Pizzo d'Eus (1728 m)
Che posto incantevole la Val Carecchio! Già rapito dalle meraviglie della Verzasca, non potevo che trovare un ambiente analogo anche in questa valle secondaria e, per di più, in ambito invernale, che ne aumenta esponenzialmente il fascino. Alla vigilia mi assalgono parecchi dubbi in merito alla fattibilità del percorso, in settimana ha nevicato e ho il timore di trovare condizioni complesse ma, come logico, finché non si va a vedere non si può sapere.
Eccomi quindi poco oltre Lavertezzo, dove lascio l’auto nel collettivo spiazzo con i parchimetri sigillati per “chiusura invernale”. Raggiunto il paesino imbocco una scalinata che, salite le case alte del paese, si addentra nella valle restando sulla sinistra idrografica. Dopo una breve discesa per attraversare il ponte quotato 674 m, cambio versante e mi alzo brevemente sempre su comoda mulattiera. Lasciata una prima poco visibile deviazione a sinistra contrassegnata da un piccolo cartello in legno che conduce in Val Pincascia, proseguo sulla mulattiera principale sino a quota 750 m circa (scritta azzurra “Eos” su un masso) dove la abbandono per salire un ripido sentiero che, con vecchi segnavia rossi, porta velocemente ai rustici di Rodana. La traccia prosegue ripida per altri 200 m, quindi piega verso E ed inizia a traversare le rocciose bastionate con scalinate in pietra e cenge riportate, correndo alla base della sovrastante parete S del Pizzo d’Eus. Superate delle placche bagnate con alcuni scalini incisi nella pietra (catene presenti e utili in questo caso), proseguo sino a giungere in vista della croce posta sulla sella dove sorgono le cascine di Eus. L’occhio è quanto mai ingannatore in questa situazione: la croce sembra essere ad un tiro di schioppo ma in realtà così non è, il pendio è ripido, parzialmente ghiacciato e richiede il suo tempo. Inoltre, nei pressi della staccionata prima del traverso finale, devo superare una zona di accumuli sprofondando fino alle cosce, per poi proseguire su neve dura scalinando bene ogni passo fino a sommitare la sella dove è posta la prima baita. Mi trovo a cavallo di due valli e soffia un vento teso proveniente da N, mentre la copertura nevosa è ora piuttosto abbondante. Calzo quindi le racchette, prima di percorrere la poggiata dorsale E sino alla vetta del Pizzo d’Eus.
Sublime è il colpo d’occhio sul Pizzo di Vogorno, sul Poncione Rosso e sull’estetica sagoma del Poncione d’Alnasca. Tutt’intorno si respira ancora pieno inverno e la neve è bianchissima come le prime coltri autunnali. Sostare qui è una delizia per tutti i sensi.
Tornato a Eus, mi porto in prossimità della croce dalla quale prosegue il sentiero che attraverso il lariceto conduce verso SE sul poggio di Arossa. Visitate brevemente le cascine più alte, imbocco il varco nella faggeta che dal rustico più basso inizia a scendere con un lungo mezzacosta. Senza difficoltà particolari il sentiero prosegue sempre in direzione ESE traversando diversi torrenti svalangati, sino a scendere ripido ad incontrare la mulattiera principale nei pressi del torrente. Qui giunto, prima di rientrare a valle, decido di raggiungere le baite di Carecchio proseguendo sul fondo del vallone. Il percorso, interamente coperto di neve fresca, risulta faticoso da tracciare ma tutto sommato abbastanza breve e, giunto dove la vista si allarga, procedo fino alla cascina più grande ubicata a 1299 m sul limitare del bosco. Lo sguardo svela ora nuove prospettive sulle montagne già ammirate precedentemente e soprattutto sulla Cima del Scengio delle Pecore che mette in mostra una parete davvero spettacolare. Ora non mi resta che tornare sui miei passi e seguire la lunga e rilassante mulattiera che, toccando il piacevole agglomerato di baite di Monte della Valle, raggiunge nuovamente l'itinerario di salita, che percorro a ritroso sino a Lavertezzo.

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