Periplo del Pizzo San Giacomo – Cima 2893 e “Canalino del Marchhorn”
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Antefatto
La zona da me prescelta per l’escursione odierna è una delle poche del Canton Ticino ad essere presidiata dalle nuvole. Non intendo rovinarmi la giornata, urge una contromisura. Improvvisamente l’illuminazione. Giro la macchina e mi dirigo in Val Bedretto. San Giacomo mi ha chiamato, il suo Pizzo è da tempo che manda il suo richiamo ammaliatore. Naturalmente le uniche cartine e le uniche fotocopie del Brenna che ho con me riguardano la zona originariamente prescelta. Dovrò fare tutto a naso: la zona la conosco a grandi linee, ma unicamente in veste invernale. Con il verde non ho mai messo piede in questo versante della Valle.
All’ Acqua – Bocchetta di Formazzora
Da All’Acqua fino alla grande stalla di Val d’Olgia seguo grosso modo la vecchia mulattiera ben segnalata. Poi taglio per via diretta in direzione SSE verso il Ganone, come da relazione (scialpinistica) ad oggetto il Pizzo Cavagnöö. Ci sono delle vecchie tracce e dei bolli semi-cancellati, ma grazie anche ai tralicci, la via da seguire è univoca, pur già con qualche intermezzo su ganna. Il sentierino che porta alla Bocchetta di Formazzora è ripido e tutto sommato è più bello andarci d’inverno.
Il Ghiacciaio del Cavagnöö e la Cima Innominata P. 2893
Raggiunta la Bocchetta di Formazzora si tratta ora di aggirare il solenne versante N del Pizzo San Giacomo e cercare una possibile via di salita dall’altra parte (ricordo che non ho con me né la guida del Brenna, né cartine). Comincio allora ad abbassarmi verso il Ghiacciaio del Cavagnöö (molto più dei 40 m di cui parla il Brenna), per aggirare gli spuntoni della cresta E del Pizzo San Giacomo. Il terreno inizialmente è franoso. Poi comincio a traversare su blocchi con qualche puntata sui nevai che ricoprono il ghiacciaio. Raramente sono sul ghiaccio vivo, dove comunque la quantità di detriti è così ingente da potermi risparmiare il montaggio dei ramponi. Giungo sotto la parete SSE e da qui mi sembra proibitiva. Decido allora di andare a prendere la cresta SW che sembrerebbe più abbordabile. Arrivo in cresta in un punto situato a NE rispetto alla Cima P. 2893. Pur vedendo degli spuntoni verticali inizio a percorrere la cresta. L’esposizione è alta, sia verso NW che verso SE. Arrivato davanti al primo dente (invalicabile senza adeguati mezzi di protezione) cerco di aggirarlo sul versante SE, ma la cosa si rivela problematica. Decido allora di rinunciare a questa cresta, e conseguentemente al Pizzo, e mi dirigo in direzione opposta dove, con breve risalita finale, guadagno la Cima senza nome (ma dotata di ometto) P. 2893. È un bel punto panoramico sul Lago Toggia, il Ghiacciaio del Cavagnöö e le montagne dell’altro lato della Val Bedretto. Senza le dovute informazioni del caso, quando le difficoltà si fanno importanti, non si improvvisa niente. Il Marchhorn è vicino e facilmente raggiungibile, ma non ha senso prolungare ancora il giro, vieppiù sapendo che questa montagna è una possibile bella meta invernale. Preferisco la mia cimetta innominata.
Le parole del Brenna
A casa vengo a sapere dal Brenna che effettivamente la via che avrei voluto salire io (la cresta SW) ha una difficoltà “generale” inferiore rispetto all’altra via teoricamente fattibile (il canalino della parete SSE). La prima F+ ma con punte di III° (gli spuntoni verticali dei quali uno mi ha sbarrato la strada), l’altra, invece, PD+ ma senza ulteriori gradi d’arrampicata. Questo secondo itinerario – il n.560 del Brenna – è quello che intenderò provare in caso di nuovo tentativo.
“Il canalino del Marchhorn”
Dopo adeguata pausa sulla Cima 2893, noto una sella sulla destra, cioè verso il Marchhorn. Scendo alla sella e ispeziono il canale sottostante. Pur non conoscendo il Canalone del Marchhorn se non di nome, escludo subito che si possa trattare di questo, visto che il canale che si para sotto di me è molto stretto. Dopo una doverosa riflessione sul fatto di tentarne la discesa – pur ripidissimo, sembrerebbe fattibile, almeno nella parte alta e in quella bassa; in mezzo non si vede, ma se uno più uno fa due… - decido infine per il sì, con l’idea di valutarne anche la fattibilità invernale. Il canalino corre parallelo al Canalone del Marchhorn, solo leggermente più spostato a NE. Il Brenna quota il Canalone del Marchhorn “PD”. Di conseguenza mi adeguo, visto che come inclinazione (penso attorno o superiore ai 50°) e lunghezza sono comparabili. Anzi, guardando la cartina li definirei “canali gemelli” con l’unica differenza che uno è molto ampio, mentre invece quello che mi accingo a scendere io è davvero un budello. La parte alta è franosissima; importante quindi, se mai qualcuno volesse ripetere, andarci da soli: il rischio di ricevere qualche sassata è veramente alto. Il canale poi si restringe ulteriormente: penso che con gli sci si riesca a passare ma con molto impegno e fatica e, soprattutto nella parte alta (parlo per me) solo con il derapage. Ma torniamo a oggi. Nel mezzo del canale una lingua di neve durissima lo copre per intero. Esclusa la possibilità di scivolare data la ripidità, non mi rimane che estrarre i ramponi dallo zaino e scenderne un tratto, da sinistra verso destra, con l’ausilio dei ferri. L’operazione dura poco, visto che poi delle emergenze rocciose mi permettono di riporre i ramponi e procedere su terreno più stabile (si fa per dire…). Verso il basso il canale si apre e pur rimanendo altamente detritico, la via non è più obbligata. Quindi, per quanto possibile, cerco di tagliare verso destra per risparmiare tragitto. Il tutto si conclude nella “palude degli eriofori”all’Alpe San Giacomo di Maniò. Una foto invernale di Bombo mostra il Canalone del Marchhorn dal basso e, alla sua sinistra, parzialmente nascosto da blocchi rocciosi, il canalino da me percorso oggi. Ancora più a sinistra c’è ritratta la Cima 2893.
Finale
Da San Giacomo riguadagno lo stallone di Val d’Olgia e attraverso il sentiero dell’andata giungo ad All’Acqua, dove, grazie alle fresche acque del Ticino, mi godo una gradevole birra in una cornice da sogno. Una giornata che era cominciata male ha poi virato positivamente verso l’avventura, rivelando un volto insospettato di questa poliedrica Val Bedretto.
Tempi:
All’Acqua – Cima 2893 m (via Ghiacciaio del Cavagnöö): 4 ore e 30‘
Cima 2893 m – All’Acqua (via “Canalino del Marchhorn”): 2 ore e 45’

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