò che eravamo, si sono
persi nelle buie spirali del tempo. Tutto volato via, disperso per sempre. La stessa sorte
toccata a noi, spetterà anche a te, lo sai vero? Chi ti ricorderà fra cent'anni? Vivi il tuo
presente perchè non hai un futuro eterno ed il tuo passato svanirà ben presto!"
Avrei voluto dire qualcosa, ma non tutto è consentito nei sogni.
La  mia presenza li aveva fatti tornare in vita per
un breve attimo, un singolo momento per
ricordare antiche gesta immaginarie appartenute a uomini e donne senza un viso. Il loro
destino era segnato da tempi immemori per volere dei loro stessi discendenti.

Con la notte che volgeva al termine, sapevo che presto li avrei abbandonati anch'io!
Perduti
per sempre tra vecchie pagine ingiallite, cosa mi era consentito per ridare loro
la consone vestigia del tempo che fu? Quale potere, che sentivo non avere, poteva renderli
immortali? Non avevo risposte
. La bizzarria di questo sogno non regalava alcuna
spiegazione. Riemerso in una fase più vicina al risveglio, avevo visto le immagini
allontanarsi, restava solo il tempo per scattare le ultime foto, poi tutto si era tinto di blu.
La luce della sveglia con i colori notturni, si era infilata tra le mie palpebre chiuse:
che cosa ne sarebbe rimasto di questa mia incredibile fase REM? Non lo sapevo.....
Gli occhi avevano smesso di muoversi, ero nel limbo dei non-ricordi, e tutto era finito lì.


Ed ora che sono sveglio, le anime dimenticate, sono tornate di nuovo nel baratro in
cui stanno da così tanti anni.
Potessi un giorno, anche se per brevi momenti, ridare loro un'identità..........
Ebbene!
Se neppure in sogno ci sono riuscito, quali speranze posso nutrire perchè tutto ciò
avvenga davvero?





P.S. :
Pochi giorni dopo la stesura di questo racconto di fantasia, ho avuto modo di parlare
con alcune persone del luogo, e ho potuto apprendere quanto segue:

Gli ultimi pastori che hanno caricato l'alpe di Tramoggia sono stati
Abbondio (80 enne a quei tempi) e la figlia Maria Belli di Personico nel 1923.
Maria Belli, all'età di 19 anni, ha lasciato sulla trave interna della cascina alcune frasi
a chiusura del suo ciclo di alpigiana della Val Iametta:

"Ricorderò sempre quelle calde giornate,
e rammenterò ancor più quelle fredde giornate di neve o di pioggia
passate in questo luogo solitario.
Forse è l'ultimo addio,
ma a dir il vero
non mi rincresce di lasciare la Tramoggia.

ADDIO!!


Maria Belli
1919/20/21/22/23

Edoardo Belli
29/10/1921"



Un sentito ringraziamento va a Nazzaro Belli (figlio di Maria)
e Cleto Cislini di Personico
per le preziosissime informazioni.




Ed ora, per finire, mi chiedo:
da quanti anni ero a conoscenza della Tramoggia in Valle della Iametta?
Per quanto, ingenuamente, ho pensato fosse irraggiungibile?
Quanto tempo è rimasta appesa nella stanza piena degli inutili "vorrei ma non posso"?
Tanti, forse troppi. Poi finalmente il caso(?) ha voluto farmi apparire, nel 2023, una porta....
....l'ho aperta per vedere dei ruderi (resti dell'alpe) nel luogo in cui, 100 anni fa,
ne cominciava il definitivo declino!!

1923-2023....

fatto di nessun conto?
un caso fortuito?
....o segno del destino?

Chi lo sa....!!!?

E cosa dirò a colui che mi ha permesso di estinguere il mio "lungo" debito?
Un semplice GRAZIE ALE (Froloccone)....o qualcosa di più?




















Tourengänger: Gabrio


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Kommentare (8)


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Menek hat gesagt:
Gesendet am 1. Mai 2023 um 18:14
Sano escursionismo di ricerca...
Menek

Gabrio hat gesagt: RE:
Gesendet am 1. Mai 2023 um 18:23
Che riesce a dare anche tante soddisfazioni!!

Grazie per il commento, ciao!

Prose hat gesagt:
Gesendet am 2. Mai 2023 um 11:24
Prima di tutto: ben tornato!
Mi hai fatto communovere un'altra volta.Racconto dolce, delicato, nostalgico.
Bello ricordare ciò che sono stati i nostri avi, triste pensare che le loro gesta possano perdersi nell'oblìo.
Verbo volant scriptum resta...

Gabrio hat gesagt: RE:
Gesendet am 2. Mai 2023 um 11:43
Dolci ricordi di tempi passati.
Delicatamente dedicati a donne e uomini con molto più
coraggio di noi.

Nostalgico quanto basta per ricordarci che il tempo passa...
per tutti e tutto!!!

Il segno del nostro passaggio è dato dalle nostre azioni:
ci sarà qualcuno che le ricorderà?

Grazie per il commento!

Poncione hat gesagt:
Gesendet am 4. Mai 2023 um 22:44
Non so se sia più bello il racconto o selvaggi i luoghi... ;)

Gabrio hat gesagt: RE:
Gesendet am 5. Mai 2023 um 07:36
I luoghi sono mooooolto selvaggi...
Se il racconto ti è piaciuto uguale,
può solo farmi felice!!

Ciao!

FrancescoR hat gesagt:
Gesendet am 4. Mai 2023 um 23:46
Molto ben scritto!

Gabrio hat gesagt: RE:
Gesendet am 5. Mai 2023 um 07:37
Merito della splendida Val d'Ambra,
e del fascino mistico della Val Iametta!

Grazie per il commento


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