La foresta di Valsolda, Artemide e il nulla
|
||||||||||||||||||||||
![]() |
![]() |
Mi trovo nella foresta di Val Solda, appoggiato al parapetto in legno grezzo di una palafitta a strapiombo sulle rocce. Questo tipo di costruzione è destinata all'osservazione degli animali, senza essere invasivi nel loro habitat.
Davanti a me si trova un'imponente parete rocciosa, terminante con guglie appuntite e pinnacoli che ricordano quelli delle Grigne. Non abbiamo inventato niente di originale con lo stile gotico che non avesse già previsto la natura, penso.
L'aria fredda del mattino sembra essere la culla ideale del silenzio che mi avvolge.
Nessun suono penetra questa pace mentre la lenta dissoluzione delle nevrosi accumulate nella settimana lavorativa è già in atto; in questa terapia l'ambiente montano è insuperabile, stimolando la chimica interiore funziona meglio di qualsiasi tranquillante.
Niente prescrizioni mediche, niente farmacia né omeopatia, basta solo la voglia di salire, meglio ancora se in compagnia.
Dopo un tempo di beatitudine che sembra infinito, un suono stridulo taglia la quiete. E' il grido di un rapace, forse un'aquila. Mi hanno detto che ci sono diversi nidi nascosti nel muro calcareo che mi sovrasta, proprio qui davanti ai miei occhi.
Apparentemente non ne vedo traccia, neanche sforzando la vista e setacciandone con lo sguardo ogni settore.
I suoni acuti continuano. Qualcuno dei miei compagni armato di binocolo ne cerca l'origine senza successo. Nulla. Scatta la naturale deriva della mente umana quando non riesce a definire la realtà apparente. La conoscenza del mondo oltre il visibile è un grande miraggio, ma come non aspirare a ciò?
In alto, oltre le cime, volteggia lontanissima quella che dalla sagoma sembra finalmente un'aquila.
Siamo in una riserva integrale, ciò significa che l'unico intervento dell'uomo è quello di tenere in ordine i sentieri e preservare l'ambiente per favorire la vita degli animali che vivono in questa valle. Il sentiero che conduce fin qui si chiama via dei canti, non a caso. Percorriamo molti saliscendi camminando in questo ambiente solitario, dove i colori della natura sono ancora spenti.
La primavera oggi è solo una congettura, osservando l'erba secca ravvivata solo da qualche primula gialla e dal vivace blu porpora dell'epatica (hepatica nobilis).
Nel raggiungere il Passo Stretto ci troviamo a camminare su un tratto innevato, sul quale noto diverse impronte di animali, fugaci firme della loro esistenza intorno a noi.
Cammino sempre volentieri sulla neve, la considero una sorta di tappeto magico. Come ci insegnerebbe un professore di latino, nix, la neve , ha lo stesso nome degli spiriti mutevoli d'acqua che assumono sembianze umane della mitologia germanica. E la stessa pronuncia di nichts, niente. L'eleganza di un fiocco di neve ha il fascino di una donna misteriosa, inafferrabile. L'immanenza e la brevità che ne caratterizzano l'esistenza, accrescono il bisogno di vedere e carpirne la forma prima che esso scompaia, pronto a sciogliersi al contatto del calore di una mano e svanire nel nulla dal quale è venuto.
Ancora il nulla.
Nulla?
Il problema principale del nulla è che per esistere deve contenere qualcosa. Altrimenti non può davvero esserci.
Lungo il cammino si avverte la presenza degli abitanti di questo bel bosco di faggi, noccioli, abeti altissimi e carpini neri. Discreta quella degli uccelli dei quali avvertiamo spesso solo il canto proveniente da angoli nascosti tra il fogliame, difficile vederli. Dei mammiferi quali volpi, camosci e piccoli roditori troviamo solo gli escrementi, cortecce rosicchiate e impronte nella neve. Un segno delicato del loro passaggio.
La natura li accoglie, li nutre e li protegge, come gli altri animali raffigurati sulle vesti dell'affascinante Artemide Efesia, dea generosa dalle numerose mammelle.
E' automatico e doloroso constatare che gli abitanti di questo ambiente pur vivendoci dalla nascita alla morte vi lascino solo poche tracce organiche e destinate a scomparire; a differenza dell'uomo che regala al pianeta ogni giorno tonnellate di plastica nei mari, scarti chimici letali nei corsi d'acqua e scorie radioattive che nasconde sottoterra sapendo che per centinaia d'anni saranno una ferita per l'ambiente.
Senza eleggermi ambientalista a oltranza o il Walden di turno provo un senso di sconforto misto a indignazione. Gli animali prendono solo quello che occorre loro per vivere, nulla di più. Quanto è vera quella massima che recita :"Un uomo è ricco in proporzione al numero di cose delle quali può fare a meno". La vita compulsiva moderna, al contrario, ci spinge a non rinunciare a nulla.
Attraversando il torrente Soldo su di un piccolo ponte, noto in una sua ansa uno specchio d'acqua limpidissima. Con pochi salti tra le rocce levigate sono vicino alla riva. L'acqua è così trasparente che sembra non esserci tra i miei occhi e il fondo del torrente. Provo sempre uno stupore misto a candore infantile nella vista di questa purezza. Come se al posto del liquido cristallino non ci fosse nulla. E pensare che era neve poche ore fa.
Ancora il nulla? Qui si tratta di una mutazione, non una scomparsa.
Luca, mi dico, tu non puoi pensare il nulla perché esso non esiste. Il nulla che riempie i pensieri nella testa di un uomo è un vero e proprio ossimoro, un gioco di parole ed allo stesso tempo una netta conferma della nostra esistenza.
Il solo fatto che io stia a disquisire sul nulla è una prova inconfutabile del suo contatto con la realtà.
Il problema vero è un altro, in mezzo alla natura è difficile distinguerlo dal tutto.
soundtrack: A forest - The cure
https://www.youtube.com/watch?v=RGT4V6JmINA

Kommentare (13)