Traversata Monte Tamaro - Poncione di Breno dall'Alpe di Neggia
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Dopo settimane di inattività a causa del maltempo, cerco di sfruttare al massimo questa giornata di sole, per un'escursione che da tempo volevo fare.
Inizialmente cerco di studiare un percorso che mi permetta di fare l'intera traversata Lema-Tamaro senza dover fare avanti e indietro, ma non trovando niente decido di provarla dall'Alpe di Neggia, il punto più alto da cui si può partire senza l'ausilio delle funivie (peraltro chiuse in questo periodo).
Dopo aver riletto però la relazione di
Alberto (http://www.hikr.org/tour/post48730.html), mi rendo conto che il mio allenamento attuale non basta, e le ore di luce probabilmente neanche.
Decido dunque di abbreviarla, ponendomi come meta finale il Poncione di Breno, peraltro senza disperarmi troppo, visto che il tratto finale fino al Lema l'ho già percorso in aprile, mentre il tratto che a me interessa percorrere, non avendolo mai fatto, è quello tra il Gradiccioli e, appunto, il Poncione di Breno.
Parto dall'Alpe di Neggia alle 8.50, senza anima viva in giro. La salita al Monte Tamaro è tutta all'ombra, ma la temperatura è tutto sommato gradevole. Ripercorro con piacere questo bellissimo sentiero e, faticando un poco più del previsto, giungo in vetta in 1 h 05.
In vetta siamo solo io e due capre, incredibile per il Tamaro!
Brevissima sosta foto e spuntino, quindi riparto, seguendo ora il sentiero della traversata Lema-Tamaro.
Ripida picchiata sulla Bassa di Indemini, quindi veloce saliscendi fino alla Bassa di Montoia ed infine arrivo al bivio dove si può aggirare o salire il Gradiccioli.
Io ovviamente scelgo di salirlo, essendo la mia idea di salire tutte le cime possibili all'andata, per poi seguire fedelmente il sentiero principale al ritorno.
In altri 50 minuti di cammino (in cui vedo ben due gruppi di camosci, uno abbastanza numeroso: forse 10 o più esemplari) raggiungo quindi la piccola croce del Gradiccioli (1 h 55 dalla partenza), e la palina dove trovo la gamella ancora vuota.
Anche qui sosta lampo ed inizio subito la discesa, seguendo il sentiero che percorre il comodo crestone erboso.
Raggiunta la località Pianoni inizia il tratto per me nuovo.
In un attimo mi porto sull'insignificante vetta del Monte Pola (2 h 20), dove incontro due escursionisti di Luino che sono saliti da Monteviasco per segnare i sentieri nel tratto italiano e annotarsi i tempi di percorrenza per migliorare la segnaletica.
Mi complimento con loro per l'utilissima attività che stanno svolgendo e in loro compagnia scendo fino al Passo d'Agario (2 h 40), dove le nostre strade si separano.
Mi concedo una bella aranciata al "bar" self-service del Passo e quindi riparto, abbandonando ora il sentiero, che continua in piano sulla sinistra, per salire invece in cima al Monte Magno (2h 55).
Con una bella ravanata tra i rododendri raggiungo la sommità di questa cimetta, l'ultima degna di nota prima del Poncione di Breno.
Continuando sul crinale scendo di nuovo sul sentiero, che abbandono ancora diverse volte, per tenermi sempre sul filo di cresta e salire nell'ordine il Monte Magino, una cima senza nome quotata 1583 m ed infine lo Zottone.
Superata quest'ultima cimetta, torno a seguire fedelmente il sentiero, in quanto ora si tiene in cresta. Si attraversa la zona più severa di tutta la traversata, in cui i larghi pendii erbosi lasciano spazio a rocce e roccette, senza che ci siano comunque particolari difficoltà tecniche.
Un paio di punti un pò esposti sono protetti con cavi metallici, il sentiero è comunque larghissimo e non ci sono problemi.
Quindi, appena sotto al Poncione di Breno, il crinale torna ad essere molto largo e, abbandonato il sentiero ufficiale, raggiungo la cima del Poncione, l'ultima vetta di giornata (3 h 35).
Mi concedo la sosta più lunga della giornata, ovvero dieci minuti scarsi in cui mangio mezzo panino, quindi riparto seguendo lo stesso percorso dell'andata.
Ovviamente evito di risalire tutte le varie cimette e rimango sempre sul sentiero, che si mantiene per lo più pianeggiante. Nonostante ciò vengo sorpreso da forti crampi alle gambe, che mi costringono a rallentare parecchio il passo.
Raggiungo nuovamente il Passo d'Agario (4 h 20), dove mi disseto e mangio un pò di frutta secca. Visti i crampi mi concederei una bella sosta, ma, intimorito dai nuvoloni che sembrano arrivare da est e dalla strada ancora lunga che mi manca, decido di ripartire quasi subito.
I crampi per fortuna mi lasciano un pò di tregua e riesco a risalire senza troppi problemi i 200 metri circa per tornare a Pianoni (4 h 45).
Qui abbandono la cresta e, anzichè risalire il Gradiccioli, prendo il sentiero che lo aggira sul versante ovest.
In questo tratto, visto il tornare di forti crampi, prendo la decisione di tagliare l'ultimo pezzo di escursione per evitare qualsiasi altra risalita. Dunque, anzichè rientrare via Bassa di Indemini - Bocchetta del Motto Rotondo - Alpe di Neggia come avevo previsto, decido di scendere a Monti Idacca e fare l'autostop per tornare a Neggia.
Al successivo bivio quindi svolto a sinistra verso l'Alpe Montoia (bivio senza palina, sentiero comunque ben evidente e marcato da segnavia ufficiali), che già vedo sotto di me e che raggiungo in pochi minuti (5 h 10).
Poco dopo il sentiero svolta a destra ed in breve si inizia a scendere nalla faggeta (dove incontro altri due camosci).
I crampi per fortuna allentano nuovamente la morsa e riesco ad affrontare tutta la discesa verso Monti Idacca tenendo un buon ritmo e senza penare troppo.
Giunto a Monti Idacca (6 h 05), mi disseto un attimo alla fontana ed inizio lentamente a salire la stradina asfaltata verso l'Alpe di Neggia, non sapendo quando passerà la prima auto su questa strada di certo non molto trafficata!
Per fortuna dopo pochi minuti ecco un'auto, che gentilmente si ferma e mi riporta all'Alpe di Neggia.
Peccato per i crampi che mi hanno un pò rovinato la giornata, l'escursione è comunque un vero spettacolo e la sorpresa sono stati i tantissimi camosci incontrati.
Riguardo ai crampi, non mi era mai successo, credo sia imputabile all'unione di tre fattori: scarso allenamento, scarsa alimentazione durante l'escursione e non aver fatto vere pause per recuperare.
Inizialmente cerco di studiare un percorso che mi permetta di fare l'intera traversata Lema-Tamaro senza dover fare avanti e indietro, ma non trovando niente decido di provarla dall'Alpe di Neggia, il punto più alto da cui si può partire senza l'ausilio delle funivie (peraltro chiuse in questo periodo).
Dopo aver riletto però la relazione di

Decido dunque di abbreviarla, ponendomi come meta finale il Poncione di Breno, peraltro senza disperarmi troppo, visto che il tratto finale fino al Lema l'ho già percorso in aprile, mentre il tratto che a me interessa percorrere, non avendolo mai fatto, è quello tra il Gradiccioli e, appunto, il Poncione di Breno.
Parto dall'Alpe di Neggia alle 8.50, senza anima viva in giro. La salita al Monte Tamaro è tutta all'ombra, ma la temperatura è tutto sommato gradevole. Ripercorro con piacere questo bellissimo sentiero e, faticando un poco più del previsto, giungo in vetta in 1 h 05.
In vetta siamo solo io e due capre, incredibile per il Tamaro!
Brevissima sosta foto e spuntino, quindi riparto, seguendo ora il sentiero della traversata Lema-Tamaro.
Ripida picchiata sulla Bassa di Indemini, quindi veloce saliscendi fino alla Bassa di Montoia ed infine arrivo al bivio dove si può aggirare o salire il Gradiccioli.
Io ovviamente scelgo di salirlo, essendo la mia idea di salire tutte le cime possibili all'andata, per poi seguire fedelmente il sentiero principale al ritorno.
In altri 50 minuti di cammino (in cui vedo ben due gruppi di camosci, uno abbastanza numeroso: forse 10 o più esemplari) raggiungo quindi la piccola croce del Gradiccioli (1 h 55 dalla partenza), e la palina dove trovo la gamella ancora vuota.
Anche qui sosta lampo ed inizio subito la discesa, seguendo il sentiero che percorre il comodo crestone erboso.
Raggiunta la località Pianoni inizia il tratto per me nuovo.
In un attimo mi porto sull'insignificante vetta del Monte Pola (2 h 20), dove incontro due escursionisti di Luino che sono saliti da Monteviasco per segnare i sentieri nel tratto italiano e annotarsi i tempi di percorrenza per migliorare la segnaletica.
Mi complimento con loro per l'utilissima attività che stanno svolgendo e in loro compagnia scendo fino al Passo d'Agario (2 h 40), dove le nostre strade si separano.
Mi concedo una bella aranciata al "bar" self-service del Passo e quindi riparto, abbandonando ora il sentiero, che continua in piano sulla sinistra, per salire invece in cima al Monte Magno (2h 55).
Con una bella ravanata tra i rododendri raggiungo la sommità di questa cimetta, l'ultima degna di nota prima del Poncione di Breno.
Continuando sul crinale scendo di nuovo sul sentiero, che abbandono ancora diverse volte, per tenermi sempre sul filo di cresta e salire nell'ordine il Monte Magino, una cima senza nome quotata 1583 m ed infine lo Zottone.
Superata quest'ultima cimetta, torno a seguire fedelmente il sentiero, in quanto ora si tiene in cresta. Si attraversa la zona più severa di tutta la traversata, in cui i larghi pendii erbosi lasciano spazio a rocce e roccette, senza che ci siano comunque particolari difficoltà tecniche.
Un paio di punti un pò esposti sono protetti con cavi metallici, il sentiero è comunque larghissimo e non ci sono problemi.
Quindi, appena sotto al Poncione di Breno, il crinale torna ad essere molto largo e, abbandonato il sentiero ufficiale, raggiungo la cima del Poncione, l'ultima vetta di giornata (3 h 35).
Mi concedo la sosta più lunga della giornata, ovvero dieci minuti scarsi in cui mangio mezzo panino, quindi riparto seguendo lo stesso percorso dell'andata.
Ovviamente evito di risalire tutte le varie cimette e rimango sempre sul sentiero, che si mantiene per lo più pianeggiante. Nonostante ciò vengo sorpreso da forti crampi alle gambe, che mi costringono a rallentare parecchio il passo.
Raggiungo nuovamente il Passo d'Agario (4 h 20), dove mi disseto e mangio un pò di frutta secca. Visti i crampi mi concederei una bella sosta, ma, intimorito dai nuvoloni che sembrano arrivare da est e dalla strada ancora lunga che mi manca, decido di ripartire quasi subito.
I crampi per fortuna mi lasciano un pò di tregua e riesco a risalire senza troppi problemi i 200 metri circa per tornare a Pianoni (4 h 45).
Qui abbandono la cresta e, anzichè risalire il Gradiccioli, prendo il sentiero che lo aggira sul versante ovest.
In questo tratto, visto il tornare di forti crampi, prendo la decisione di tagliare l'ultimo pezzo di escursione per evitare qualsiasi altra risalita. Dunque, anzichè rientrare via Bassa di Indemini - Bocchetta del Motto Rotondo - Alpe di Neggia come avevo previsto, decido di scendere a Monti Idacca e fare l'autostop per tornare a Neggia.
Al successivo bivio quindi svolto a sinistra verso l'Alpe Montoia (bivio senza palina, sentiero comunque ben evidente e marcato da segnavia ufficiali), che già vedo sotto di me e che raggiungo in pochi minuti (5 h 10).
Poco dopo il sentiero svolta a destra ed in breve si inizia a scendere nalla faggeta (dove incontro altri due camosci).
I crampi per fortuna allentano nuovamente la morsa e riesco ad affrontare tutta la discesa verso Monti Idacca tenendo un buon ritmo e senza penare troppo.
Giunto a Monti Idacca (6 h 05), mi disseto un attimo alla fontana ed inizio lentamente a salire la stradina asfaltata verso l'Alpe di Neggia, non sapendo quando passerà la prima auto su questa strada di certo non molto trafficata!
Per fortuna dopo pochi minuti ecco un'auto, che gentilmente si ferma e mi riporta all'Alpe di Neggia.
Peccato per i crampi che mi hanno un pò rovinato la giornata, l'escursione è comunque un vero spettacolo e la sorpresa sono stati i tantissimi camosci incontrati.
Riguardo ai crampi, non mi era mai successo, credo sia imputabile all'unione di tre fattori: scarso allenamento, scarsa alimentazione durante l'escursione e non aver fatto vere pause per recuperare.
Tourengänger:
peter86

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Kommentare (15)