Punta di Val Scaradra (2823 m) & Pizzo Sorda (2885 m)
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Correva il settembre 2004 quando, in occasione di una salita al Piz Terri, vidi per la prima volta la Punta di Val Scaradra. Seppur da lontano, emanava già un fascino particolare. A quei tempi comunque non osavo nemmeno pensare ad una meta del genere: rimaneva un bel sogno da ammirare a debita distanza. Sempre nel mese di settembre, ma questa volta nove anni più tardi, la rividi durante l’uscita al Torrone di Garzora: splendida, un po’ più vicina della volta precedente, ma sempre irraggiungibile. La salita con gli sci ai due Pizzi di Cassimoi del maggio di quest’anno, poi, mi ha permesso di passarci molto vicino e di essere colpito una volta per tutte dai suoi dardi ammaliatori. Per finire con gli antefatti, la gita al Cassinello del mese scorso mi ha dato il colpo di grazia: la Punta di Val Scaradra ha cominciato ad apparirmi in sogno dapprima sporadicamente, poi negli ultimi tempi con sempre maggiore insistenza. Mi chiamava, mi diceva: “vienimi a trovare”, “ti aspetto”, “non far passare un altro anno”… Tutto doveva essere perfetto: la giornata giusta (dal punto di vista della meteo), i soci giusti (perché una simile vetta non si improvvisa…) ed il richiamo al massimo della sua intensità. Condizioni che si sono verificate, come un triple witching, sabato 27 settembre 2014.
Così con Marco, il grande esperto del gruppo, Varoza e Francesco partiamo dai Prati di Compietto alla volta dell’Alpe Saltarescio: solo arrivati in quota sceglieremo come procedere. Alla quota 2421 prendiamo la decisione definitiva: visto che il versante, esposto ad Ovest, non ha ancora ricevuto l’abbraccio del sole, optiamo per traversare obliquamente il pendio e salire dapprima al Pizzo Sorda, più docile, in modo da avere poi il favore del sole nel momento più delicato, cioè quando affronteremo la cresta SSE della Punta di Val Scaradra.
La salita al Pizzo Sorda è elementare e, a parte un po’ di brina che ci rammenta la cautela con cui affrontare questo pendio, quasi senza accorgerci ci ritroviamo in vetta. Breve pausa con panorama grandioso e poi cominciamo a percorrere la cresta che lo collega alla Punta di Val Scaradra. Passiamo dall’anticima NNE del Pizzo Sorda e raggiunta la sella tra le due cime cominciamo la salita. Qualche previsione un po’ ottimistica ci fa sperare di lasciare le corde ben appoggiate allo zaino ma, dopo un primo tratto qualificabile F+, davanti al muretto che ci si para davanti con uno spit ammonitore in bella evidenza, capiamo che il materiale portato fin quassù dovrà essere impiegato.
Il muretto, infatti, è molto esposto sia sul lato di Carassina che su quello di Val Scaradra, e forzare la salita in libera sarebbe un rischio troppo grande, come evidenziato anche dagli uomini d’esperienza in fatto di tecniche d’assicurazione (cioè tutti, me escluso).
Ci incordiamo e, uno dopo l’altro, superiamo questo primo muretto. Subito dopo c’è un facile tratto pianeggiante dotato di ometto e poi i due muri successivi, entrambi da affrontare con il dovuto rispetto. In particolare il secondo, sempre a giudizio dei più ferrati in fatto d’arrampicata (cioè tutti, con varie gradazioni, me escluso), rappresenta la massima difficoltà di giornata, andando abbondantemente oltre il III° indicato dal Brenna (che parla comunque di “due muri piuttosto ostici ed esposti {III}”: parole raramente usate dal Maestro).
Si sa, in vent’anni le montagne possono subire modifiche, e qui davanti a noi si presenta un muro liscio, leggermente strapiombante (quindi superiore ai 90°) e senza appigli, con solo uno spit nella sua parte superiore. Il grado di difficoltà che riteniamo corretto attribuire a questo muro si situa attorno al IV°, non al di sotto.
In ogni caso superiamo di forza l’ingente ostacolo e pochi metri più avanti salutiamo il piccolo ometto di vetta con evidente soddisfazione da parte di tutti, sia dei neofiti sia di chi ha permesso la realizzazione di questo sogno a tutti gli altri.
In vetta c’è abbastanza spazio per recuperare le energie e si può anche andare a visionare, dalla parte opposta rispetto all’ometto, le due vie difficili che salgono dalla parete N e dallo spigolo NNE: la via di Giuseppe Brenna “Voglia di avventura” e la “Via Scaradra”. Entrambe propongono difficoltà alpinistiche attorno all’MD. Vederle dall’alto è già bello…
Per il ritorno disarrampichiamo con cautela i tre muretti e tutta la restante cresta SSE; arrivati alla sella, scendiamo su ganna - ed in parte su placca - il canale che ci permette poi di raggiungere agevolmente l’Alpe Saltarescio e quindi la traccia dell’andata.
Arrivati all’altezza dell’attacco della parete WSW del Torrone di Nav, il gruppetto si divide: Varoza e Francesco scelgono la via più diretta, Marco ed io procediamo in direzione della Stanga (vetta duplice, la più alta è la prima che si incontra, 2444 m; la CNS assegna però il nome alla vetta WNW, quotata 2426). Dopo la Stanga continuiamo la via di cresta (erbosa) verso la Forcadona: anche qui la vetta è duplice, ma stavolta il nome viene assegnato alla cima principale (2084 m). Per non farci mancare nulla, la raggiungiamo, la oltrepassiamo e procediamo fino all’anticima NW (2044 m) che ci dà modo di scendere poi ai Prati di Compietto su buona traccia in direzione delle cascine di quota 1697. In un minuto, tra mucche e tori, siamo all’auto. Ricompattato il gruppetto, la grandiosa giornata di montagna va verso l’epilogo in forma di biondo nettare luppolato in quel di Campo Blenio.
Punta di Val Scaradra: mai come oggi si può dire “un sogno divenuto REALTÀ”. Un sincero grazie a Marco, Varoza e Francesco.
Varoza:
Punta di Val Scaradra… Sembra incredibile che questo elegante gioiello di roccia sia stato battezzato ed abbia in seguito trovato posto sulla CN solo qualche decennio fa. La Punta è ardita e se ne resta folgorati da qualsiasi parte la si osservi: baluardo di roccia dall’Alpe Saltarescio, snella sullo spigolo S e piramidale nella sua porzione NE. Quest’ultima angolazione, ossia la prospettiva che si gode dalla Val Scaradra (o dalle vette adiacenti), resta forse la più suggestiva e conferisce alla sommità la caratteristica forma appuntita.
Proprio come capitato all’amico Tapio, anch’io restai subito ammaliato da questa vetta in occasione della mia prima visita in Val Scaradra. Era l’estate del 2000 e la meta era il bel panettone del Pizzo Cassinello. 14 anni dopo, eccomi a chiudere il “ferro di cavallo” formato dalle magnifiche cime che sovrastano la Scaradra. Quanti bei ricordi… dal Nav, su fino ai Cassimoi, girando poi verso il Cassinello, Plattenberg e “sforando” infine sui vicini Vernokhörner e Garzora… quante infinite ascese! Quest’oggi ho aggiunto l’ultimo tassello, ed anche in questa occasione, la salita è coronata dalla bella compagnia, in un dì che resterà per sempre indelebile nella memoria! Insomma, una classica “Giornata da Val Scaradra”!
Per quanto riguarda la relazione tecnica, non ho da aggiungere granché in quanto Tapio ha già descritto in modo perfetto la nostra magica avventura.
Compietto - Alpe Saltarescio - Pizzo Sorda:
L'accesso all’Alpe Saltarescio è agevolato da una bella traccia di sentiero (probabilmente sentiero di cacciatori - tracce visibili anche sulla CN) che prende avvio appena sopra la carrozzabile che entra in Val di Carassino, all’altezza della corona della Diga di Compietto. La traccia resta visibile ben oltre i 2500 m, passando dalle quote 1838 m, 2068 m (sfiorando la 2256 m) e 2421 m.
Accesso alla cresta:
L’accesso alla cresta che collega il Pizzo Sorda alla Punta di Val Scaradra può avvenire in più punti, sia dalla Val di Carassino sia dalla Val Scaradra (terreno più ripido), per dei pendii e canali franosi. Difficoltà F.
Tratto finale (Punta di Val Scaradra):
Il primo muretto è forse quello più esposto, in quanto per superarlo bisogna appunto esporsi completamente sulla parete che strapiomba giù sui pianori di Saltarescio. Così facendo si sfrutta uno specie di breve camino che offre qualche esile appiglio, oltre ad essere un buon punto d’appoggio per staccare gli scarponi dalla roccia ed issarsi con energia oltre la difficoltà. Il secondo muretto è il più “cristiano” e lo si scavalca frontalmente oppure appena alla sua sinistra. L’ultimo passaggio che porta in vetta, chiamiamolo pure l’”Hillary Step” della situazione, richiede dei movimenti davvero atletici, essendo la roccia completamente liscia (l’esposizione è forse minore rispetto al primo muro). Superato anche quel passaggio c’è… il sogno!
Ed allora, sognando di ripetere presto queste emozioni, non mi resta che contraccambiare i ringraziamenti a Marco, Tapio e Francesco per la splendida avventura! Grazie di cuore!
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