Rifugio Vittorio Emanuele, der ItalianZeppelin
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Avremo il nostro Zeppelin, e lo costruiremo meglio dei tedeschi.
Domani la casa di caccia reale di Valsavarenche diverrà un grande cantiere, lassù al riparo da occhi curiosi nascerà il primo aerostato italiano.
Vittorio Emanuele si lisciò i baffi soddisfatto del silenzio-assenso dei presenti.
La parola di un re nei primi del '900 cade a terra come le tavole dei comandamenti sulla cima del Monte Sinai. Inconfutabile e lapidaria. Stanco della caccia, passione ereditata dal nonno che per decenni aveva sterminato camosci e stambecchi, inseguiva ora un nuovo capriccio.
La tattica "reale", era quella di rendere gli animali folli di paura attraverso battitori che li spingevano in salita, verso le canne dei nobili fucili alla sommità dei sentieri della Vallée.
Nemmeno l'australopiteco definirebbe caccia questa pratica, con tutto il rispetto per il simpatico ominide.
L'uomo ha un istinto atavico per la predazione, è vero, a volte ossessivo; diversamente non esisterebbe il WWF.
In pochi giorni furono reclutati robusti valdostani necessari alla manovalanza, con l'esclusione dei "sinistroidi ostici" della valle di Cogne, come amava definirli il sovrano dai baffi a ricciolo.
Una nutrita squadra di ingegneri torinesi arrivò nel giro di due settimane, seguita da alcuni tra i migliori tecnici della casa aeronautica Caproni di Milano.
In capo ad un mese lo scheletro del dirigibile, simile ad un gigantesco uovo appoggiato sull'altopiano morenico dominato dal Ciarforon e dalla Becca di Monciair, aveva già preso forma. La notte gli stambecchi sulle alture, ora più liberi di aggirarsi nei dintorni senza essere impallinati, osservavano sgomenti quello scheletro a forma di balena preistorica prendere forma in mezzo ai loro pascoli.
Il re teneva visite regolari al cantiere in quota, ogni volta foriero di suggerimenti e modifiche che avrebbero sicuramente garantito la superiorità del mezzo italiano rispetto a quello di quel "crucco borioso" del Conte Fon Zeppelin, come lo chiamava ironicamente. Il sovrano bizzoso aveva epiteti per tutti, ignorando di essere lui stesso un epiteto vivente, detto "sciaboletta" per via della bassa statura.
Intanto i giornali europei tessevano lodi impressionanti alle creature del conte tedesco. La loro fama aumentava esponenzialmente, anche grazie al prestigioso LZ 127 Graf Zeppelin, il Gran Visir di tutti gli aerostati. Il mezzo che percorse oltre un milione e mezzo di chilometri di navigazione, compresa la circumnavigazione della globo terracqueo.
Vittorio Emanuele nel frattempo azzerò le spese della manicure. Iniziò a mangiarsi le unghie.
In una delle sue ultime ispezioni il sovrano, guardando una caffettiera in alluminio, ebbe quello che lui stesso definì " colpo di genio all'italiana".
Il dirigibile sarebbe stato accuratamente rivestito da placche metalliche, per aumentarne la robustezza e donargli un'estetica futuristica.
Inutili furono le obiezioni sollevate dai progettisti sul peso eccessivo che il mezzo volante avrebbe raggiunto. l'Italianzeppelin si doveva fare e basta. Anche il capo cantiere, un certo Roger di Morgex, scuoteva la testa come una marionetta rotta.
Peserà troppo? Raddoppiate la potenza dei motori, dov'è il problema?
La versione corazzata Potemkin del dirigibile fu terminata solo con un piccolo ritardo sui tempi previsti.
Gli ingegneri aggiunsero una piccola sala per la preghiera di fianco alla cabina di pilotaggio, senza avvertire il re della modifica.
Il diciotto di giugno, il giorno prescelto per l'inaugurazione, lo stato maggiore al gran completo stanziava sul palco di legno di cirmolo costruito per le autorità; furono condotti a dorso d'asino fino ai 2735 metri del cantiere, al cospetto del Gran Paradiso.
Tra i valligiani circolavano come mosche impazzite scurrili battute in patois sulla similitudine tra i grigi quadrupedi e le personalità politiche trasportate.
Fu invitato anche il vate, Gabriele d'Annunzio, che declamò per l'occasione alcuni versi composti per l'occasione...
Dal manto lucente, corazzato
nell'aerea distesa vola insuperato
l'italico dirigibile cugino dello Zeppelin
per audacia e sveltezza lo superò infin...
La bottiglia di spumante diede il via alla cerimonia esplodendo sul fianco arrotondato del mezzo. Furono tolti gli ancoraggi.
Il primo pilota, capitano Tino Schet ordinò il decollo.
I motori già caldi ruggirono. Applausi. La banda dei carabinieri intonò le prime note del Nabucco. Il re era già al quattordicesimo cielo, in alta uniforme e bassa statura. Il drago di metallo si sollevò infine, pochi metri dal terreno pietroso del colle. Il ruggito si trasformò presto in un grido disperato, una cacofonia di pistoni grippanti, preludio all'agonia del motore a scoppio.
Poi il tonfo. Sordo, terrificante. Rumore di legna rotta, vetri in frantumi e roccia contro ferro. Unghie rotte sulla lavagna della speranza. Specialmente rumore di sogni infranti.
L'ItalianZeppelin, troppo pesante per volare, si accasciò come un grasso uccello nel nido che l'aveva covato. Voci non confermate giurano di aver sentito marmotte fischiare e camosci sghignazzare.
Legibus solutus, la regale immunità riversò l'insuccesso sui progettisti.
Gli ingegneri ed il pilota furono fucilati in segreto nelle carceri torinesi, i giornalisti presenti deportati in Abissinia con un volo speciale pilotato da Italo Balbo in persona.
Al dirigibile furono troncate le estremità e venne trasformato, con un abile riadattamento, nel nuovo rifugio alpino Vittorio Emanuele.
Una struttura dal design avveniristico, che il giornalista inglese L.Oldman definì "progetto visionario ed alta espressione del genio italico".
soundtrack: Led Zeppelin "Stairway to Heaven"
http://www.youtube.com/watch?v=9Q7Vr3yQYWQ
Domani la casa di caccia reale di Valsavarenche diverrà un grande cantiere, lassù al riparo da occhi curiosi nascerà il primo aerostato italiano.
Vittorio Emanuele si lisciò i baffi soddisfatto del silenzio-assenso dei presenti.
La parola di un re nei primi del '900 cade a terra come le tavole dei comandamenti sulla cima del Monte Sinai. Inconfutabile e lapidaria. Stanco della caccia, passione ereditata dal nonno che per decenni aveva sterminato camosci e stambecchi, inseguiva ora un nuovo capriccio.
La tattica "reale", era quella di rendere gli animali folli di paura attraverso battitori che li spingevano in salita, verso le canne dei nobili fucili alla sommità dei sentieri della Vallée.
Nemmeno l'australopiteco definirebbe caccia questa pratica, con tutto il rispetto per il simpatico ominide.
L'uomo ha un istinto atavico per la predazione, è vero, a volte ossessivo; diversamente non esisterebbe il WWF.
In pochi giorni furono reclutati robusti valdostani necessari alla manovalanza, con l'esclusione dei "sinistroidi ostici" della valle di Cogne, come amava definirli il sovrano dai baffi a ricciolo.
Una nutrita squadra di ingegneri torinesi arrivò nel giro di due settimane, seguita da alcuni tra i migliori tecnici della casa aeronautica Caproni di Milano.
In capo ad un mese lo scheletro del dirigibile, simile ad un gigantesco uovo appoggiato sull'altopiano morenico dominato dal Ciarforon e dalla Becca di Monciair, aveva già preso forma. La notte gli stambecchi sulle alture, ora più liberi di aggirarsi nei dintorni senza essere impallinati, osservavano sgomenti quello scheletro a forma di balena preistorica prendere forma in mezzo ai loro pascoli.
Il re teneva visite regolari al cantiere in quota, ogni volta foriero di suggerimenti e modifiche che avrebbero sicuramente garantito la superiorità del mezzo italiano rispetto a quello di quel "crucco borioso" del Conte Fon Zeppelin, come lo chiamava ironicamente. Il sovrano bizzoso aveva epiteti per tutti, ignorando di essere lui stesso un epiteto vivente, detto "sciaboletta" per via della bassa statura.
Intanto i giornali europei tessevano lodi impressionanti alle creature del conte tedesco. La loro fama aumentava esponenzialmente, anche grazie al prestigioso LZ 127 Graf Zeppelin, il Gran Visir di tutti gli aerostati. Il mezzo che percorse oltre un milione e mezzo di chilometri di navigazione, compresa la circumnavigazione della globo terracqueo.
Vittorio Emanuele nel frattempo azzerò le spese della manicure. Iniziò a mangiarsi le unghie.
In una delle sue ultime ispezioni il sovrano, guardando una caffettiera in alluminio, ebbe quello che lui stesso definì " colpo di genio all'italiana".
Il dirigibile sarebbe stato accuratamente rivestito da placche metalliche, per aumentarne la robustezza e donargli un'estetica futuristica.
Inutili furono le obiezioni sollevate dai progettisti sul peso eccessivo che il mezzo volante avrebbe raggiunto. l'Italianzeppelin si doveva fare e basta. Anche il capo cantiere, un certo Roger di Morgex, scuoteva la testa come una marionetta rotta.
Peserà troppo? Raddoppiate la potenza dei motori, dov'è il problema?
La versione corazzata Potemkin del dirigibile fu terminata solo con un piccolo ritardo sui tempi previsti.
Gli ingegneri aggiunsero una piccola sala per la preghiera di fianco alla cabina di pilotaggio, senza avvertire il re della modifica.
Il diciotto di giugno, il giorno prescelto per l'inaugurazione, lo stato maggiore al gran completo stanziava sul palco di legno di cirmolo costruito per le autorità; furono condotti a dorso d'asino fino ai 2735 metri del cantiere, al cospetto del Gran Paradiso.
Tra i valligiani circolavano come mosche impazzite scurrili battute in patois sulla similitudine tra i grigi quadrupedi e le personalità politiche trasportate.
Fu invitato anche il vate, Gabriele d'Annunzio, che declamò per l'occasione alcuni versi composti per l'occasione...
Dal manto lucente, corazzato
nell'aerea distesa vola insuperato
l'italico dirigibile cugino dello Zeppelin
per audacia e sveltezza lo superò infin...
La bottiglia di spumante diede il via alla cerimonia esplodendo sul fianco arrotondato del mezzo. Furono tolti gli ancoraggi.
Il primo pilota, capitano Tino Schet ordinò il decollo.
I motori già caldi ruggirono. Applausi. La banda dei carabinieri intonò le prime note del Nabucco. Il re era già al quattordicesimo cielo, in alta uniforme e bassa statura. Il drago di metallo si sollevò infine, pochi metri dal terreno pietroso del colle. Il ruggito si trasformò presto in un grido disperato, una cacofonia di pistoni grippanti, preludio all'agonia del motore a scoppio.
Poi il tonfo. Sordo, terrificante. Rumore di legna rotta, vetri in frantumi e roccia contro ferro. Unghie rotte sulla lavagna della speranza. Specialmente rumore di sogni infranti.
L'ItalianZeppelin, troppo pesante per volare, si accasciò come un grasso uccello nel nido che l'aveva covato. Voci non confermate giurano di aver sentito marmotte fischiare e camosci sghignazzare.
Legibus solutus, la regale immunità riversò l'insuccesso sui progettisti.
Gli ingegneri ed il pilota furono fucilati in segreto nelle carceri torinesi, i giornalisti presenti deportati in Abissinia con un volo speciale pilotato da Italo Balbo in persona.
Al dirigibile furono troncate le estremità e venne trasformato, con un abile riadattamento, nel nuovo rifugio alpino Vittorio Emanuele.
Una struttura dal design avveniristico, che il giornalista inglese L.Oldman definì "progetto visionario ed alta espressione del genio italico".
soundtrack: Led Zeppelin "Stairway to Heaven"
http://www.youtube.com/watch?v=9Q7Vr3yQYWQ
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