Monte Legnone per la normale e ritorno con il sentiero DOL
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Sull'interminabile salita che da Dervio porta al Roccoli Lorla, io e l'amico
POLI89 abbiamo un po' i musi lunghi. Oggi la meta doveva essere un'altra e - non ce ne voglia lo splendido Legnone - di ben altro spessore. Le previsioni meteo sulle Alpi alte ci avevano fatto tuttavia desistere e, alla ricerca di una finestra di tempo accettabile, decidere per un "ripiego" di lusso, con il tacito accordo di una veloce salita e discesa per la normale senza lasciarci andare alle solite scorribande, visto che nel pomeriggio sono previste pessime condizioni atmosferiche.
Partiamo, dunque dal rifugio Roccoli e con ampio sentiero ben segnalato risaliamo sino all'alpe Agrogno superando un primo promontorio disseminato di Rododendri in fiore. Dall'alpe, continuiamo a salire un secondo rilievo che ci conduce al bivacco "Cà al Legn", molto ben ristrutturata all'esterno, un po' in disordine all'interno. Dal rifugio, comincia la cresta vera e propria del Legnone che affrontiamo nella nebbia senza perderci la vista di uno stambecco solitario intento a contemplare il vuoto sotto di lui. La cresta presenta pendenze sostenute e qualche breve facile attrezzato e porta in vetta, dove permane un'impressionante cornice di neve e dove ci attende un simpatico branco di capre. Anche le nebbie si dissolvono, pertanto ci godiamo una lunga e rilassante pausa pranzo. Ciò nonostante, alle 11.00 siamo pronti per scendere e uno sguardo alla cresta sud ci fa venire una certa voglia. Scendiamo ad una bocchetta e risaliamo una vetta vicina dove c'è un'altra croce, quindi continuiamo senza meta certa in cresta sino a intercettare più in basso un largo tratturo che corre nella stessa direzione. Senza indugi e di nuovo con scarsissima visibilità, scendiamo senza sentiero per circa 200 m a intercettare il tratturo e continuiamo su di esso sino a pervenire a una bocchetta dove, nonostante la scarsa visibilità, intuiamo che il tratturo scende sul versante orientale del massiccio. La via è molto larga e, specie nella parte superiore ben tenuto, frutto, si comprende, di un'opera straordinario di ingegneria montana, forse a carattere militare. Con pendenze dolci, morbidi tornanti e sviluppo notevole, la via scende il fianco della montagna e, anche dove recenti smottamenti l'hanno compromessa, resta estremamente gradevole e di facile percorribilità. Nuove schiarite ci fanno vedere la parte sottostante che raggiungiamo sino ad incontrare il rifugio Griera. C'è ora il problema del ritorno ai Roccoli che non sembra per niente facile e veloce. Il simpatico rifugista, tuttavia, ci indica nella DOL (sentiero della Dorsale Orobica Lecchese), una via relativamente veloce di rientro. Dal rifugio torniamo sui nostri passi per qualche centinaio di metri e, in corrispondenza di un segnavia, ci immettiamo sul DOL che, da subito, si presenta particolarmente stretto e con saliscendi dalle pendenze notevoli. Oltrepassata una selletta, la traccia scende nella magnifica e selvaggia Val Daven e prosegue a mezzacosta su terreno spesso franato, sempre accidentato, strettissimo e pericolosamente esposto sulla valle sottostante. In breve, compaiono i primi tratti attrezzati per il superamento di placche rocciose spesso bagnate. Alla fine della valle, uno strappo deciso su erba viscida e con traccia "va e vieni" perveniamo al passo della Stanga, sotto il quale vi è il passaggio più delicato in assoluto dell'intera giornata: si tratta di affrontare un traverso espostissimo su rocce dai mini appigli (in discesa) sino a poter traversare su un tronco di legno (la "stanga", appunto). Usciti da questo passaggio, ancora per alcuni chilometri la situazione del terreno non cambia, sino a pervenire, dopo quasi tre ore di tensione (almeno per me che sono notoriamente impedito sui terreni difficili) alla sospirata Alpe Agrogno, dove il confortante sentiero dell'andata ci conduce dapprima ad uno stallone (dove facciamo la conoscenza di una splendida famiglia allevatrice di capre e produttrice di formaggi) e poi al rifugio Roccoli Lorla dove l'auto ci attende, alla fine di una giornata che, battezzata tranquilla, ci ha visto per monti per quasi 10 ore, percorrendo 22.5 km (SE: 36.5), dei quali almeno 5 in ambiente selvaggio.
Classificazioni:
Dal Roccoli all'alpe Agrogno: T1;
Dall'alpe Agrogno alla Cà dè Legn: T2;
Cresta Legnone: T3
Tratturo sino al rifigio Griera: T1;
DOL: T4;
Poi T1 sino al rifugio.
Tempi comprensivi di pause (almeno 1 ora) e lenta progressione sul DOL;
Dislivello comprensivo di saliscendi.

Partiamo, dunque dal rifugio Roccoli e con ampio sentiero ben segnalato risaliamo sino all'alpe Agrogno superando un primo promontorio disseminato di Rododendri in fiore. Dall'alpe, continuiamo a salire un secondo rilievo che ci conduce al bivacco "Cà al Legn", molto ben ristrutturata all'esterno, un po' in disordine all'interno. Dal rifugio, comincia la cresta vera e propria del Legnone che affrontiamo nella nebbia senza perderci la vista di uno stambecco solitario intento a contemplare il vuoto sotto di lui. La cresta presenta pendenze sostenute e qualche breve facile attrezzato e porta in vetta, dove permane un'impressionante cornice di neve e dove ci attende un simpatico branco di capre. Anche le nebbie si dissolvono, pertanto ci godiamo una lunga e rilassante pausa pranzo. Ciò nonostante, alle 11.00 siamo pronti per scendere e uno sguardo alla cresta sud ci fa venire una certa voglia. Scendiamo ad una bocchetta e risaliamo una vetta vicina dove c'è un'altra croce, quindi continuiamo senza meta certa in cresta sino a intercettare più in basso un largo tratturo che corre nella stessa direzione. Senza indugi e di nuovo con scarsissima visibilità, scendiamo senza sentiero per circa 200 m a intercettare il tratturo e continuiamo su di esso sino a pervenire a una bocchetta dove, nonostante la scarsa visibilità, intuiamo che il tratturo scende sul versante orientale del massiccio. La via è molto larga e, specie nella parte superiore ben tenuto, frutto, si comprende, di un'opera straordinario di ingegneria montana, forse a carattere militare. Con pendenze dolci, morbidi tornanti e sviluppo notevole, la via scende il fianco della montagna e, anche dove recenti smottamenti l'hanno compromessa, resta estremamente gradevole e di facile percorribilità. Nuove schiarite ci fanno vedere la parte sottostante che raggiungiamo sino ad incontrare il rifugio Griera. C'è ora il problema del ritorno ai Roccoli che non sembra per niente facile e veloce. Il simpatico rifugista, tuttavia, ci indica nella DOL (sentiero della Dorsale Orobica Lecchese), una via relativamente veloce di rientro. Dal rifugio torniamo sui nostri passi per qualche centinaio di metri e, in corrispondenza di un segnavia, ci immettiamo sul DOL che, da subito, si presenta particolarmente stretto e con saliscendi dalle pendenze notevoli. Oltrepassata una selletta, la traccia scende nella magnifica e selvaggia Val Daven e prosegue a mezzacosta su terreno spesso franato, sempre accidentato, strettissimo e pericolosamente esposto sulla valle sottostante. In breve, compaiono i primi tratti attrezzati per il superamento di placche rocciose spesso bagnate. Alla fine della valle, uno strappo deciso su erba viscida e con traccia "va e vieni" perveniamo al passo della Stanga, sotto il quale vi è il passaggio più delicato in assoluto dell'intera giornata: si tratta di affrontare un traverso espostissimo su rocce dai mini appigli (in discesa) sino a poter traversare su un tronco di legno (la "stanga", appunto). Usciti da questo passaggio, ancora per alcuni chilometri la situazione del terreno non cambia, sino a pervenire, dopo quasi tre ore di tensione (almeno per me che sono notoriamente impedito sui terreni difficili) alla sospirata Alpe Agrogno, dove il confortante sentiero dell'andata ci conduce dapprima ad uno stallone (dove facciamo la conoscenza di una splendida famiglia allevatrice di capre e produttrice di formaggi) e poi al rifugio Roccoli Lorla dove l'auto ci attende, alla fine di una giornata che, battezzata tranquilla, ci ha visto per monti per quasi 10 ore, percorrendo 22.5 km (SE: 36.5), dei quali almeno 5 in ambiente selvaggio.
Classificazioni:
Dal Roccoli all'alpe Agrogno: T1;
Dall'alpe Agrogno alla Cà dè Legn: T2;
Cresta Legnone: T3
Tratturo sino al rifigio Griera: T1;
DOL: T4;
Poi T1 sino al rifugio.
Tempi comprensivi di pause (almeno 1 ora) e lenta progressione sul DOL;
Dislivello comprensivo di saliscendi.
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