Tales of the wild western flank of Mount Generoso
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Oltre ai racconti di danfoletts ci si è messo anche il libro di Angelo Valsecchi ad alimentare il mio desiderio di rivivere anche blandamente le storie del Monte Generoso. Il libro, reperibile presso “La Posta” di Capolago a 10 CHF è uno scrigno pieno di informazioni su sentieri, su flora e fauna della zona e sulle storie dei tempi andati (e non andiamo tanto lontano nel tempo) oltre agli aspetti architettonici di cappelle, alpi, nevere, alberghi e l’immancabile Ferrovia. Così, dopo poche pagine, già smaniavo per allestire un itinerario che mi portasse a calcare qualche antico e forse dimenticato sentiero del selvaggio versante occidentale che da sempre mi affascina. Felice di vedere descritto un itinerario che anni fa avevo studiato su una vecchia Kompass e del quale avevo percorso forse un quarto prima di mandare tutto al diavolo per l’impossibilità di proseguire mi propongo di provarci nuovamente. Parto da Melano e raggiungo, con comoda mulattiera acciottolata presidiata dalle edicole della Via Crucis, il Santuario della Madonna del Castelletto a sx del quale occorre individuare il vecchio sentiero. Da subito mostra le sue caratteristiche: degrado, assenza di manutenzione, esposto in qualche tratto ma fin quando non si inoltra profondamente nella Valle della Chiesa è difficile smarrirlo. Invece qui inizia una salita molto ripida e la traccia diventa sempre più labile tanto che spesso non saprei più dove andare oltre che verso l’ovvio “alto” se non avessi l’itinerario preparato in precedenza sul mio GPS. Sbirciando qua e là scopro che rarissimi e sbiaditi segni B/R sono ancora presenti su qualche pietra ma noto anche che un moderno boscaiolo ha segnato con un colpo d’ascia la corteccia di qualche albero a mo’ di segnavia vegetale. A parte il lontano, continuo e fastidioso rumore dell’autostrada nulla guasta la pace di questa giornata davvero bella; l’aria è dolce e temperata al punto giusto da non soffrire il caldo. La primavera mostra tanti segni: non più gemme ma i nuovi virgulti allungano i rami genitori delle piante nel folto delle quali si celano uccelli che lanciano i loro richiami e che tento goffamente di imitare. La salita è sempre molto impegnativa ma quando vedo una traccia che scende a sinistra nel vallone, pur allettato da essa proseguo lungo un’aspra cresta perché mi dico che non è il caso di scendere, sarebbe sbagliato (anche se il GPS….). Ma dopo quasi 500m e quasi 200m di dislivello al 40% capisco che la traccia giusta era l’altra; imperturbabile e forte della mia conoscenza dei sentieri proseguo pensando che di lì a poco intercetterò il sentiero che da Bellavista scende all’Alpe Melano. In effetti è così; solo 50-100m mi separano dall’intersezione ma il rischio di volare senza scampo nel vallone alla fine mi convince al ritorno e che ritorno! Accarezzo con uno sguardo invidioso la schiena di un bel camoscio che corre lungo la cresta e……davvero difficile anche tornare indietro ma bisognava farlo. In qualche modo, dopo aver gettato 1h20’ in questa simpatica divagazione mi ritrovo al famoso bivio che scende nel vallone, risale il corso di un torrente, lo attraversa e in poco tempo mi porta all’Alpe Melano. Costretto dall’orologio a ricalcolare le mie disponibilità voglio provare comunque a salire in direzione del Motto di Cima, Tiralocchio, Pianchette almeno per un tratto anche per dare un’occhiata al teatro di un prossimo progetto. La salita inizia alle spalle della fontana dell’Alpe con un erboso e ripido pendio che, invece di appianarsi, raggiuntane la sommità si inarca ancor più entrando nel bosco passando prima per i ruderi della Cascina di Mezzo. Da qui in poi la traccia è labile ma comunque intuibile; la progressione è ancor più faticosa e così, giunto ad una selletta a q.1086 m decido che per oggi la mia vetta sarà quella. Mi fermo per osservare il proseguimento del percorso che volta decisamente ad Est e si fa roccioso e aspro, faccio qualche foto e torno verso l’Alpe Melano. Mentre scendo decido di trasformare il resto della mia gita in itinerario turistico e mi dirigo verso Rovio per il sentiero che scende da Bellavista e che tante volte ho fatto. Scendere di qui è una gioia dopo essere salito da Melano come ho fatto io. Impossibile perdersi, il cammino è agevole anche se sempre interessante e in meno di un’ora giungo al Torrente Sovaglia. Qui sono delle bellissime pozze d’acqua continuamente rinnovata dall’impetuoso corso d’acqua che ho fotografato tante volte. Stavolta, forte delle ultime letture, individuo un sentierino che subito dopo il ponte risale il torrente e dopo ca. 200m arrivo sotto una bellissima e fragorosa cascata mai vista finora. Mi sento un po’ Harrison Ford e la studio da diverse angolazioni. A malincuore torno al ponticello e dopo poco arrivo a Rovio ma anche qui, variazione rispetto al solito percorso; rintraccio il sentiero che scende a Melano e dopo ca. 10’ odo un nuovo fragore d’acqua e lontano nel bosco già vedo una seconda cascata, questa molto più imponente, che precipita compiendo un salto di forse 100m perdendo la sua violenza in una bellissima pozza d’acqua verde-azzurra cinta da pietrone sulle quali sarebbe bello far asciugare la pelle bagnata da un caldo sole. Saluto un papà ed una ragazza che sono giunti anch’essi là per ammirare la Cascata del Botto e poi percorro il resto del fresco sentiero che dopo mezz’ora mi scodella sulla cantonale per Mendrisio.
Mi sorprendo nel pensare che invece di essere arrabbiato e deluso per non aver raggiunto l’obiettivo iniziale sono felice come poche volte mi è successo di essere a conclusione di una gita.
E di cose da scoprire in questo “arcinoto” Generoso…..ce n’è ancora un sacco!
Nota: Al di là della valutazione delle difficoltà dei percorsi si tenga presente che la cartografia è aggiornata non certo alla data odierna e lo stesso testo di Valsecchi risale al 1990; in 25 anni sentieri e loro segnaletica cambiano notevolmente.
Pillole….della giornata:
Dislivello 1089m
Lunghezza totale 11,5 km
Tempo 7h03’

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