Rosa dei Banchi 3164 m e Cima Becher 2945 m
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Lasciata l’auto nell’area camper di Chardonney, imbocchiamo l’AV2 per il rifugio Dondena. Il sentiero/mulattiera risale il bosco con tratti ripidi alternati ad altri più pianeggianti. Si rimane quasi sempre a picco sul torrente, nei punti più esposti sono state messe delle staccionate in legno.
Usciti dal bosco, il sentiero spiana e per prati passa dalle molteplicità località che costeggiano la sterrata per il rifugio Dondena. Una camminata davvero piacevole per raggiungere il Rifugio Dondena.
Raggiunto il rifugio, ci facciamo ingannare dai ricordi del trekking del 2016 e, invece di proseguire lungo la sterrata fino al bivio per il Lago Miserin, prendiamo una traccia che ci porta a una casetta. Qui la traccia termina, ci rendiamo conto dell’errore ma continuiamo a salire ripidamente per prati fino a rintracciare il sentiero. Ora, più comodamente, proseguiamo fino al lago.
La giornata iniziata con cielo terso sta cambiando come previsto. La Rosa dei Banchi era il nostro obiettivo principale, ed è già nella nebbia, del resto quasi tutte le relazioni lette parlano di nebbia, la cosa quindi non ci stupisce.
Davanti a noi un gruppetto diretto alla Rosa dei Banchi immaginiamo, la presenza di altre persone ci invoglia a proseguire in quella direzione.
Dopo una prima perdita del sentiero, rintracciamo ometti e bolli per il Col della Rosa. Giunti allo strappo finale il terreno cambia, rimangono solo gli ometti e la traccia s’impenna su terreno alquanto instabile. Ci siamo accodati al gruppetto, saliamo con molta attenzione a non far partire qualcosa e senza danni siamo tutti al colletto, madonnina.
Il gruppetto si ferma, qualcuno mette il casco e qualcuno addirittura s’imbraga…noi, dopo esserci coperti, riprendiamo a salire seguendo l’evidente traccia lato Piemonte. Purtroppo la nebbia non favorisce la ricerca degli ometti, ci portiamo in cresta, dove ne troviamo un paio. La relazione letta mi ha creato un po’ di confusione tra cosa fare e cosa non fare. La cresta, per quanto a prima vista potrebbe sembrare ostica, invece dovrebbe essere ben percorribile ma, giunti a dei grossi macigni, preferiamo seguire la traccia lato aostano che scende parallela alla cresta. Dobbiamo però risalire…Marco prova a farlo stando perpendicolare alla cresta ma la presenza di verglass rende la cosa pericolosa, un momento di pausa e noto un’impronta, spero di un piede e non di una zampa, sembra ci sia una traccia che ritorna in cresta diagonalmente, tentiamo da questa parte, il terreno è più morbido e riusciamo a risalire e a raggiungere la placca delle lapidi. Un ometto invita a stare sul lato aostano anche se su quello piemontese c’è una bella e più invitante traccia. Però dobbiamo trovare il famoso canapo. Una voce, da lontano ci dice che dobbiamo andare a sx, dove si trova l’ometto. E’ il primo del gruppetto che ha già fatto la salita.
Lo seguiamo in un passaggino un poco esposto, passiamo un paio di staffe e siamo al canapo. Saliamo la paretina che non è verticale come mi era sembrata nelle foto e torniamo in cresta. Il gruppetto deve ricompattarsi per cui noi proseguiamo e con un ultimo ripido strappo raggiungiamo la croce. Gli ultimi metri di salita non hanno un percorso obbligato, bisogna prestare però attenzione al ghiaino, soprattutto in discesa.
In cima troviamo un altro gruppetto che, avendola già fatta, proseguiranno per Cima Becher. Viste le condizioni meteorologiche, noi saremmo anche tornati dalla stessa parte ma avendo compagnia ne approfittiamo. La cresta per cima Becher, a parte qualche passaggino esposto all’inizio, è decisamente più semplice della precedente. Superata Cima Becher e raggiunto il canale dove dovremmo scendere, il gruppetto si ferma. Ci viene suggerito di evitare il canale, di salire la successiva elevazione, proseguire in cresta ancora per un poco e quindi scendere il pendio sassoso, meno ripido del canale. Potrebbero esserci anche delle tracce di passaggio, in ogni caso non dobbiamo spostarci troppo a dx. Seguiamo il consiglio. Risaliamo molto ripidamente, proseguiamo in cresta e, prima che riprenda a salire, cominciamo a scendere. Effettivamente sembra ci sia una traccia di passaggio. Fortunatamente poco sotto la cresta, la nebbia diminuisce e il pendio diventa evidente. Seguiamo la traccia che ci porta prima a dx poi si sdoppia ma quella più evidente prosegue a sx, come dovremmo fare noi. Per cui svoltiamo a sx, la traccia si fa un poco vaga ma passiamo da un grosso ometto che ci fa ben sperare. Man mano che scendiamo diventa tutto più semplice, raggiungiamo i prati e ci portiamo verso la prima malghetta da dove parte la lunga sterrata per il Dondena. Il cielo si è fatto piuttosto minaccioso ma ormai siamo fuori dai casini. Dove possibile tagliamo la sterrata. Raggiungiamo il ponticello e con leggera risalita finalmente siamo al rifugio.
Sosta pranzo e quindi rientro con l’AV2. Sempre nella nebbia, ma anche con qualche raggio di sole e comunque non prenderemo una goccia d’acqua!
Non avendoli più incontrati, non abbiamo avuto modo di ringraziare il gruppetto di Cima Becher, lo facciamo qui…magari qualcuno di loro lo leggerà!
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