Bivacco Alpe Manco e Bocchetta di Campo
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Escursione "esplorativa" per dare un'occhiata dal versante nord ai valichi nei pressi del Pizzo Ledù, nella speranza - vana - che la recente opera di ri-segnalamento dei sentieri valchiavennaschi avesse interessato anche la Bocchetta della Pizzetta e la Bocchetta della Pianéla di Ros; ma, come spesso accade, alcuni vecchi percorsi non vengono più rinfrescati, limitando l'aggiornamento agli accessi ai rifugi/bivacchi e poco più: oggi, ad esempio, fra Sambusina e Cima ai Prati (antico ed emozionante collegamento fra maggenghi), abbiamo trovato paline con indicazioni solo ai due imbocchi e nulla nell'attraversata, peraltro poco frequentata, qua e là delicata e talora di non immediata lettura. La difficoltà indicata nella scheda si riferisce a questo tratto, per il resto T2.
L'Alpe Manco, abbandonata dai primi anni '960, è un luogo spettacolare, isolato fra fondovalle e cupe pareti incombenti, dove la scarsa frequentazione del bivacco (dichiaratamente indirizzato soprattutto ai cacciatori) non scalfisce il silenzio dominante.
Qui si può trovare un'altra via di accesso: Bivacco Alpe Manco | inalto.org
In fondo al piazzaletto di parcheggio inizia subito il sentiero che intraprende il lungo traverso in direzione dell'Alpe Campedello: superata una presa dell'acquedotto, si attraversa una fascia desertificata dal disboscamento e si entra in una bellissima faggeta ancora intatta. La traccia alterna spostamenti in blanda salita a ripidi tratti a tornanti che permettono redditizi incrementi di quota: è interessante notare la composizione del bosco che, su di una base preponderante di faggi, associa, mutando con l'aumento di altitudine, betulle e pioppi, abeti e in ultimo larici. Da venirci in autunno solo per i colori. Improvvisamente si apre la radura del Sas Mort, dove confluisce la via di ritorno, e dove il sentiero (del tutto sbagliata la traccia riportata su OSM) volge decisamente a monte ritrovando i segnali (e anche scritte) su di una parete rocciosa. Altra serie di tornanti nel bosco e si raggiunge la baita isolata di Gualdo, da cui in breve alla bellissima Alpe Campedello. Ci si trova ormai praticamente alla stessa quota del bivacco, ma il percorso è ancora lungo e, soprattutto, comporta l'attraversamento della Val Mengasca; dai pascoli di Campedello si procede verso nord-ovest rientrando fra gli alberi ed improvvisamente, appena oltrepassato lo spettacolare pulpito panoramico di Mota de Campedel, il sentiero si affonda - perdita di circa 150 metri di quota - in un ripidissimo solco boscoso. Il sentiero, con stretti ed umidissimi tornanti e ben conservati tratti scalinati, aggira dal basso uno sperone roccioso per poi portarsi in regolare salita ad attraversare i vari rami del torrente della Val Mengasca e raggiungere dopo un ultimo gradino di pascolo roccioso il nucleo di baite diroccate dell'Alpe Manco. Il bivacco, baita ristrutturata e rialzata a due piani, si trova un poco discosto e più in alto rispetto alle altre costruzioni. A monte dell'alpe la segnaletica accompagna in salita fino alla larga insellatura della Bocchetta di Campo, che si affaccia sulla Val Garzelli (laterale della Val Bodengo), dove un laghetto paludoso riflette le guglie del Pizzo AnnaMaria, del Pizzo d'Alterno e del Pizzo Ledù.
Tornati all'Alpe Manco scendiamo direttamente nel pascolo (radi bolli) sotto i ruderi e, al confine col bosco, rintracciamo un bel sentiero ben segnalato; la discesa prosegue fra i larici oltrepassando la baita isolata dell'Alpe Cascinola e quindi si avvia ad attraversare - resti di briglie di regimazione - due rami del torrente. Dopo un tratto in traverso, ci si avvicina ad un vallone compreso fra due spalle di rocce strapiombanti e la traccia, mantenendosi accostata alla parete, scende con l'aiuto di un cordino di metallo una gradinata fino ad un fondo sassoso ed instabile cosparso di detriti trascinati dalle piene. Si risale la sponda opposta lungo un sentierino affiancato da un tubo di condotta d'acqua che dal vallone appena attraversato va a servire Sambusina; si risale con ripide scalinate un lungo tratto scavato nella roccia e poi, in traverso a saliscendi (bei muri di sostegno della strada; questo era il percorso di carico del bestiame all'Alpe Manco) si raggiunge il maggengo di Sambusina, dove un paio di baite sono restaurate a casa di vacanza. Lasciamo a sinistra la direzione per S.Teresa e San Pietro (Samolaco) e saliamo a destra fra muri a secco, secondo quanto indicato da una palina in loco: rientrando nel bosco il sentiero quasi latita e la minima traccia, oltrepassata una piccola presa d'acqua, appare scoraggiante, ma... insistendo, pian piano, si riesce a camminare su di un bel sentierino. Non ci sono bolli, ma la direzione è giusta e la quota circa corrisponde. Attraversato un canalone torrentizio con blocchi instabili, si affronta una violentissima risalita della sponda opposta fra radici sporgenti e qualche roccetta come appigli: dopo una cengia con massi da scansare, in piano fra rododendri ed ontani, in poche decine di metri si ritorna alla radura del Sas Mort che da questo lato presenta un'inopinata area picnic. Da qui lungo il sentiero di salita.
L'Alpe Manco, abbandonata dai primi anni '960, è un luogo spettacolare, isolato fra fondovalle e cupe pareti incombenti, dove la scarsa frequentazione del bivacco (dichiaratamente indirizzato soprattutto ai cacciatori) non scalfisce il silenzio dominante.
Qui si può trovare un'altra via di accesso: Bivacco Alpe Manco | inalto.org
In fondo al piazzaletto di parcheggio inizia subito il sentiero che intraprende il lungo traverso in direzione dell'Alpe Campedello: superata una presa dell'acquedotto, si attraversa una fascia desertificata dal disboscamento e si entra in una bellissima faggeta ancora intatta. La traccia alterna spostamenti in blanda salita a ripidi tratti a tornanti che permettono redditizi incrementi di quota: è interessante notare la composizione del bosco che, su di una base preponderante di faggi, associa, mutando con l'aumento di altitudine, betulle e pioppi, abeti e in ultimo larici. Da venirci in autunno solo per i colori. Improvvisamente si apre la radura del Sas Mort, dove confluisce la via di ritorno, e dove il sentiero (del tutto sbagliata la traccia riportata su OSM) volge decisamente a monte ritrovando i segnali (e anche scritte) su di una parete rocciosa. Altra serie di tornanti nel bosco e si raggiunge la baita isolata di Gualdo, da cui in breve alla bellissima Alpe Campedello. Ci si trova ormai praticamente alla stessa quota del bivacco, ma il percorso è ancora lungo e, soprattutto, comporta l'attraversamento della Val Mengasca; dai pascoli di Campedello si procede verso nord-ovest rientrando fra gli alberi ed improvvisamente, appena oltrepassato lo spettacolare pulpito panoramico di Mota de Campedel, il sentiero si affonda - perdita di circa 150 metri di quota - in un ripidissimo solco boscoso. Il sentiero, con stretti ed umidissimi tornanti e ben conservati tratti scalinati, aggira dal basso uno sperone roccioso per poi portarsi in regolare salita ad attraversare i vari rami del torrente della Val Mengasca e raggiungere dopo un ultimo gradino di pascolo roccioso il nucleo di baite diroccate dell'Alpe Manco. Il bivacco, baita ristrutturata e rialzata a due piani, si trova un poco discosto e più in alto rispetto alle altre costruzioni. A monte dell'alpe la segnaletica accompagna in salita fino alla larga insellatura della Bocchetta di Campo, che si affaccia sulla Val Garzelli (laterale della Val Bodengo), dove un laghetto paludoso riflette le guglie del Pizzo AnnaMaria, del Pizzo d'Alterno e del Pizzo Ledù.
Tornati all'Alpe Manco scendiamo direttamente nel pascolo (radi bolli) sotto i ruderi e, al confine col bosco, rintracciamo un bel sentiero ben segnalato; la discesa prosegue fra i larici oltrepassando la baita isolata dell'Alpe Cascinola e quindi si avvia ad attraversare - resti di briglie di regimazione - due rami del torrente. Dopo un tratto in traverso, ci si avvicina ad un vallone compreso fra due spalle di rocce strapiombanti e la traccia, mantenendosi accostata alla parete, scende con l'aiuto di un cordino di metallo una gradinata fino ad un fondo sassoso ed instabile cosparso di detriti trascinati dalle piene. Si risale la sponda opposta lungo un sentierino affiancato da un tubo di condotta d'acqua che dal vallone appena attraversato va a servire Sambusina; si risale con ripide scalinate un lungo tratto scavato nella roccia e poi, in traverso a saliscendi (bei muri di sostegno della strada; questo era il percorso di carico del bestiame all'Alpe Manco) si raggiunge il maggengo di Sambusina, dove un paio di baite sono restaurate a casa di vacanza. Lasciamo a sinistra la direzione per S.Teresa e San Pietro (Samolaco) e saliamo a destra fra muri a secco, secondo quanto indicato da una palina in loco: rientrando nel bosco il sentiero quasi latita e la minima traccia, oltrepassata una piccola presa d'acqua, appare scoraggiante, ma... insistendo, pian piano, si riesce a camminare su di un bel sentierino. Non ci sono bolli, ma la direzione è giusta e la quota circa corrisponde. Attraversato un canalone torrentizio con blocchi instabili, si affronta una violentissima risalita della sponda opposta fra radici sporgenti e qualche roccetta come appigli: dopo una cengia con massi da scansare, in piano fra rododendri ed ontani, in poche decine di metri si ritorna alla radura del Sas Mort che da questo lato presenta un'inopinata area picnic. Da qui lungo il sentiero di salita.
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