Monte Arco (278 m) - EMTB
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Oggi è venerdì 13 e ho pernottato nella camera 17!
Visto che non sono né triscaidecafobico né superstizioso: mi organizzo per un’escursione in bici. Inoltre, parto senza compiere gesti scaramantici e senza portarmi degli amuleti.
Inizio dell’escursione: ore 8.30
Fine dell’escursione: ore 11.20
Sorgere del sole: 6.55
Tramonto del sole: 19.32
Pressione atmosferica ore 9.00: 1027 hPa
Velocità media del vento: 5 km/h
Isoterma di 0°C: 4600 m
Oggi desidero compiere un giro alla scoperta delle spiagge e delle colline presso Porto Azzurro.
Per raggiungere la bellissima località dell’Isola d’Elba da Naregno, sono costretto a percorrere un tratto di circa 1,8 km della SP 26, che in caso di traffico intenso diventa pericolosa. Fortunatamente, non incontro molte auto, per cui arrivo tranquillamente sulla stupenda Piazza Giacomo Matteotti, la più bella dell’isola e una delle più belle d’Italia: un salotto sul mare.
Dall’estremità orientale della Piazza imbocco Via Ricasoli, detta “la salita dei Carabinieri”; ha una pendenza tosta che mette in difficoltà i ciclisti privi di pedalata assistita. Appaiono finalmente i primi segnavia gialli che indicano il percorso della “Conquistadores Cup”, una Granfondo di Mountain Bike, che quest’anno si svolgerà il 20 ottobre.
La granfondo è denominata d’Alarcón in onore dei veri Conquistadores Spagnoli che hanno regnato in passato sul territorio di Porto Azzurro e sulla nota Fortezza Spagnola.
Terminata la salita dei Carabinieri svolto a destra lungo la “Passeggiata Carmignani”, un sentiero panoramico che collega il centro del paese alla sua spiaggia più grande, così denominato in memoria dell’ex generale della Guardia di Finanza Luciano Carmignani, eletto sindaco di Porto Azzurro nel 1999 e prematuramente scomparso nel 2001.
Si sviluppa sotto i bastioni meridionali e orientali del Forte San Giacomo, utilizzato dal 1890 come carcere. Questa fortificazione fu edificata per volontà del Re Filippo III di Spagna nel 1604, all’epoca in cui il territorio di Porto Azzurro ricadeva sotto il dominio spagnolo.
Il colpo d’occhio sul mare è uno sballo d’incanto; è di una bellezza non spiegabile a parole.
Rimango affascinato vedendo dall’alto la Spiaggia di Barbarossa: 160 m per 30, con un grande spazio di spiaggia libera. Il nome deriverebbe dal pirata turco Khayr-al-Din Barbarossa, che sarebbe sbarcato all’Isola d’Elba nel XVI secolo per compiere le sue razzie.
Dal 2014 sulla spiaggia di Barbarossa è stato sperimentato un sistema di sbarramento anti-medusa: una porzione delle acque viene delimitata da una rete di protezione, che permette ai bagnanti di immergersi senza doversi preoccupare della presenza delle meduse. Quest’anno e l’anno scorso non ne ho visto nemmeno una; dipende forse anche dal periodo.
Superato il promontorio successivo, pervengo ad un’altra spiaggia molto suggestiva: la Spiaggia Terranera.
La Spiaggia di Terranera, con il luccichio delle pagliuzze di ematite
La sabbia nera che la costituisce luccica per la presenza di pagliuzze di ematite: è da vedere assolutamente! Le foto non possono riprodurre fedelmente la sensazione che si prova vedendola con i propri occhi.
Alle spalle della spiaggia si è formato il Laghetto di Terranera, nato a seguito del riempimento di acqua sulfurea e marina del piccolo bacino minerario dove venivano estratti ematite, magnesite e pirite.
Il percorso si fa più impegnativo. Sulla ripida carreggiata le ruote a volte perdono attrito; devo spostare il peso, un po’ più avanti o indietro, e cerco di evitare che la bici si impenni.
Più in alto la sterrata entra nel demanio dello Stato. Un guardiano seduto in una garitta controlla la situazione. In prossimità della vetta mi trovo l’ampio stradone invaso da un gruppo di escursionisti che occupano tutto il campo stradale. Il breve e rispettoso squillo di campanello non è ben visto da tutti i gitanti: forse credono di aver riservato il percorso…
Arrivo con la bici fino a 30 m dalla vetta, quindi continuo a piedi sui macigni. Condivido la cima con il gruppo di confederati che ho superato poco prima. Il panorama è avvincente; le foto e i commenti d’ammirazione dei presenti si sprecano.
Ripresa la bici, come suggerito dalla segnaletica per i Conquistadores, compio un anello antiorario attorno al monte, quindi mi avventuro lungo un sentierino invaso dalla vegetazione alta, probabilmente Hyparrhenia hirta (graminacea appartenente alla famiglia delle Poacee e chiamata volgarmente il Barboncino mediterraneo). Dopo 625 m di singletrack mi ricongiungo con la sterrata. Come mi è già capitato altre volte, non so se svoltare a sinistra o a destra. La prima scelta risulta sbagliata, la seconda ovviamente giusta.
In località San Felo mi immetto sulla strada SP 26, che mi guida velocemente fino a Porto Azzurro, dove mi gusto una birretta e alcune olive. L’ultimo quarto d’ora di pedalata fino a Naregno non mi pone problemi.
Tranquilli: niente jella! Il venerdì 13 mi ha permesso di pedalare per un dislivello in salita di 577 m, in una giornata di pieno sole. Il Monte Arco, il cui toponimo potrebbe riferirsi alla morfologia del rilievo, mi ha regalato una bella soddisfazione.
Tempo totale: 2 h 50 min
Tempo di salita: 1 h 30 min
Tempi parziali
Naregno (3 m) – Porto Azzurro (3 m): 15 min
Porto Azzurro (3 m) – Monte Arco (278 m): 1 h 10 min
Monte Arco (278 m) – Porto Azzurro (3 m): 45 min
Porto Azzurro (3 m) – Naregno (3 m): 15 min
Dislivello in salita: 577 m
Quota massima: 278 m
Quota minima: 1 m
Sviluppo complessivo: 26,4 km
Consumo batteria: 34%
Difficoltà: F
Copertura della rete cellulare: buona
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