19+25 pranzando in Grigna Settentrionale
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panorama superlativo
discesa un po' a zonzo osservando le doline e rientro sul corretto sentiero (nr 25 - via della Ganda) dopo qualche minuto d libero pascolo
Andrea mi propone la salita al Grignone tramite la cresta di Piancaformia che percorsi 4 anni fa e non mi sembrava di ricordare che vi fossero tratti ostici e per tale ragione acconsento... Giunti al rifugio Cainallo vediamo i cartelli che citano il ritiro del pass,certo è che se non si guarda a monte sulla sinistra,mai nessuno va a pensare che il distributore lo vanno a mettere fuori mano: penso che la ragione sia per la corrente elettrica che le viene fornito dallo stesso rifugio,qualche stranezza di tanto in tanto si vede. Partiamo alle ore 7,45 con la frescura della giornata che si presenta OTTIMA a causa della meteo che NON doveva essere tale secondo gli esperti (quando ci azzeccano): il vento da nord si faceva sentire e anche bene. Arrivati alla chiesetta degli alpini cominciamo a prendere il percorso di cresta,poi ad un certo punto un bivio senza segnalazione: prendo a destra ed ecco che bisogna fare un traverso attrezzato di cui non ricordo di averlo fatto,forse se prendevo a salire diritto sarebbe stato meglio. Comunque siamo in ballo e quindi si procede con cautela: purtroppo il "Bradipo delle Alpi" non è portato a dover per forza usare gli arti superiori per arrancare ed oltre a ciò questi percorsi gli rendono poco in fatto di tempo,in pratica mi rallentano troppo a causa della mia non agilità e destrezza (come molti altri) in tali circostanze e la cosa mi fa anche un poco imbestialire. Giunti finalmente all'ometto di sassi ammiriamo il panorama circostante che appaga,nel contempo cerco di osservare bene il sentiero che sale dalla Bogani: tra passaggi ostiosi e brevi arrampicate che fanno girare i maroni al suddetto,eccoci giungere ad un punto dove,giustamente,spiego ad Andrea che io NON proseguo oltre ma scendo a prendere il vicino sentiero n° 25 e Andrea è d'accordo. Percorriamo il percorso per escursionisti mentre un gruppetto di 3 escursionisti che erano dietro di noi proseguono sul cresta per poi innestarsi a quota 2260 dove vi sono le indicazioni per il canale Guzzi e rifugio Bietti: noi nel frattempo giungiamo alla rottura di palle che consiste al superamento di un macigno,tramite delle catene dove ci si attacca e con la forza delle braccia e poca presa tramite gli scarponi,lo si deve risalire. Ora,sarà anche divertente,però un paio di scalini in ferro come se ne trovano sulle vie attrezzate,non è che ci starebbero male,inoltre la forza delle braccia si ridurrebbe ulteriormente se si potessero appoggiare i piedi di cui,poi, fare forza con le gambe. Comunque in breve riusciamo a passare sperando che i chiodi che tengono le catene non fuori escano dalla sede come potrebbe capitare (qualcuno pensa che mai potrebbe succedere una cosa del genere? Ve lo auguro!). Procediamo e giungiamo nei pressi di una di quelle corde fisse (così dovrebbero essere...) di colore azzurro che agevolano,o meglio,dovrebbero agevolare i passaggi più esposti o difficoltosi ancor più quando le rocce sono bagnate: la corda è sostenuta da barre di ferro con l'estremità ad anello per farla scorrere all'interno,ma dovrebbe essere anche un po tesa per evitare sollecitazioni tramite oscillazioni quando vi si attaccano gli escursionisti. Infatti,uno di questi "chiodi" che dovrebbero tenere più tesa la corda,era uscito rendendo inutile il tratto floscio a meno che,come si è fatto,ci si doveva esporre il più possibile verso l'esterno per tenerla tesa in modo tale che facesse la sua funzione nel modo corretto: ora,non so se qualcuno ha già provveduto ad avvisare chi ha la responsabilità di controllare che tali attrezzature siano idonee,personalmente questi aiuti servono sicuramente ma con le varie sollecitazioni che subiscono o a causa di cadute massi,è meglio stare molto attenti. Non credo sia piacevole vedersi sganciare di colpo uno di questi "chiodi" e prendere degli strattoni durante la scivolata...sperando che la presa delle mani non molli! Infine arriviamo al top della salita finale dove molti anni fa le catene erano "sdraiate" sulla roccia (si vedono benissimo alcuni chiodi affioranti) e che da qualche anno sono state messe da un lato: probabilmente ci sarà stato un motivo,forse in caso di neve o ghiaccio è meglio così. Risaliamo il tratto finale e siamo alla cappelletta alle ore 12,10 con la giornata che ci regala uno spettacolare panorama di rara bellezza: Andrea è al settimo cielo e io spero che nella discesa fili tutto liscio. Facciamo anche conoscenza di un ragazzo indiano (nato in Italia) di una allegria sorprendente,che ama andare in montagna,poi vi sono alcuni tedeschi e pensionati che possono permettersi di scegliere le giornate più adatte per praticare l'escursionismo. Appena ci sediamo ed estraiamo i viveri,ecco precipitarsi a pochi centimetri di distanza i cracchi alpini e un passerotto: qui riconosco uno di una certa età (credo che abbia 80 anni) che ho visto in altre occasioni qui ma anche al pizzo tre Signori che scendeva a manetta dalla via invernale,il quale è stato fermato da una coppia di escursionisti che han voluto fargli una foto dato che è molto conosciuto dai più. Verso le 14,00 ci mettiamo in marcia sulla via del ritorno in direzione della Bogani,ma dopo il sasso che si supera calandosi con le catene....ci troviamo su un sentiero...bello ma senza segnavia e la cosa non mi piace: ci seguono una coppia e un altro. L'unica in questo caso è di ritornare sui propri passi come confermato dal gps di Andrea: a breve riprendiamo il sentiero ufficiale. E' facile prendere un sentiero non ufficiale,del resto questa zona è battuta dagli speleologi e vi sono molti sentieri che conducono a cavità con tanto di indicazioni che ne identificano l'accesso o il nome. Arrivati al rifugio Bogani,decidiamo di andare a visitare la famosa ghiacciaia di Moncòdeno e secondo la traccia che ha scaricato,doveva essere in zona: ci troviamo a quota 1700,Andrea è più in basso e dice di essere proprio sopra ma non vede nessuna entrata,io seguo un sentiero che tende a salire quindi torno al punto in piano e attendo Andrea. Chiamo ma nessuna risposta,quindi passo al messaggio...poi mi chiama e mi avvisa che si trova poco sotto la Bogani,allora proseguo sul sentiero che sbuca a monte dell'alpe di Moncòdeno e mentre attendo Andrea vado a vedere un cartello dove vi è scritto: ghiacciaia di Moncòdeno. Anche chi mette le tracce dicendo che la ghiacciaia si trova in direzione del rifugio Bogani,prendendo poco prima il sentiero a sinistra,sbaglia e alla grande: si precisa che giunti all'alpe di Moncòdeno si prende il sentiero con tanto di segnaletica e segnavia a vernice rosso/bianco e in discesa per circa 10 minuti. Mi aspettavo di vedere una grande volta,invece bisogna scendere per una scala (un pannello spiega l'attrezzatura che ci vuole) per una profondità di 25 metri al che la cosa non mi garba: risaliamo e giunti alla malga la coppia di malgari ci spiegano che non ci siamo persi nulla,oramai le stalattiti e stalagmiti non sono facili da vedersi a causa delle poche e abbondanti nevicate. Procediamo sul sentiero che prima in discesa poi in salita con brevi tratti in piano e poi,finalmente in discesa,eccoci che arriviamo poco dopo le 19,00 all'auto dove Andrea trova sul parabrezza la multa per mancato scontrino...ma di un auto diversa: dev'essere un genio quello che pensa di non pagare la multa spostando il foglio su un altra auto!
Bene,giornata al top anche se la tensione alle stelle a causa di passaggi e tratti attrezzati non proprio in sicurezza.
Alla prossima!
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