Punta Felik 4087
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Inutile negarlo: quando si fa la punta Felik, il vero obiettivo è il Castore, 200 metri di dislivello e una lunga cresta in più. Le condizioni, tuttavia, non hanno consentito di proseguire oltre il colle: vento forte, assenza di traccia, mancanza di tempo e un po' di paura di fronte a difficoltà mai veramente eccessive, è il caso di dirlo, hanno fatto propendere per una scelta conservativa.
Aggregato alla collega Luisa e ai suoi familiari, giungiamo al parcheggio di Champoluc in tarda mattinata. Lì ci aspetta una Jeep prenotata con anticipo che ci condurrà al colle di Bettaforca risparmiandoci 1000 metri di dislivello e tre ore di marcia.
Dal colle, seguiamo i segnavia per il rifugio Quintino Sella (n°9, bollatura gialla), proseguendo dapprima su una stradina che presto diviene sentiero e poi comincia a traversare sotto cresta tra immense pietraie e nevai residui. Un ripido canalino ci conduce su un pianoro a cui segue un pendio fatto di sfasciumi, non sempre stabili. Arriviamo così alla cresta finale, un po' esposta ma completamente attrezzata, il che rende la progressione oltremodo divertente. Al termine di questo tratto eccoci sulla radura al limitare del ghiacciaio dove risiede l'ampia struttura del rifugio.
Poichè l'apertura ufficiale del Sella sarà solo il giorno dopo, ci godiamo la struttura solo per noi, trovando la sistemazione molto pulita e accogliente. Ottima anche la cena.
Come di consueto, ci ritiriamo presto mentre fuori imperversa un vento gelido e molto forte. Per tutta la notte, le raffiche sferzano il rifugio creandoci qualche ansia in previsione del giorno seguente.
Al mattino, infatti, il vento non è calato, tuttavia ci prepariamo e, adeguatamente legati, ci muoviamo sul ghiacciaio dapprima pianeggiante, poi in leggera pendenza sino ad un primo dosso più impegnativo che esce su un pianoro sovrastante il rifugio.
Causa vento, il panorama è fantastico: Gnifetti, Parrot, Corno Nero, Monviso, Gran Paradiso, Bianco, Cervino, Breithorn sono tutti ben visibili mentre attraversiamo il pianoro verso il pendio che adduce a Punta Felik. Qui la faccenda cambia: da amena passeggiata sul ghiaccio si trasforma in salita su pendio piuttosto pelato inclinato a più di quaranta gradi. Mentre i miei compagni salgono leggiadri, per me è l'inizio della crisi, decisamente più psicologica che fisica, fattostà che giungo in cresta esausto e un po' tremolante. Il proseguio sulla cresta mi è altrettanto poco gradevole: non c'è pista e l'esposizione è notevole. Dai e dai arrivo anch'io sulla punta Felik, uno dei 181 quattromila secondari delle Alpi.
Scendiamo ora verso il vicino colle omonimo dove la vista spazia su una grande piramide che direi essere il Weisshorn. Davanti a noi l'inizio della cresta verso il Castore. Il vento tira forte, è tardi e nessuna traccia è visibile sull'espostissimo filo. Io sono tra i primi firmatari per la rinuncia a cui seguono le approvazioni del resto del gruppo.
Mestamente ritransitiamo per la punta Felik dove comincia la ripida discesa. Il bravo Alberto mi segue passo passo in questa impresa che trovo difficilissima, causa sensazioni distorte che mi accompagnano dal primo mattimo. Giunto sano e salvo sul pianoro, Alberto torna su come un treno e porta giù il resto del gruppo.
Le difficoltà sembrerebbero finite, se non che i numerosi crepacci si sono fatti infimi e ci costringono a numerosi aggiramenti, salti su buchi da trenta metri e transiti batticuore su ponti che fortunatamente si rileverenno stabili. Nelle zone più sicure, la marcia è poi rallentata da continui sfondamenti sino alla vita, il che rende estenuante il rientro al rifugio.
Qui ci concediamo una lunga sosta rigenerante prima di intrapprendere l'interminabile rientro al colle di Bettaforca dove la Jeep che ci attende per riportarci tra mille scossoni a Champoluc, appare come un miraggio.
Nonostante il mancato obiettivo prefissato e la constatazione che divento sempre più vecchio e insicuro nella frequentazione delle terre alte, di questa gita rimarrà negli occhi l'ambiente eccezionale, la gioia di essere stato in montagna tante ore e di averlo fatto con una straordinaria compagnia che ringrazio.
I tempi ufficiali delle due tratte se volete, li trovate sulle relazioni presenti sul Web; i nostri sono poco significativi date le numerose soste e il procedere volutamente turistico e senza alcuna fretta.
Aggregato alla collega Luisa e ai suoi familiari, giungiamo al parcheggio di Champoluc in tarda mattinata. Lì ci aspetta una Jeep prenotata con anticipo che ci condurrà al colle di Bettaforca risparmiandoci 1000 metri di dislivello e tre ore di marcia.
Dal colle, seguiamo i segnavia per il rifugio Quintino Sella (n°9, bollatura gialla), proseguendo dapprima su una stradina che presto diviene sentiero e poi comincia a traversare sotto cresta tra immense pietraie e nevai residui. Un ripido canalino ci conduce su un pianoro a cui segue un pendio fatto di sfasciumi, non sempre stabili. Arriviamo così alla cresta finale, un po' esposta ma completamente attrezzata, il che rende la progressione oltremodo divertente. Al termine di questo tratto eccoci sulla radura al limitare del ghiacciaio dove risiede l'ampia struttura del rifugio.
Poichè l'apertura ufficiale del Sella sarà solo il giorno dopo, ci godiamo la struttura solo per noi, trovando la sistemazione molto pulita e accogliente. Ottima anche la cena.
Come di consueto, ci ritiriamo presto mentre fuori imperversa un vento gelido e molto forte. Per tutta la notte, le raffiche sferzano il rifugio creandoci qualche ansia in previsione del giorno seguente.
Al mattino, infatti, il vento non è calato, tuttavia ci prepariamo e, adeguatamente legati, ci muoviamo sul ghiacciaio dapprima pianeggiante, poi in leggera pendenza sino ad un primo dosso più impegnativo che esce su un pianoro sovrastante il rifugio.
Causa vento, il panorama è fantastico: Gnifetti, Parrot, Corno Nero, Monviso, Gran Paradiso, Bianco, Cervino, Breithorn sono tutti ben visibili mentre attraversiamo il pianoro verso il pendio che adduce a Punta Felik. Qui la faccenda cambia: da amena passeggiata sul ghiaccio si trasforma in salita su pendio piuttosto pelato inclinato a più di quaranta gradi. Mentre i miei compagni salgono leggiadri, per me è l'inizio della crisi, decisamente più psicologica che fisica, fattostà che giungo in cresta esausto e un po' tremolante. Il proseguio sulla cresta mi è altrettanto poco gradevole: non c'è pista e l'esposizione è notevole. Dai e dai arrivo anch'io sulla punta Felik, uno dei 181 quattromila secondari delle Alpi.
Scendiamo ora verso il vicino colle omonimo dove la vista spazia su una grande piramide che direi essere il Weisshorn. Davanti a noi l'inizio della cresta verso il Castore. Il vento tira forte, è tardi e nessuna traccia è visibile sull'espostissimo filo. Io sono tra i primi firmatari per la rinuncia a cui seguono le approvazioni del resto del gruppo.
Mestamente ritransitiamo per la punta Felik dove comincia la ripida discesa. Il bravo Alberto mi segue passo passo in questa impresa che trovo difficilissima, causa sensazioni distorte che mi accompagnano dal primo mattimo. Giunto sano e salvo sul pianoro, Alberto torna su come un treno e porta giù il resto del gruppo.
Le difficoltà sembrerebbero finite, se non che i numerosi crepacci si sono fatti infimi e ci costringono a numerosi aggiramenti, salti su buchi da trenta metri e transiti batticuore su ponti che fortunatamente si rileverenno stabili. Nelle zone più sicure, la marcia è poi rallentata da continui sfondamenti sino alla vita, il che rende estenuante il rientro al rifugio.
Qui ci concediamo una lunga sosta rigenerante prima di intrapprendere l'interminabile rientro al colle di Bettaforca dove la Jeep che ci attende per riportarci tra mille scossoni a Champoluc, appare come un miraggio.
Nonostante il mancato obiettivo prefissato e la constatazione che divento sempre più vecchio e insicuro nella frequentazione delle terre alte, di questa gita rimarrà negli occhi l'ambiente eccezionale, la gioia di essere stato in montagna tante ore e di averlo fatto con una straordinaria compagnia che ringrazio.
I tempi ufficiali delle due tratte se volete, li trovate sulle relazioni presenti sul Web; i nostri sono poco significativi date le numerose soste e il procedere volutamente turistico e senza alcuna fretta.
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