Le nuvole vanno, vengono, vanno, vengono...poi ecco la Cima Moren.
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Cima Moren, ah, da quanto tempo è che volevo salirci? Almeno una quindicina d’anni. E’ inspiegabile il perché io abbia fatto passare così tanto tempo prima di mettere in cantiere questa escursione, ma accantonato il dilemma amletico oggi finalmente tenteremo la sua ascesa.
Partiamo dal piccolo parcheggio di Navertino, e seguendo la sterrata/bitumata saliamo ripidamente sino ad arrivare alla Loc. Pendici del M. Arano, dove poi, sempre su comoda sterrata giungiamo alla bella Chiesetta degli Alpini o Chiesetta di Val Moren. Da qua in poi si camminerà su sentiero o traccia di sentiero.
Seguiamo la traccia che parte proprio dietro la chiesetta (82b), e con discreta pendenza entriamo nella Val di Moren, una bella conca dove le cime che si stagliano davanti sembrano inarrivabili. Il sentiero è stato ribollato di recente e senza nessun tipo di problema, se non l’erta risalita sino al colletto, ci portiamo nel tratto più tecnico. Come si evince dal titolo il tempo non è bellissimo, solo la prima ora e mezza di cammino c’ha visto sotto un bel sole, le nuvole sembrano coprire tutte le cime, ovviamente compreso la nostra, ma quando il vento sposta le nuvole verso la Val di Scalve cogliamo l’occasione per partire lanciati verso la nostra meta.
La cresta è molto bella e aerea, ben segnata, con qualche passaggio esposto e passi di arrampicata di I°+, con questo andazzo io e Rosa ci portiamo sino alla ripida ed insidiosa discesa al forcellino, una decina di metri di discesa oggi particolarmente scivolosa, dove una caduta verso sinistra segnerebbe la fine della nostra vita terrena, mentre restando un po sulla destra la percezione del pericolo è meno accentuata. Dal forcellino altra ripida ma breve risalita alla tanto agognata Cima Moren. 3h15 senza correre.
Il panorama da questa cima è molto bello e spazia dalla Grignetta all’Adamello, il venticello che soffia non fastidioso, ha il potere di tenere alte le nuvole, così che possiamo dedicarci alla fotografia e…al pranzo.
Tuoni. Eh,sì, i tuoni non portano nulla di buono, soprattutto quando le nuvole nere si addensano, meglio non soffermarci troppo a goderci il silenzio, un temporale su questa cresta non sarebbe piacevole. Ora siamo di nuovo al Colletto, e come per uno scherzo della natura il sole torna a risplendere, quel tanto che basta per farci decidere che…tentiamo la salita alla Corna di S. Fermo?
Perdiamo qualche decina di metri di quota, poi, a nostra interpretazione, pieghiamo a destra senza traccia restando sotto le cime frastagliate; passiamo colate detritiche e qualche zona erbosa, poi ecco il nostro canale da risalire in maniera ripida. Cerchiamo di spingere sui garretti, con il panino che ogni tanto si rigira nello stomaco, cercando di non sprecare troppe energie affrontiamo a muso duro questo muro di 150/200 metri di D+.
Siamo di nuovo in cresta, si potrebbe andare senza problemi alla Pala di San Ferma, che sul gps me la segna come Corna, mentre a sinistra si prosegue per la croce della Corna; intorno le nuvole! Basse e minacciose. Tuoni, tuoni e tuoni. Siamo dentro ai “botti” provocati dal calore, e la nebbia che ci circonda sembra quella che stagnava nella metropoli meneghina nel secolo breve.
Facciamo qualche passo su cresta esposta e un poco scivolosa, ci sono brevi saliscendi e altrettanto brevi cengette, nulla di impossibile con un tempo bello, ma qua non si vede più nulla, salvo per un secondo, dove la piccola croce si mostra, lì, a non più di 15/20 metri in linea d’aria. Ma perché rischiare? Tra l’altro dovremmo scendere senza traccia dalla parte opposta della salita. Ma verso dove se la visuale è nulla? A malincuore non tocchiamo la vetta e ora il nostro pensiero è quello di ridiscendere dal canale.
Bisogna puntare bene le gambe, sotto i nostri piedi si muove tutto, ovviamente vado avanti io, perché lo scarico di materiale è abbastanza importante e non vorrei far del male a Rosa. Finalmente siamo fuori la zona franosa e ora decidiamo il da farsi. Non facciamo il traverso fatto all’andata, la sottostante pietraia ci sembra fattibile, tentiamo così di riprendere il nostro sentiero passando appunto dalla pietraia. Si sa, tutto ciò che si vede dall’alto non è sempre come è realmente, e una volta messi gli scarponi sulle pietre la cruda realtà si materializza. Tutto si muove, si procede con cautela stando attenti a non infilare i piedi nei buchi scavezzacaviglie, per avanzare avanziamo, ma è la pioggia che ora da fastidio. Giove, non potevi aspettare ancora un attimo?
La voglia di toglierci dai guai è più forte di ogni avversità e il sentiero oramai è davanti ai nostri occhi, solo pochi passi e tutto sarà finito. Siamo di nuovo sull’82b e il mondo ci sembra più bello, persino la pioggia che rimbalza sul nostro poncho non ci da alcun fastidio; prima di arrivare alla chiesetta intercettiamo il sentiero 82, e per non farci mancare nulla puntiamo verso il Rif. S. Fermo. Il sentiero è bello e non si incontrano problemi di sorta, c’è solo qualche modesto saliscendi che però, dopo un tot di dislivello comincia a pesare.
Piove ad intermittenza, e giusto poco prima del rifugio (chiuso x restauri) la pioggia si fa più battente, il piccolo spiovente con i tavoli posto esternamente fa al caso nostro. Frutta, barrette, tutto ciò che abbiamo di commestibile lo finiamo, poi si aspetta la quiete…piccolo sprazzo di azzurro, si riparte.
Scendiamo seguendo la sterrata che passa vicino alla croce, e continuiamo così sino ad arrivare alla Malga Moren e Pendici del Monte Arano, qua la pioggia ci da tregua, il caldo ricompare, e ora non ci resta che tornare a Navertino dove ci fermeremo all’omonimo ristorante (si mangia bene) per gustarci una buona e meritata birra fresca.
Nota 1): Che dire, a me sto giro è piaciuto, peccato solo non aver toccato la Corna di S. Fermo. Ma da lì non si muove. Il primo tratto su sterrata è un po monotono, poi si aprono gli spazi e l’ambiente offre belle prospettive. Spettacolare la morfologia della linea di cresta che dal Pizzo Camino porta alla Corna di S. Fermo.
Nota 2): Cazzeggi vari…
SpinozaConte: “Mi propongo come avvocato difensore del popolo italiano”. Punterà sull’infermità mentale.
SpinozaSalvini: “Troppi italiani fanno uso di psicofarmaci”. Pensa che ridere quando avranno tutti una pistola sul comodino.
Lercio: Si fa una sega mentale durante una TAC al cervello. Denunciato per atti osceni.
A' la prochaine! Menek,Rosa
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