Torrone di Nav (2832 m)
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Con tutti i luoghi meravigliosi che il Ticino ha da offrire, non è forse la cosa più “lineare” tornare dopo pochi giorni nei luoghi della precedente uscita, ma anch’io, come Varoza, vorrei “mettere il ferro di cavallo” attorno alla Val Scaradra e alla Carassina. Una sola montagna è sufficiente per prendere due piccioni con una fava, e questa è il meraviglioso Torrone di Nav.
Con la via di salita esposta ad Ovest e quindi soggetta a rischio brina e verglas e senza sole fino a mattina inoltrata (almeno in questa stagione), per una volta me la prendo comoda, anzi, comodissima: arrivo ai famigerati Prati di Compietto attorno alle dieci, apposta. Cima Bianca, Pizzo della Rossa e Pizzo Castello docent. Con poco più di mille metri di dislivello ci starò dentro abbondantemente.
Il tragitto, almeno nella parte iniziale è quello noto: Prati di Compietto-Alpe Saltarescio (attraverso le buone tracce visibili anche sulla CNS), con qualche risalita su erba alta e ginepri rigogliosi, fino ad arrivare alla base della cresta-rampa W del Torrone di Nav.
Poco prima di raggiungerla mi rendo conto che devo aver appoggiato i bastoncini da qualche parte, ed immerso in pensieri vagolanti devo aver proseguito senza. Poco male, c’è sempre il ritorno, per cercarli.
L’attacco della cresta-rampa W è ben segnalato da ometti. Anche il resto della salita da lì in poi è segnato in questo modo poco invasivo: speriamo che rimanga così, senza ulteriori aggiunte…
Giuseppe Brenna, a proposito di questa salita, si esprime così: “si scende a una leggera depressione (a SE della Stanga) e si sale subito sulla cresta dirimpetto che non è affilata, ma è una specie di larga rampa erbosa e rocciosa, con placche e canalini a tratti un po’ friabili. Il percorso è logico e avviene tra una parete a sinistra e sul bordo della rampa che a S precipita. Si sbuca sulla cresta SSE a pochi metri dalla vetta. Non resta quindi che scavalcare qualche facile blocco”.
Non c’è molto da aggiungere: seguendo sempre questa cresta-rampa non si ha difficoltà a raggiungere la vetta. Giunto sulla cresta SSE, e quindi a pochi metri dalla cima, scelgo di deviare a destra per toccare inizialmente la “vetta SE”, che non ha ostacoli fra sé e la Punta di Val Scaradra. Ovviamente siamo ai primi di ottobre, quindi la parete N di quest’ultima è completamente in ombra, anche se il sole tende allo zenit (sono le ore 12.45, ora legale). Dopo essermi abbeverato a questa fonte di lucente splendore, percorro quel breve tratto di cresta SSE e raggiungo la vetta effettiva, dove, dal 1989 c’è una “minuscola crocina di ferro”. Il raffronto con quella del Pécian è impietoso: in una settimana sono passati davanti ai miei occhi il gigante e la bambina. Là 10 metri di croce, qui non oltre i 30 centimetri. La più grande e la più piccola delle mie seppur circoscritte peregrinazioni.
Mi trattengo in vetta abbondantemente, visto che la meteo è buona, e poi torno da dove sono venuto. Discesa la cresta W del Torrone, aguzzo la vista alla ricerca dei miei bastoncini, ma pur cercando di ripetere gli stessi passi dell’andata, non ho fortuna. Si vede che il Torrone ha richiesto il suo tributo. Non c’è da prendersela, sono cose che capitano. Ne ho altri e li userò.
A parte questo piccolo inconveniente, il Torrone di Nav è una gran montagna, posizionata in uno dei luoghi più affascinanti di tutte le Alpi Ticinesi. Piacevole la salita, ed altrettanto la discesa. Chiudo una volta di più con le parole di Giuseppe Brenna, che svelano (forse) l’origine del nome: “Torrone di Nav. È il picco meraviglioso che tutti possono ammirare dalla diga del Lago di Luzzone: da lì appare come più alta piramide fra le tre che si susseguono con regolare altezza crescente da N a S, lasciando così immaginare nell’affascinate complesso una specie di veliero”.
Tempi:
Prati di Compietto – Torrone di Nav : 2 ore e 40’
Torrone di Nav – Prati di Compietto: 2 ore e 20’

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