Alpe In Cima al Bosco
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Sempre bello tornare sul Tracciolino: questa volta non come meta fine a se stessa (che già non sarebbe poco), ma come espediente per provare un accesso desueto e per raggiungere un punto panoramico "ai piani alti".
Il Tracciolino, come ormai tutti sanno, venne costruito attorno agli anni '30 del Novecento per collegare, a scopo ispettivo e manutentivo, i punti di presa d'acqua per gli impianti idroelettrici della Val Codera e della Valle dei Ratti; affinché gli operai e i minatori potessero salire più comodamente ai punti di lavoro, vennero costruite ex-novo due mulattiere specifiche (in aggiunta a quelle secolari delle due valli): la più nota, e molto frequentata anche attualmente, è quella che va a raggiungere - come tappa intermedia - l'abitato di S.Giorgio [quella che useremo per la discesa]; quasi dimenticata, e a tratti in cattive condizioni, è la strada "della Motta": percorso di servizio alla condotta di caduta delle acque alla centrale di Campo Mezzola, che, aggirando al meglio gli ostacoli di un versante impervio, va a raggiungere il terrazzo terminale del piano inclinato, dove convergono anche i binari della piccola decauville proveniente dalla diga di Moledana in Valle dei Ratti. Il percorso sul Tracciolino ha subito recentemente un "restiling" (adesso si usa dire "messo in sicurezza"), per cui si cammina ingabbiati fra roccia e cavi metallici, con accensione automatica delle luci nei tratti in galleria e resi edotti - da appositi messaggi in bacheca - dei pericoli, dei divieti e delle sanzioni. Si torna allo stato primordiale salendo alle antiche case della Cola, da cui si diparte uno dei due sentieri - quello più lungo, ma meglio delineato - che vanno ad addentrarsi verso i pascoli alti della Val Ladrogno (alpinisticamente assistita a Q2100 dal Bivacco Casorate Sempione, alla base delle rocce del Sasso Manduino). Tappa intermedia per le mandrie di un tempo e per gli attuali escursionisti, nonché meta odierna, è lo stupendo terrazzo della solitaria baita dell'Alpe In Cima al Bosco.
Dal parcheggio del Lido di Novate, si torna lungo la statale fino ad oltrepassare l'edificio della centrale elettrica di Campo, per poi svoltare subito a sinistra in Via Dopolavoro; raggiunto in breve il margine del bosco, nei pressi di un piccolo crotto, si incontrano i primi segnali (i più evidenti; poi sentiero e segnaletica appaiono piuttosto abbandonati) per la Motta. La vecchia mulattiera, a suo tempo ben costruita con muri a secco di sostegno (e ora invasa dagli sterpi), sale a risvolte regolari in un bosco di rimboschimento (era l'epoca in cui il Corpo Forestale eseguiva "prove tecniche" con piantumazioni esotiche), fra Cedri himalaiani, Pini strobi e Querce rosse; sovrappassa il tubo della condotta, continuando a risalire un versante sempre più arido. A fatica si oltrepassa una estesa fascia di ginestre ed eriche arboree che ha invaso il sentiero e ci si porta sempre più in alto ad affiancare la condotta poco prima che questa entri in galleria. Da qui la traccia risulta meno evidente tra piccoli franamenti, forzate deviazioni per crolli di piante e accumuli di fogliame [fare attenzione, perché l'esposizione, anche se non accentuata, non presenta barriere od ostacoli naturali su di un cospicuo vuoto]. Le ultime decine di ripidi metri, passando sotto l'arcata di un ponte del piano inclinato di servizio, concludono la salita presso la stazione a monte della funicolare che accompagna il percorso della condotta. Si percorre quindi verso sud la diramazione ferroviaria che va a collegarsi col Tracciolino vero e proprio: il bivio si raggiunge in corrispondenza di una lunghissima (340 m) galleria rettilinea sulla sinistra. Da qui si segue il noto tracciato per circa 4 km oltrepassando una serie di scenografici tunnel, balconate sul sottostante Lago di Mezzola, vallette secondarie e attrezzature artificiali fino a superare il profondo Vallone di Revelaas (selvaggio accesso alpinistico alle più remote pareti del Sasso Manduino, della punta Redescala e della Cima del Cavrèe). Dopo essere transitati sul nuovo ponte metallico, si prosegue ancora per qualche centinaio di metri finchè si distacca con bivio sulla destra un buon sentiero - non segnalato - che permette di salire comodamente alla frazione Cola: un gruppo di baite ben restaurate, attualmente non abitate in modo permanente, sparse su di un pendio erboso attorno ad un' antichissima chiesetta. Il sentiero risale fra i terrazzamenti e si avvia ad addentrarsi sul versante settentrionale di un vallone secondario molto roccioso ed impervio; la traccia porta segni di antica e accurata frequentazione: si percorrono gradinate, cenge naturali ben collegate fra loro e passaggi in costa adattati artificialmente. Una discesa accentuata prelude alla risalita definitiva della spalla meridionale della Val Ladrogno: il sentiero è ripido e non concede soste, salendo a risvolti in un magnificamente unico bosco di betulle fino a raggiungere il bivio con il percorso diretto da Codera. In pochi passi si sale al ripiano che ospita la restaurata baita dell'Alpe In Cima al Bosco: il panorama, già notevole dagli affacci del Tracciolino e dai prati della Cola, qui, grazie alla quota e alla posizione isolata, raggiunge un'estensione straordinaria. Tralasciando il proseguimento (attualmente ingombro di neve ghiacciata) del sentiero verso il Bivacco Casorate Sempione, si torna al bivio sottostante e, ignorando la direzione di salita, si scende a picco verso la Val Codera: il sentiero, fra neve ed erbe, non è evidentissimo, ma i vecchi tratti di vernice sugli alberi sono sufficienti a far scendere velocemente fino ai ruderi di Mottala; da qui il tracciato si allarga in una ripida discesa sassosa, talvolta sconnessa, fino a portarsi nuovamente sul Tracciolino, in quella sua parte abbandonata per l'ormai annoso crollo del ponte sulla forra della bassa Val Ladrogno. Si percorre verso sinistra l'ampio tracciato pianeggiante fino a ritrovarsi sotto la verticale della Cola: evidenti segnalazioni indirizzano - volendo non ripercorrere la via di salita - sulla antica mulattiera per San Giorgio. Il percorso si snoda in ripida discesa sul pendio a larghe voltate, con gradinate e acciottolato talora ben conservato; l'attraversamento di un greto franoso di bianchi graniti segnala il punto più basso della traversata Cola-S.Giorgio: siamo di nuovo nel Vallone di Revelaas. Qualche rampa di ripide gradinate accompagna fino all'uscita in piano sul poggio della frazione San Giorgio, abitata provvisoriamente quasi tutto l'anno; passando a fianco della chiesetta e alle indicazioni per il piccolo museo etnografico, si imbocca la mulattiera per il fondovalle. Oltrepassati i resti di una cava di granito (l'ultima di stampo artigianale a chiudere l'attività in zona, negli ultimi anni '70), la mulattiera si avvia ad inanellare una lunga serie di tornanti rocciosi che scendono rapidamente sulla spalla settentrionale della Val de Munt, attualmente devastata lungo tutto il suo fondo da una controversa cava di inerti. Giunti al piano, imboccando le polverose piste di cantiere, si raggiunge la riva destra del torrente Codera che, poco prima di sfociare nel lago, affianca il parcheggio di partenza.
Il Tracciolino, come ormai tutti sanno, venne costruito attorno agli anni '30 del Novecento per collegare, a scopo ispettivo e manutentivo, i punti di presa d'acqua per gli impianti idroelettrici della Val Codera e della Valle dei Ratti; affinché gli operai e i minatori potessero salire più comodamente ai punti di lavoro, vennero costruite ex-novo due mulattiere specifiche (in aggiunta a quelle secolari delle due valli): la più nota, e molto frequentata anche attualmente, è quella che va a raggiungere - come tappa intermedia - l'abitato di S.Giorgio [quella che useremo per la discesa]; quasi dimenticata, e a tratti in cattive condizioni, è la strada "della Motta": percorso di servizio alla condotta di caduta delle acque alla centrale di Campo Mezzola, che, aggirando al meglio gli ostacoli di un versante impervio, va a raggiungere il terrazzo terminale del piano inclinato, dove convergono anche i binari della piccola decauville proveniente dalla diga di Moledana in Valle dei Ratti. Il percorso sul Tracciolino ha subito recentemente un "restiling" (adesso si usa dire "messo in sicurezza"), per cui si cammina ingabbiati fra roccia e cavi metallici, con accensione automatica delle luci nei tratti in galleria e resi edotti - da appositi messaggi in bacheca - dei pericoli, dei divieti e delle sanzioni. Si torna allo stato primordiale salendo alle antiche case della Cola, da cui si diparte uno dei due sentieri - quello più lungo, ma meglio delineato - che vanno ad addentrarsi verso i pascoli alti della Val Ladrogno (alpinisticamente assistita a Q2100 dal Bivacco Casorate Sempione, alla base delle rocce del Sasso Manduino). Tappa intermedia per le mandrie di un tempo e per gli attuali escursionisti, nonché meta odierna, è lo stupendo terrazzo della solitaria baita dell'Alpe In Cima al Bosco.
Dal parcheggio del Lido di Novate, si torna lungo la statale fino ad oltrepassare l'edificio della centrale elettrica di Campo, per poi svoltare subito a sinistra in Via Dopolavoro; raggiunto in breve il margine del bosco, nei pressi di un piccolo crotto, si incontrano i primi segnali (i più evidenti; poi sentiero e segnaletica appaiono piuttosto abbandonati) per la Motta. La vecchia mulattiera, a suo tempo ben costruita con muri a secco di sostegno (e ora invasa dagli sterpi), sale a risvolte regolari in un bosco di rimboschimento (era l'epoca in cui il Corpo Forestale eseguiva "prove tecniche" con piantumazioni esotiche), fra Cedri himalaiani, Pini strobi e Querce rosse; sovrappassa il tubo della condotta, continuando a risalire un versante sempre più arido. A fatica si oltrepassa una estesa fascia di ginestre ed eriche arboree che ha invaso il sentiero e ci si porta sempre più in alto ad affiancare la condotta poco prima che questa entri in galleria. Da qui la traccia risulta meno evidente tra piccoli franamenti, forzate deviazioni per crolli di piante e accumuli di fogliame [fare attenzione, perché l'esposizione, anche se non accentuata, non presenta barriere od ostacoli naturali su di un cospicuo vuoto]. Le ultime decine di ripidi metri, passando sotto l'arcata di un ponte del piano inclinato di servizio, concludono la salita presso la stazione a monte della funicolare che accompagna il percorso della condotta. Si percorre quindi verso sud la diramazione ferroviaria che va a collegarsi col Tracciolino vero e proprio: il bivio si raggiunge in corrispondenza di una lunghissima (340 m) galleria rettilinea sulla sinistra. Da qui si segue il noto tracciato per circa 4 km oltrepassando una serie di scenografici tunnel, balconate sul sottostante Lago di Mezzola, vallette secondarie e attrezzature artificiali fino a superare il profondo Vallone di Revelaas (selvaggio accesso alpinistico alle più remote pareti del Sasso Manduino, della punta Redescala e della Cima del Cavrèe). Dopo essere transitati sul nuovo ponte metallico, si prosegue ancora per qualche centinaio di metri finchè si distacca con bivio sulla destra un buon sentiero - non segnalato - che permette di salire comodamente alla frazione Cola: un gruppo di baite ben restaurate, attualmente non abitate in modo permanente, sparse su di un pendio erboso attorno ad un' antichissima chiesetta. Il sentiero risale fra i terrazzamenti e si avvia ad addentrarsi sul versante settentrionale di un vallone secondario molto roccioso ed impervio; la traccia porta segni di antica e accurata frequentazione: si percorrono gradinate, cenge naturali ben collegate fra loro e passaggi in costa adattati artificialmente. Una discesa accentuata prelude alla risalita definitiva della spalla meridionale della Val Ladrogno: il sentiero è ripido e non concede soste, salendo a risvolti in un magnificamente unico bosco di betulle fino a raggiungere il bivio con il percorso diretto da Codera. In pochi passi si sale al ripiano che ospita la restaurata baita dell'Alpe In Cima al Bosco: il panorama, già notevole dagli affacci del Tracciolino e dai prati della Cola, qui, grazie alla quota e alla posizione isolata, raggiunge un'estensione straordinaria. Tralasciando il proseguimento (attualmente ingombro di neve ghiacciata) del sentiero verso il Bivacco Casorate Sempione, si torna al bivio sottostante e, ignorando la direzione di salita, si scende a picco verso la Val Codera: il sentiero, fra neve ed erbe, non è evidentissimo, ma i vecchi tratti di vernice sugli alberi sono sufficienti a far scendere velocemente fino ai ruderi di Mottala; da qui il tracciato si allarga in una ripida discesa sassosa, talvolta sconnessa, fino a portarsi nuovamente sul Tracciolino, in quella sua parte abbandonata per l'ormai annoso crollo del ponte sulla forra della bassa Val Ladrogno. Si percorre verso sinistra l'ampio tracciato pianeggiante fino a ritrovarsi sotto la verticale della Cola: evidenti segnalazioni indirizzano - volendo non ripercorrere la via di salita - sulla antica mulattiera per San Giorgio. Il percorso si snoda in ripida discesa sul pendio a larghe voltate, con gradinate e acciottolato talora ben conservato; l'attraversamento di un greto franoso di bianchi graniti segnala il punto più basso della traversata Cola-S.Giorgio: siamo di nuovo nel Vallone di Revelaas. Qualche rampa di ripide gradinate accompagna fino all'uscita in piano sul poggio della frazione San Giorgio, abitata provvisoriamente quasi tutto l'anno; passando a fianco della chiesetta e alle indicazioni per il piccolo museo etnografico, si imbocca la mulattiera per il fondovalle. Oltrepassati i resti di una cava di granito (l'ultima di stampo artigianale a chiudere l'attività in zona, negli ultimi anni '70), la mulattiera si avvia ad inanellare una lunga serie di tornanti rocciosi che scendono rapidamente sulla spalla settentrionale della Val de Munt, attualmente devastata lungo tutto il suo fondo da una controversa cava di inerti. Giunti al piano, imboccando le polverose piste di cantiere, si raggiunge la riva destra del torrente Codera che, poco prima di sfociare nel lago, affianca il parcheggio di partenza.
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